Foto di Marco Arici | Articolo di Cecilia Passetto
Pochi minuti prima delle 22.00 le luci si spengono, mentre sullo schermo alle spalle del palco vengono trasmesse le immagini di una palla infuocata che diventa sempre più grande: ecco così annunciato l’ingresso dei fratelli Joe e Mario Duplantier, rispettivamente voce / chitarra, e batteria il minore, il chitarrista Christian Andreu e il bassista Jean-Michel Labadie.
Sulle prime note di “Ocean Planet” questa palla/sole che potrebbe simboleggiare anche un’esplosione atomica, ha già riempito tutto lo schermo. I Gojira scelgono di iniziare il concerto con questo brano associato a questa immagine e puntare così i riflettori sui cambiamenti climatici e mettere in evidenza l’interesse che hanno per i temi ambientali.
Temi cari alla band, tanto da renderli percepibili già dal nome dato; nati nel 1996 a Bayonne, in Francia, con il nome di Godzilla dopo pochi anni sono costretti a cambiarlo per motivi di copyright.
Scelgono di chiamarsi Goijra dall’originale pronuncia giapponese del celebre mostro risvegliato e potenziato appunto dalle radiazioni nucleari.
I quattro musicisti occupano il palco in modo ordinato, si spostano su di esso con passi felpati ma decisi, e risultando sempre molto eleganti durante l’esecuzione dei brani. Non avrei mai pensato di utilizzare il termine “elegante” descrivendo un concerto metal ma è proprio quello che mi hanno trasmesso.
Forse perché il loro stile si differenzia dall’heavy metal tradizionale per le influenze dei diversi sottogeneri del metal e per gli accompagnamenti strumentali più melodici, senza dimenticare l’attitudine sperimentale che li contraddistingue.
Proprio questo stile avanguardista ha contribuito al successo della band garantendogli una celebrità tale da permettergli di diffondere il loro impegno verso le problematiche ambientali e, soprattutto, sostenere campagne per la salvaguardia anche di animali e delle minoranze etniche.
Sono questi i temi ricorrenti nei loro brani che ci accompagneranno per tutta la durata del live.
Non solo propaganda. La loro musica spesso viene integrata con i suoni onomatopeici, quelli dei versi degli animali, perlopiù marini. É il caso di “Flying Whales”: il brano è accompagnato dal visual di una balena e l’intro è affidato al canto dell’animale, a cui si aggiunge inizialmente una parte strumentale accompagnata dal solo battito di mani e da una leggera melodia intonata dal pubblico. Solo dopo arriverà la voce di Joe.
L’esecuzione di ogni brano è accompagnato da uno o più visual; uno dei più sofisticati vede la rappresentazione dell’evoluzione di una noce che si trasforma in albero durante “The Cell”. Quello stesso albero muta poi in un uomo durante “The Art of Dying” e poi ancora in un angelo, alla fine della canzone.
“Another World” è invece accompagnata da un video che ritrae la band in versione comics; i Gojira sono degli astronauti pronti a salpare su un razzo alla ricerca di un nuovo pianeta dove vivere.
Al termine della canzone il visual ci mostrerà il beffardo destino dei quattro, atterrati scoprono di essere di nuovo sul pianeta Terra invaso però dalla natura.
Arriva il momento in cui la band chiede al pubblico di cantare “The Chant”. Il brano è un incitamento alla rivolta. Per sottolineare l’enfasi a termine della canzone, oltre alle nuvole di fumo che vengono impiegate per tutta la durata del concerto, veniamo circondati da un’esplosione di coriandoli bianchi.
Forse un modo per celebrare la vincita di questa rivolta appena cantata e sicuramente per onorare la fine del concerto prima dei brani dell’encore. Il primo che interpretano è “Amazonia”, un altro canto di protesta.
“Incite a riot, put yourself in a trance”
è l’incipit della canzone che è stata scritta per denunciare il problema globale della deforestazione e delle violenze perpetrate sulle popolazioni indigene che vivono questi luoghi. L’uscita del brano è stata seguita da un’asta benefica per raccogliere fondi per la causa.
L’attenzione e la partecipazione con cui vengono seguiti questi brani mi dà l’idea che i testi siano stati compresi ed interiorizzati dal pubblico anche per l’importanza e lo scopo per la quale sono stati scritti: aumentare la consapevolezza e l’attenzione delle massi su questi temi.
I testi vengono scanditi in modo chiaro, la parte vocale è supportata da quella strumentale e il growl è in perfetto accordo con il cantato creando così un connubio che risulta molto coeso e naturale.
I Gojira non hanno bisogno di rappresentarsi eccessivamente sul lato fisico, come nella natura dei live di una band metal; tutta la loro forza è veicolata tramite la musica. Il pubblico risponde in maniera spontanea e sincera.
Il pogo e lo stage diving, benchè molto sentito e partecipato, si concentra solo al centro della sala, tutto intorno gli astanti prendono parte compostamente ma con grande empatia e partecipazione.
A fine del concerto nessuno è pronto per andare via: i musicisti si soffermano diversi minuti per salutare, regalano i plettri e le bacchette della batteria e c’è ancora un momento per fare gli auguri a Mario che compie gli anni.
Christian Andreu pur di non lasciare il palco pulisce dai coriandoli con un soffiatore per foglie fra l’ilarità di tutti, tecnici compresi o magari, ancora una volta, vuole dare il buon esempio sulla salvaguardia ambientale?
Clicca qui per vedere le foto dei Gojira in concerto all’Alcatraz di Milano (o sfoglia la gallery qui sotto)
GOJIRA: la setlist del concerto di Milano
Ocean Planet
Backbone
Stranded
Flying Whales
The Cell
The Art of Dying
(Drum Solo)
Grind
Another World
Born for One Thing
L’Enfant Sauvage
Oroborus
The Chant
Encore:
Amazonia
Silvera
Vaculity