Reportage Live

L’Irish blues-rock di HOZIER fa vibrare l’Anfiteatro del Vittoriale

Il cantautore irlandese si è esibito a Gardone Riviera per l’unica tappa italiana del suo tour. Con sé ha portato il suo stile inconfondibile con influenze folk, gospel e jazz. E una band di ottimi musicisti.

Articolo di Silvia Cravotta | Foto di Federico Buonanno

Difficile immaginare una location migliore dell’Anfiteatro del Vittoriale per un concerto come quello di Hozier. Il complesso voluto e abitato da Gabriele D’Annunzio – con i suoi panorami e la sua architettura unica – ha offerto la cornice ideale alle note del cantautore irlandese, che si è esibito qui per la sua unica data italiana, nell’ambito del Festival Tener-a-mente di Gardone Riviera (BS). Una rassegna che ha già dato spazio a molti bei nomi e che nei prossimi giorni ospiterà, tra gli altri, Tom Odell, Jacob Collier e due pezzi di storia come Stewart Copeland e Nick Mason.

Che quello di Hozier (all’anagrafe Andrew Hozier-Byrne) fosse un arrivo molto atteso, ovviamente andato sold out, lo si capiva già dalla fila senza fine di persone che si dipanava sotto i muri del monumento. A più di due ore dall’inizio del concerto, tutto intorno era un gran viavai di macchine, parcheggi (gratuiti) che non si trovavano e bella gioventù, la stessa che riempirà più tardi le sedie dell’anfiteatro. Le vibes sono assolutamente good, non solo per l’attesa emozionata che si respira ma per il quadro che le sta intorno, la morbida luce serale, la bellezza del Vittoriale che si intravede già prima di entrare, l’aria rilassata delle persone sedute ai tavolini per l’aperitivo.

E parecchio emozionata, ma anche molto felice di essere dove si trovava in quel momento, era anche Victoria Canal. Alla giovane cantautrice e attivista ispano-americana, di origini tedesche, è spettato il compito di aprire il concerto come special guest, mentre il pubblico scorreva lento e rilassato verso i propri posti nell’anfiteatro. Sgabello, chitarra, Victoria saluta e intona la sua prima canzone. Dovrà arrivare il secondo brano prima che in tanti si accorgano, compresa chi scrive, che il suo braccio destro – quello che fa vibrare le corde – non è del tutto completo. Basta una veloce ricerca in rete per scoprire che è la conseguenza di una sindrome alla nascita detta “della banda amniotica”.

Lo guardi, la ascolti e poi te lo dimentichi. Perché Victoria procede spedita con la sua musica, un pop cantautoriale americano intriso di positività. Interagisce con il pubblico e presenta le sue canzoni, tra cui Shape, che le permette un breve discorso su come la nostra immagine fisica sia oggi terribilmente stereotipata. La timidezza è evidente ma sparisce quando canta e suona, prima la chitarra e poi la tastiera. Con un sorriso contagioso che entusiasma i presenti e la fa uscire tra gli applausi. Non prima di aver più volte ringraziato Hozier.

In attesa che sul palco tutto sia pronto, tra le sedie si fa strada una giovane fanciulla occhialuta e dai lunghi capelli. Insieme a un gruppo di fan, stanno distribuendo bollini adesivi di colori diversi da attaccare sulle torce dei telefoni, “quando canta Take me to the Church” si raccomanda prima di andar via. A noi è toccato il blu, vediamo che effetto farà. Nel frattempo, l’anfiteatro si è riempito e da sotto il palco si scherza con i tecnici che preparano gli strumenti.

Alle 21.29 l’ingresso degli otto musicisti che accompagnano Hozier, accolti con urla di gioia. Subito dopo arriva lui e un’onda di emozione fa vibrare per un lungo attimo tutto l’anfiteatro. L’attacco è immediato con Eat your young, title track dell’Ep omonimo (il quarto), uscito il 17 marzo scorso, giorno del compleanno del cantante di Bray, nonché di San Patrizio, a dieci anni esatti dal debutto musicale dello stesso e come anticipazione del suo terzo album in studio, Unreal Unheart, in uscita il 18 agosto e grandemente atteso, non solo per i bei nomi che collaborano alla produzione (Bekon, Jennifer Decilveo e Jeff Gitelman) ma anche perché i primi assaggi sembrano particolarmente interessanti. E il fatto che questo nuovo lavoro sia dichiaratamente ispirato ai temi della Divina Commedia dantesca incuriosisce ancora di più.

Eat your young è una canzone dark che sul tema della fame e del desiderio inserisce rimandi biblici e ammiccamenti sensuali. Splendida in versione live, con una linea musicale semplice ma coinvolgente grazie al ritmo della batteria. Riconoscibilissima grazie ai falsetti in apertura, si chiude con piano e archi che a loro modo alleggeriscono orchestralmente il tutto.

