Articolo di Cecilia Passetto | Foto di Andrea Ripamonti
Dopo una tourneè estiva che li ha visti impegnati nell’apertura dei concerti dei Deep Purple, e l’uscita del loro sesto disco “Running for a Dream”, The Last Internationale tornano in Italia per un’unica data al Legend Club di Milano.
I Rommates ed i tapei houston aprono il potente live dei The Last Internationale
ROMMATES
Non sono ancora le 20, i Roommates fanno il loro ingresso e presentano il loro primo pezzo “Deep Feeling”. Fin dalle prime note si guadagnano COLPISCONO l’attenzione del pubblico, purtroppo non ancora numerosissimo. Le note delle loro canzoni partono potenti dal suono della batteria, dal basso, delle chitarre, e arrivano dritte sotto palco dove chi sta ascoltando si sente immediatamente coinvolto. L’approvazione per il rock alternativo dei Rommates cresce di pezzo dopo pezzo, lo si nota dagli applausi che diventano sempre più calorosi e dall’avvicinarsi sempre di più verso il palco di chi prima timidamente stava in disparte.

Chiudono con una ballad “Pride” invitando a guardare negli occhi la persona a cui si vuole bene e magari scambiandosi anche un “bacetto”.
In soli 30 minuti di live i Rommates si sono conquistati l’approvazione dei presenti e anche dei musicisti di cui stanno aprendo il concerto, infatti sui canali social di The Last Internationale troveremo le riprese della loro esibizione fatte da dietro il palco.
ROOMATES: la scaletta del concerto di Milano
Deep Feeling
Want
Blow Away
Roots
Pride
TAIPEI HOUSTON
I fratelli Ulrich, rispettivamente chitarra e batteria Myles e basso e voce Layne dei Taipei Houston. Il gruppo si è formato nel periodo della pandemia approfittando di quel periodo per creare un proprio suono partendo da delle cover rivisitate dei The Beatles pubblicate sui social. Il loro primo album “Once Bit Never Bored” è uscito nel novembre 2022 e in questa occasione, per loro la prima volta a Milano, presentano alcuni brani.

Prendono posizione a centro palco e subito si capisce che sono perfettamente a proprio agio. Colpiscono fortissimo con i loro strumenti e con la voce, si percepiscono i battiti di questo stile rock di due ragazzi appena più che ventenni ma che ce l’hanno nel sangue da quando sono nati. Non è un segreto, i fratelli sono i figli di Lars Ulrich, batterista e fondatore dei Metallica e se la tua colazione fin da bambino è stata latte e heavy metal è facile sviluppare una passione per certe sonorità.
Il pubblico ascolta attento e incuriosito, sono suoni diversi rispetto a quelli più tradizionali dei The Last Traditionale, ma vengono subito apprezzati e brano dopo brano noto che sono sempre di più le persone che registrano e forse condividono il loro live.
È facile che ne sentiremo presto parlare e di certo non solo per il loro celebre padre.
THE LAST INTERNATIONALE
La band newyorchese è formata dalla cantante Delila Paz, dal chitarrista Edgey Pires e dal 2014 dal batterista Brad Wilk, ex batterista dei Rage Against The Machine che è stato presentato al duo da Tom Morello.
Fin dall’album d’esordio “We will reign” la band che prende il nome dall’Associazione Internazionale dei Lavoratori, ha da subito dimostrato un’attitudine ad un rock di vecchio stampo, senza l’influenza dell’elettronica e soprattutto legato ai temi sociali, le loro canzoni ricordano gli inni di protesta, attraverso i loro brani analizzano le problematiche in modo semplice e diretto utilizzando la loro musica per l’attivismo politico. Questa è la caratteristica principale che si respira anche durante le loro esibizioni dal vivo.
Prendono ispirazione da personaggi che hanno in qualche modo contribuito a cambiare la storia, sia a livello artistico che a livello politico, per nominarne solo alcuni: Edith Piaf, Frida Kahlo, Charlie Chaplin, Nina Simone, Janis Joplin, Muhammad Ali, Che Guevara….

