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Interviste

Intervista a GIANNI NOCENZI

Come mai la scelta (di questi tempi) di realizzare un album completamente strumentale?
E perché no? Se si riferisce alla Canzone cantata credo sia solo uno dei modi per esprimersi, anche se correntemente quello più diffuso e peraltro anche da me frequentato. ‘Miniature’ è nato per solo piano, da un’idea del mio amico Luigi Mantovani produttore del disco, e così abbiamo voluto realizzarlo pur consapevoli della difficoltà di una sua, eventuale, larga diffusione nell’attuale mercato. Del resto non sempre ‘seguire il mercato’ è scelta gratificante, anzi…

Il pianoforte che strumento è? E quale rapporto e importanza ha nella sua vita?
È una macchina da suono meravigliosa. Soddisfa sia esigenze primordiali come il ritmo (dal punto di vista della produzione del suono rimane, infatti, uno strumento a percussione) sia esigenze melodico-armoniche anche di grande complessità. La sua enorme estensione permette di lavorare sulle frequenze di un’intera orchestra. Il perfezionamento di cui è stato oggetto nell’ultimo secolo e mezzo, ad es. grazie ai pedali (sustain, pedale tonale), permette addirittura di eccedere il nostro limite anatomico di avere ‘solo’ dieci dita. Il pianoforte è semplicemente il mio strumento, quello con il quale ho un rapporto immediato, viscerale. Mi accompagna dall’infanzia e non l’ho mai abbandonato neanche negli ultimi anni trascorsi in un’indagine lunga ed approfondita sulle possibilità espressive fornite dalle nuove tecnologie per il fare musica. E’ la mia ‘coperta di Linus’.

Il Giappone: che rapporto ha con questa terra? E quali sono le differenze musicali fra questo Paese e l’Italia? Come mai il Giappone?
E’ un paese e una cultura che mi hanno sempre affascinato, tra l’altro con un’empatia reciproca (I Giapponesi generalmente amano molto l’Italia, la sua cultura, il cibo, il senso estetico). L’occasione per visitarlo intensivamente è stata quando nella seconda metà degli ’80, avendo scelto di interrompere la mia attività di dischi e concerti con il gruppo, ho avuto più tempo da dedicare alla ricerca ed allo studio. Sono stato invitato a collaborare da un’azienda primaria Giapponese, leader nell’allora neonata tecnologia del Campionamento Digitale. Ne sono derivati anni di intensi ed interessanti scambi per la finalizzazione di vari progetti tra i quali il sound design e project mastering di un pianoforte digitale da me curati.

“ La parola farfalla è solamente un dato. Non è la tua opportunità per librarti in volo, volteggiare, fare amicizia con i fiori, simboleggiare bellezza e fragilità, o in alcun modo impersonare una farfalla. Non mettere in scena le parole. Mai mettere in scena le parole “ ( L. Cohen)… Cosa vuole mettere in scena invece con il suo brano “Farfalle” , considerato che è privo di parole?
Condivido quanto detto da Cohen. D’altra parte considero Miniature, per genesi e contenuti, un disco osceno (nell’etimo ‘fuori dalla scena’, non ultimo nel senso al quale accennava nella prima domanda). Semplicemente, trovando difficile dare i necessari titoli ai brani, essendo la musica linguaggio primario indefinibile con un altro linguaggio (es. quello verbale), nel caso di ‘Farfalle’ ho voluto esprimere la mia ammirazione oltre che per la loro bellezza ed impermanenza, per il loro volo apparentemente anarchico, veloce, conoscitivo, non lineare, ricco di scarti e cambi di direzione improvvisi. Mi ha suggerito Il titolo l’andamento melodico-armonico del tema del brano.

Se si pensa e si passa all’ascolto di Miniature la prima cosa che viene in mente è “è destinato ad un piccolo di nicchia, ristretto”…Perché secondo lei oggi la bellezza, la qualità, sono destinate sempre più a un gruppo ristretto di persone?
Ovviamente spero che non sia così :-). Per quanto riguarda la Bellezza temo che non sia una novità. Penso ai capolavori del passato in tutte le arti, Musica compresa, frutto quasi esclusivamente del mecenatismo di qualche potente ‘illuminato’ o semplicemente intelligente nel voler dar lustro al suo casato con l’arte e non solo con la potenza militare ed economica. Se però pensiamo alla fruizione della vera Bellezza credo che molto dipenda anche da noi, dai nostri sforzi nel considerarla cibo che ti permette di stare meglio, di migliorarti, e non un lusso, qualcosa che ti puoi permettere solo quando hai soddisfatto altre esigenze. Poesia, musica, per non parlare di un paesaggio, di un tramonto, sono oggi accessibili facilmente per chiunque, purchè lo voglia. Certo la società odierna ed il suo modello di sviluppo, non ti invogliano in questa direzione, orientati come sono su altre priorità.

In Italia a parte rare eccezzioni i registi non danno molta importanza alla musica, come accadeva in passato ( Pensare ai film di Fellini, ad Antonioni, Kubrick) Secondo lei come mai? E che rapporto ha con il cinema italiano? Se c’è un regista con il quale le piacerebbe collaborare e per quale motivo?

