Articolo di Matteo Pirovano | Foto di Claudia Mazza
Avete presente i pullman della Greyhound? Quei bestioni metallici su ruote che da più di un secolo solcano le mitiche highway americane carichi di persone che inseguono il celeberrimo american dream?
Se avete capito di cosa sto parlando e state assaporando quel gusto, chiudendo gli occhi per un istante, riuscirete a immaginare un Carroponte abbastanza gremito (più di quanto mi aspettassi) come uno di questi pullman in movimento.
Alla guida Mr. Jake Smith, meglio conosciuto con il nome di scena The White Buffalo.
C’è lui “all’autoradio” e la musica che inonda l’abitacolo è un concentrato di quelle radici americane.
Un attimo prima sei sul delta del blues, un attimo dopo in California, quello successivo in Texas. Lo cantava anche Piero Pelù 25 anni fa all’apice della sua carriera: “La musica fa viaggiare senza partire”.
Quanto è vero.
Jake e il suo pullman sono ormai in giro da quasi un ventennio. Ne è passato di tempo dalla pubblicazione di Hogtied Like a Rodeo, disco di debutto del 2002 distribuito “porta a porta” dallo stesso Jake.
La notorietà è arrivata piano piano, disco dopo disco, anche grazie alla costante presenza della sua musica nelle soundtrack di alcuni degli show più famosi degli states. Nel mitico Sons Of Anarchy presente addirittura con 10 pezzi.
Lo show del 2016 all’arena sonica di Brescia, a mia memoria primo show di The White Buffalo nel nostro paese, è sembrato, appunto, quasi un raduno dei fan dei SAMCRO.
Nella cornice del Carroponte la fan base è sembrata più variegata. Le magliette di Jax, Tig e Opie si mischiavano ieri a quelle di Pearl jam, Springsteen e altre band che poco hanno da spartire con la proposta musicale di The White Buffalo, un folk rock dalle forti tinte blues e country ma suonate con quell’urgenza espressiva tipica del punk.
Uno show impulsivo, passionale e partecipato, sia dalla band stessa che dal pubblico che sembrava conoscere a memoria quasi tutti i testi del bufalo bianco.
Ad accompagnare Jake sul palco il bassista Christopher Hoffee (campione mondiale di salti sul posto, tanto da ricordare Krist Novoselic) e l’instancabile, tarantolato, Matt Lynott alla batteria .
Gli up-tempo di successo della band (The Bowery, Rocky, The Pilot, Joe and Jolene) sono come benzina sul fuoco per un pubblico che partecipa divertito ma è con i pezzi cadenzati e introspettivi che Jake rapisce veramente l’attenzione dello spettatore. Il suo timbro baritonale accostabile a quello di Eddie Vedder (sentire il refrain in studio di Damned) è l’ideale connubio sulla musica di pezzi dal fortissimo appeal quali Come Join The Murder, la già citata Damned e le bellissime, commoventi, The Whistler e Oh Darlin’ What have I Done.
Lo show si chiude con il divertente e velocissimo blue grass di How The West Was Won lasciando anche questa volta, al pari delle precedenti, la sensazione che manchi qualche elemento sul palco finalizzato a impreziosire un sound che su disco gode di arrangiamenti molto più ricercati.
Il pullman sta ripartendo e Jake chiude le porte. Il viaggio continua.
Clicca qui per vedere le foto di THE WHITE BUFFALO a Milano (o sfoglia la gallery qui sotto).
THE WHITE BUFFALO – La scaletta del concerto di Milano
Hide and Seek
One Lone Night
The Bowery
Go the Distance
The Observatory
Don’t You Want It
Love Song #1
Oh Darlin’ What Have I Done
This Year
John Jameson
Stunt Driver
Into the Sun
Rocky
Come Join the MurderHome Is in Your Arms
Joe and Jolene
I Got You
The Whistler
The Pilot
Encore:
Highwayman
Damned
How the West Was Won