Nel corso della loro carriera inoltre hanno aperto i tour di Robert Plant, di Neil Young, The Who o Kings of Leon, dei Guns n’ Roses e dei Kiss.
Il palco è completamente al buio, fatta solo eccezione per dei neon rossi che si accendono ad intermittenza. In sala cala il silenzio che viene subito interrotto da un ritmo cadenzale registrato di congas e bonghi che anticipano la voce di Gilbert Scott-Heron, con “The Revolution Will Not Be Televised”, slogan popolare tra i movimenti Black Power degli anni ‘60 negli Stati Uniti.
Anche i neon si spengono e nel buio della sala fanno l’ingresso The Last Internationale, prendono posto sul palco e, senza aspettare la fine delle parole del poeta, attaccano con “Killing Fields”dimostrando fin da subito una grandissima energia che manterranno fino alla fine del live.
Proseguono senza interruzioni con altre canzoni, il pubblico benché molto composto si fa trascinare dall’intensità della band che si scatena sia musicalmente che fisicamente. Delila, che per i primi pezzi non è impegnata a suonare, saltella da una parte all’altra del palco e complice forse anche la poca distanza coinvolge continuamente il pubblico, si diverte a parlare un pochino di italiano, saluta e cercando consiglio fra la folla, con un’ottima dizione, presenta “una nuova canzone”: “1984” tratta dal nuovo album come anche i brani successivi: “Hoka Hey” e “Hero”.
Due canzoni vengono eseguite dalla cantante alla tastiera: la ballata “Soul on Fire” che verso l’ultima strofa, interrompe di suonare per cantare direttamente al pubblico, abbandonando anche il microfono e utilizzando solo l’intensità della sua voce e “Running for a Dream” canzone che da il titolo al nuovo disco, dalle sonorità dolce amare, da un lato emoziona e dall’altro sprona.

“Oh, I’m just running for a dream, No matter where I go, hey yeah, I’m just running, Running for freedom ”
Il pubblico balla emozionato, duetta con i musicisti sui ritornelli e sulle melodie delle canzoni e così facendo ci avviciniamo all’ultimo pezzo: “1968” uno dei brani che più inneggia alla rivoluzione e Delila scegli di cantarlo in mezzo al pubblico, scende in platea e invita la folla ad abbassarsi con lei mentre scandisce il testo. Tornata sul palco al grido di “Freedom” all’Aretha Franklin in chiave più rock si tuffa sulla folla, terminando il concerto volteggiando sul pubblico.

I musicisti si ritirano solo per alcuni secondi e, appena tornano iesortano subito le prime file a raggiungerli sul palco per scatenarsi insieme sulle note di “Hit Em With Your Blues”.
Non poteva esserci finale di serata migliore, tutti ballano emozionati.
Prima di salutare qualcuno riesce a rubare un selfie direttamente sul palco, per gli altri invece ci sarà occasione all’esterno della sala dove si forma subito una fila ordinata per poter abbracciare, ringraziare e magari farsi autografare il disco appena acquistato.
È stata una serata pazzesca, The Last Internationale hanno un modo di coinvolgere e divertire il pubblico senza l’ausilio di effetti speciali, solo con la propria musica e la loro incredibile energia.
Sicuramente rimarrà nel ricordo di molti per diverso tempo.
Clicca qui per vedere le foto dei The Last Internationale a Milano (o sfoglia la gallery qui sotto).
THE LAST INTERNATIONALE: la scaletta del concerto di Milano
Killing Fields
Life, Liberty, and the Pursuit of Indian Blood
Mind ain’t Free
1984
Hoka Hey
Hero
Soul on Fire
Running for a Dream
Wanted Man
Hard Tommy
1968
Encore:
Hit Em With Your Blues