Non credo sia colpa dei registi, piuttosto ancora una volta di problematiche materiali legate ai tempi, ai budget e cose del genere. Credo però che anche queste siano figlie di una generale sottovalutazione dell’importanza del Suono e della Musica in una società basata principalmente sull’Immagine. Questo purtroppo succede anche nel Cinema, forma d’arte totale che spesso si perde nella rincorsa all’ultima, costosissima, computer grafica dimenticando la lezione dei Maestri che lei cita. Kubrick, un genio assoluto nell’associazione di musica ed immagini, considerando che ha lavorato prevalentemente con musiche già esistenti. Pensare al suo lavoro senza il contributo di Wendy Carlos, Ligeti, R. Strauss, solo per citare alcune opere, sarebbe impossibile. Attualmente non ho rapporti con il cinema Italiano. Tutto il mio lavoro in questo campo (dopo l’esperienza di Garofano Rosso di Faccini con il gruppo ed altre poche cose per la televisione) l’ho realizzato con Fernando Birri cineasta, poeta e pittore Argentino con il quale ho collaborato per diversi lavori tra i quali ‘Un senor muy viejo con unas alas enormes’ da G.G. Marquez e con sceneggiatura Birri-Marquez, che è stato premiato a Venezia con l’Osella d’Argento per la migliore colonna sonora. A me piace molto il rapporto musica-immagine, in Italia ci sono molti registi validi, non faccio nomi, l’unica mia esigenza è quella di poter lavorare con il regista già dalla sceneggiatura. Spesso, invece, per problemi di produzione ci si riduce all’ultimo momento, a budget esauriti, e si pensa alla musica solo perché il cinema non è più ‘muto’ da un po’ di tempo. Scherzo, ma credo di andarci vicino.

Tutti più o meno criticano i Talent ma poi tutti più o meno ci finiscono? Lei come Artista come li considera? Ed è davvero così difficile dire di no?
Che dire? Comunque si parla di musica, anche se i punti di criticità sono molteplici. Difficile per me esprimere un’opinione sui Talent se non inquadriamo il fenomeno in una riflessione più ampia sulla Televisione. E’ un fenomeno prettamente televisivo, come ieri il ‘reality’. Tra me e un brutto programma c’è comunque sempre il telecomando o un intervento più radicale sull’interruttore del televisore. Dire di no credo sia una cosa molto semplice.

Se potesse considerare il suo album “ Miniature” un quadro di un artista…quale artista sceglierebbe e a quale movimento lo farebbe appartenere?
Non so risponderle. Sono troppo ancora ‘dentro la tela’ per averne una visione oggettiva. Ci sono melodie, quindi potrebbe essere un’artista ‘figurativo’, ma anche ‘stesure’ con un intento prevalentemente timbrico, quindi più astratte. In quanto ai ‘movimenti’ credo siano categorie che si strutturano eventualmente nel tempo, come necessità catalogatrice di lavori più o meno omogenei, spesso indipendentemente dalla volontà degli autori.

Come è avvenuta la composizione dei brani? C’è un ordine con il quale sono stati scelti e inseriti nell’album?
La composizione dei brani è nata direttamente sullo strumento, in maniera molto istintiva, con affinamenti e puntualizzazioni fatte in un secondo momento quando ho cominciato a vedere il lavoro nel suo insieme e ne ho stabilito l’aspetto formale definitivo poco prima delle registrazioni. L’ordine dei brani (pur fruibili separatamente) è per me molto importante. C’è una certa conseguenza voluta di tonalità, metronomi, dinamiche, che credo costituiscano una possibile lettura ‘orizzontale’ del lavoro ascoltandolo dall’inizio alla fine.

Miniature a chi è destinato e che progetti ha in futuro per e con questo album? ( Live, presentazioni)
Per anni ho messo molta cura nello ‘sprogettarmi’ e nel non fare programmi, perlomeno sulla linea tradizionale del fare dischi, tour etc. Credo di aver fatto un lavoro destinato soprattutto a me stesso e a chi vorrà ascoltarlo, se ne avrà l’occasione, senza grandi progetti. Il futuro, come si dice, lo scopriremo vivendo 🙂

La musica serve ad andare oltre il pensiero della morte e del dolore o è un solo un analgesico temporaneo?
Solo analgesico temporaneo sicuramente no. Credo sia strumento che ci aiuta ad elaborare momenti di difficoltà portandoli ad un livello diverso, superiore, che ci ricollega con qualcosa di più ampio. Per la sua stessa natura, basata com’è su una cosa immateriale come il suono, è molto potente in questo senso. Anche in momenti di positività può con lo stesso meccanismo collegarci con vitalità ed energie di natura diversa da quelle offerte dal quotidiano e quindi utilissime.

Come artista qual è secondo lei la cosa peggiore che ha visto nel mondo della musica?
L’indifferenza per la sua importanza come tessuto connettivo di una società, non solo intrattenimento, e la conseguente mancanza di rispetto per chi la fa da entrambi i lati del ‘palco’: i musicisti ed il pubblico che la ama.

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