Quello di José González è un concerto che ho in lista da tempo immemore.
Il suo nome, scritto sul mio taccuino quasi 10 anni fa, è oggi sbiadito quanto lo erano le mie speranze di riuscire a vederlo un giorno dal vivo.
Il cantautore svedese di origini argentine non è solito passare dal nostro paese. Prima dell’esibizione romana di Giugno scorso a Villa Ada erano infatti ben 7 anni che José non si palesava da queste parti.
A Roma mi fu impossibile presenziare, un motivo in più per non mancare stasera, nella cornice di un Alcatraz sorprendentemente gremito, per l’unica data italiana di questo tour autunnale a supporto della sua ultima uscita discografica solista, “Vestiges & Claws”, uscito a Febbraio per Imperial/Mute.
La formula di González è estremamente semplice: chitarra e voce, ricorso massiccio al fingerpicking e tessitura vocale degna del miglior sarto di corte.
Una luce verticale ad illuminarlo, nessun artificio, nessun orpello. Ciò che più conta è la musica, intimista, venata dalle inevitabili influenze con le quali un natio svedese di famiglia argentina può essere cresciuto.
Nella sua musica si sentono echi di bossa nova, sapientemente miscelati ad atmosfere pop e post punk inglese alla Joy Division.
Le sue dita disegnano magiche trame sul manico di una chitarra classica che restituisce melodie che spaziano tra il pop e il folk, consegnandoci un artista accostabile a Paul Simon, Nick Drake, Elliott Smith, artisti dal gusto malinconico ma dalla marcata intensità.
Un’ora e un mezza di musica senza spazio e tempo, armonie che sollevano dal suolo per sospendere nel vuoto, a galleggiare su note sorrette magistralmente da una voce trasognante, appena sussurrata.
La mente riporta alla sensazione di un bagno in acqua tiepida, all’immagine semplice di un ragazzo con la chitarra davanti ad un camino acceso, decisamente ciò che serviva dopo i tragici fatti di cronaca degli ultimi giorni, a distanza di pochi istanti da un amaro, inevitabile, giusto, controllo col metal detector all’ingresso dell’Alcatraz.
José si presenta sul palco intorno alle 21.45 per aprire il concerto con la stupenda “Crosses”, ma dal secondo pezzo verrà raggiunto da una band perfetta che lo accompagnerà, in modo assolutamente non invasivo, limitandosi ad impreziosire i passaggi di una carriera, ormai più che decennale, che González ha deciso di portare sul palco stasera, alternando le composizioni soliste alla produzione con gli Junip, il tutto condito dalle riuscite cover che lo hanno reso celebre, rivisitazioni in chiave acustica di pezzi pop ed elettro pop che assumono attraverso lui una veste completamente nuova.
Senza nessun clamore il timido José lascia il palco al termine di un bis composto da tre pezzi (“Line of Fire”, “With the Ink of a Ghost ” e “Down the Line”) consegnandoci quasi un’ora e mezza di puro incanto, di fugace evasione da una realtà troppo cruda per essere vera, un concerto ma soprattutto una terapia. Almeno per me.
JOSE GONZALES – scaletta 18 Novembre 2015 – Milano
Crosses
What Will
Deadweight on Velveteen
Hand on Your Heart (Kylie Minogue cover)
Every Age
Walking Lightly (Junip song)
The Forest
Let It Carry You
Leaf Off
Killing for Love
This Is How We Walk on the Moon (Arthur Russell cover)
Home (Barbarossa cover)
Teardrop (Massive Attack cover)
Heartbeats (The Knife cover)
– – – – – –
Line of Fire (Junip song)
With the Ink of a Ghost
Down the Line

