Il cantautorato greve e profondo dei Santo Barbaro subisce con questo “Navi” una svolta decisiva. Se la profondità dei testi e la ricercatezza poetica permane, anzi evolve e migliora, a mutare è il sound. Valli, il fondatore del gruppo, per questo terzo lavoro ha deciso di lasciarsi accompagnare dal solo Franco Naddei.
Se Valli, oltre a cantare, suona la chitarra, il basso e le lamiere, Naddei si occupa del synth, del pianoforte, dell’elettronica, e anche lui di lamiere e basso. Tuttavia, a dominare il sound è un’elettronica umbratile, in grado di coniugarsi alla perfezione con testi molto esistenzialisti e autocentrati.
A differenza di “Mare morto”, nel quale Valli aveva lo sguardo rivolto ai drammi delle guerre, in “Navi” fa un percorso all’interno di sé stesso e delle angosce esistenziali umane, mantenendo costanti toni crepuscolari, a volte sostenuti da sonorità taglienti, che rendono più drammatiche le parole, quasi sempre appena cantate, piuttosto sussurrate, ma non per questo meno incisive. Anzi è proprio questa modalità di cantare che permette alle parole di avere un’enfasi maggiore e di essere più penetranti, dunque di entrare nei drammi esistenziali di qualunque ascoltatore attento. Questo aspetto può far scappare molte persone, o al contrario, attirare chi è in grado di cogliere la poeticità di testi scritti con molta cura.
Vittorio Lannutti