Jackie and Wilson è solo la seconda canzone ma il pubblico già non resiste seduto e si alza in piedi per ballarla. Difficile in effetti trattenersi con questo ritmo che ondeggia tra R&B e blues, dedicato a quello che era considerato l’Elvis nero, Jackie Wilson, uno dei grandi cantanti che Hozier ha potuto conoscere grazie al padre, un bluesman di Dublino. Bisogna ringraziarlo questo papà batterista che ha cresciuto il figlio dandogli una solida base di musica nera, aspra e dolorosa ma al contempo confortante, che poi Hozier junior ha arricchito con sprazzi di folk, jazz e rock, dando vita a una miscela unica.

Il pubblico si risiede (ma si rialzerà altre volte) e c’è tempo per salutare e ringraziare il pubblico e Victoria che lo ha preceduto. Il tutto a colpi di “Thank you so much”, con la u di much pronunciata chiusa con tipico accento irlandese. Una frase che ci risuonerà nelle orecchie più volte, visto che Hozier non ha certo lesinato in ringraziamenti durante la serata. Insieme alla felicità dichiarata di suonare in una location così bella.

Un cambio di chitarra, ne seguiranno vari durante l’ora e mezza di concerto, e si può ricominciare. L’intro strumentale a base di corde pizzicate, accompagnate da un coro gospel, e la voce graffiante che lancia From Eden sono accolte con urla di gioia come succederà per ogni singola canzone del concerto. Come se il pubblico non aspettasse altro che quella canzone ma lo fa, davvero, ogni volta che parte un brano. Un entusiasmo frenato solo dal fatto di dover rimanere seduti ma che ogni tanto se ne dimentica e si alza in piedi.

Sull’R&B misto al blues bello e selvaggio di To Be Alone rimbomba tutto, a colpi di “It feels good” cadenzati, urlati verso il palco e verso il cielo. Dinner & Diatribes viene di conseguenza, senza interruzioni e in modo naturale. Le canzoni dei precedenti album lasciano il posto a Francesca, ultimo singolo uscito lo scorso maggio. Hozier la introduce con una lunga presentazione, interrotta più volte da grida entusiastiche. A scatenarle potrebbe essere l’italianità che caratterizza il brano, ispirato al quinto canto dell’Inferno dantesco, o anche il rimando a una delle storie d’amore più romantiche della letteratura, quella di Paolo e Francesca appunto, uno degli episodi più belli e conosciuti della Divina Commedia. La verità, forse anche più semplice, è che Francesca è una canzone stupenda, struggente e trascinante, con un testo ricco e quella scrittura che caratterizza tanti dei testi del cantante irlandese, ricchi e stratificati. Ed è per questo che è stata accolta con una ovazione.

Quando è il momento di Like Real People Do, Hozier invita Victoria a risalire sul palco. I due si stimano, forse sono amici, si sono citati più volte a vicenda e ringraziati durante le loro esibizioni. Cantano insieme questa cullante canzone dalle sonorità tra folk e gospel, e si vede che sono felici di farlo. Unknown/Nth arriva subito dopo ed è uno dei momenti in cui si può godere ancora di più della sua voce, per l’anima che si sente dentro, per la destrezza nell’usarla, per l’essere così accattivante dentro i ritmi caldi che caratterizzano il suo stile.

Arriva inatteso l’annuncio dell’esecuzione, per la prima volta in assoluto, di un brano inedito, De Selby Pt. 1 & 2. Hozier chiede al pubblico di lasciare in tasca i telefoni, proprio per preservare la sua novità (ma è probabile che qualcosa in giro ci sia lo stesso, non tutti rispettano le regole, figurarsi una semplice richiesta). La nuova canzone è in perfetto stile hozeriano, suonata in acustico con il solo accompagnamento degli archi. Il momento è intenso, lo sfondo fatto solo di luci blu e viene applaudito con il pubblico in piedi. I coristi si uniscono, arriva la chitarra elettrica ed è il turno di All Things End

Would That I, Someone New e Angel of Small Death and the Codeine Scene sono un trio perfetto per scatenare i fan e farli cantare tutti insieme. Sulla prima è inevitabile accodarsi sugli “oooh ooh oh” che fanno rimbombare l’anfiteatro con un ritmo trascinante. Someone New è accompagnata solo dal violoncello, mentre il ritmo accelerato di Angel dà nuova vita all’entusiasmo di chi siede in platea come in galleria.

Almost è l’occasione degli assoli dei musicisti della band, che vengono presentati uno a uno: violino/chitarra, violoncello, pianoforte, tastiere, batteria, basso, due coriste. Per lo più americani, con qualche presenza irlandese. Tutti decisamente in gamba.

Movement viene fatta senza chitarra e lancia la volata a Take Me To The Church, che arriva solo adesso forse anche per dimostrare che Hozier non è solo questa splendida canzone che dieci anni fa lo ha fatto conoscere al mondo intero, anche per il suo rimando ai diritti negati della comunità LGBTQ+. Ma inevitabilmente Take Me To The Church riaccende gli animi seppur mai sopiti, tutti in piedi iniziano a cantare mentre lui ascolta e applaude, si accendono le torce dei telefoni e l’anfiteatro si colma di lucine colorate, grazie agli adesivi distribuiti. “Non so come abbiate fatto, ma è bellissimo” è il suo commento. Il finale della canzone è un’onda di batteria e chitarra che parte dal palco e ci travolge tutti.  

Il momento degli encore arriva velocemente, spinto dal “se non canti l’ultima noi non ce ne andiamo“. Cherry Wine vede Hozier solo sul palco con la chitarra, impegnato a dimostrare la sua abilità nel fingerpicking. Prima di chiudere, c’è un momento per ringraziare tutta la crew – ma proprio tutta – dal producer al fotografo e per cantare Happy Birthday al tecnico del suono. Work Song è l’ultimo momento corale e forse per quello è il più bello, con qualcuno che la canta letteralmente a squarciagola. 

Le luci si accendono, la messa hozeriana è finita e noi ce ne andiamo decisamente in pace. A-a-a-a-a-a-a-amen, amen, amen!

Clicca qui per vedere le foto del concerto di Hozier all’Anfiteatro del Vittoriale (o scorri la gallery qui sotto)


Hozier: la scaletta del concerto all’Anfiteatro del Vittoriale di Gardone Riviera (BS)

Eat Your Young
Jackie and Wilson
From Eden
To Be Alone
Dinner & Diatribes
Francesca
Like Real People Do (con Victoria Canal)
Unknown/Nth
De Selby Pt. 1&2/All Things End
Would That I
Someone New
Angel of Small Death & the Codeine Scene
Almost (Sweet Music)
Movement
Take Me to Church

Encore:
Cherry Wine
Work Song

4 Comments

  1. Maria Luisa Cuppini

    18/07/2023 at 00:02

    Lo seguo dal 2014 e quando lo guardo sul palco ora ed ascolto la sua voce mi rendo conto di quanto sia cresciuto.
    La presenza sul palco, all’inizio, timida ed impacciata ora lascia il palco alla passione, all’emozione ed alla voglia di divertimento che coinvolge tutti noi, vecchi (anagraficamente ma non di cuore, grazie a lui) fans. È bello vedere tante facce giovani (potrebbero essere tutti miei nipoti) che si avvicinano ad un suo spettacolo dal vivo ignari, ed io l’ho spiegato a molti ieri sera, del fatto che non appena avranno finito di assistere ad un suo concerto dal vivo, l’unica cosa che si domanderanno sarà “quando potrò rivederlo di nuovo”.
    Questo meraviglioso artista, e ve lo dice una che ne è una vittima consapevole ma felice…. “CREA DIPENDENZA”. Come se fossi stato vittima di un incantesimo.
    Vogliamo parlare della voce e della sua maestria nel modularla, e nella sua innata capacità di passare dai toni più alti del falsetto a quelli più caldi e pieni degni di un cantante blues?
    Gli anni passati come membro degli Anúna (ensemble vocale che fa musica tradizionale Irlandese) si sente molto nelle parti corali delle sue canzoni.
    Gli altri componenti della band sono tutti ed indistintamente ottimi artisti. Tutti sul palco cantano, armonizzano e supportano la voce di Hozier e sono tutti polistrunentisti. Una tale versatilità difficilmente la trovi sui palchi di altri artisti.
    Ora però smetto di annoiarvi con le mie disquisizioni da fan che non è del mestiere ma che sa riconoscere vero, grande artista.
    E lui,lasciatemelo dire…È IMMENSO.

    • Silvia Cravotta

      23/07/2023 at 10:12

      Tutto vero, Maria Luisa

  2. Marialuisa Comand

    21/07/2023 at 08:39

    Grazie di questo bellissimo articolo,👏👏👏finalmente‼️ Troppe volte Hozier è stato ignorato dalla stampa italiana, per non parlare delle sue esibizioni a Sanremo al festival alla una di notte,liquidato con un paio di parole.
    Noi fans siamo grati di avere la sua musica , come tanti topolini lo seguiamo ovunque e lui è il pifferaio magico, ma come si fa a non innamorarsi della sua voce, delle sue canzoni, dei suoi testi mai banali?!?💚

    • Silvia Cravotta

      23/07/2023 at 10:12

      Grazie a te, Marialuisa!

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