Reportage Live

I SUBSONICA sono Cuori Impavidi perché non hanno paura del futuro (e nemmeno della fine)

La storica e miglior performing live band italiana di “piemontesini” (cit. Samuel) chiude il tour del gran ritorno di Realtà Aumentata al Magnolia nella kermesse del coraggio del Circolo e del Mi Ami insieme alle belle speranze di Emma Nolde e Faccianuvola in un plumbeo sabato 7 settembre di appunto, ritorni in città. E ci dimostrano che no, gli anni duemila e i loro buoni propositi di evasione verso il futuro almeno per noi che li abbiamo vissuti, non sono affatto sopiti né dimenticati. E noi serviamo a loro come loro servono a noi per non aver paura della fine.

Articolo di Marzia Picciano | Foto di Rossella Mele

Quando a gennaio 2024 Samuel, Boosta, Max Casacci, Ninja e Vicio si sono presentati in Santeria Toscana per dirci che non avevano chiuso i battenti anzi erano li con un album che parlava di noi e sapeva di loro in una maniera quasi fastidiosamente nostalgica (come a dire, ma dopo tutto questo tempo siete ancora voi? Dannazione!), a partire dal titolo puramente Subsonica-tipo, Realtà Aumentata, e un bagaglio di art collettive attorno in tutto e per tutto fedele alla loro linea (cit.) ovvero TV scatolone sintonizzate sul vuoto melange e armeggi che ipotizzano i suoni dei nostri movimenti, ecco in quel esatto momento la mia mente ha tentennato e si è chiesta: ma ne sarà valsa la pena?

Una domanda che va al di là del valore del lavoro svolto nella fatica del rimettere insieme una band e tornare a suonare assieme. Ieri 7 settembre, al Magnolia, al Grand Finale del tour Subsonica 2024 (qui se volete riassaporare la data di Collegno con Stefania Clerici, qui quella di Bologna con Philip Grasselli e qui a Milano con Simona Ventrella) per la serata Cuori Impavidi (nome che a questo punto cade a fagiolo per il senso dello show) con il MI AMI, posso rispondermi che si, ne è valsa la pena, per motivi forse non immediati, ma non di meno rilevanti. 

I ritorni di band così sentite per noi, millennial figli degli analogici wanna-desperately-be digital e dell’incertezza mondiale dopo la caduta del muro di Berlino (ma restiamo umili, eh) sono sempre più rilevanti del motivo per cui tornano. Gli si perdona tutto, o si minimizza tutto (gli Oasis ne hanno appena dato prova vivente in formato mondiale), persino lo spirito di innovazione e la pretesa di aver qualcosa da dire, persino laddove ci sia davvero da dire, anni e anni dopo. Ma siamo in un momento di grandi ritorni. Sono tornati i Rolling Stones. I CCCP. I Garbage. Quest’anno hanno celebrato i ventennali praticamente tutti i gruppi della mia giovinezza. 

Del resto, oggi ogni nuovo album, EP, singolo, progetto o release di artisti e band varie viene salutato con un livello di eccitazione mediatico e fanzinesco pari solo a quello di un cane cui il padrone tenda da dietro la schiena un osso: siamo lì che non vediamo l’ora di occuparci la testa per un infinito presente di goduriosi morsi e mugugni finché qualcos’altro non verrà ad attrarre la nostra attenzione. L’effetto della lunga coda, applicato alla capacità di attenzione del nostro cervello, è la fine della nostra percezione di invecchiare. Qui sta l’inghippo: il mio unico pensiero, nella FOMO di dover arraffare un posto per vedere tutti i santi del mio personale Pantheon musicale prima che tirino remi o corde, è sempre lo stesso: cribbio, ma sto diventando anche io vecchia, di già? Con tutto il rispetto per i veri anziani. Ma io e te, nel 2000, non dovevamo vivere per sempre come dicevano i Gallagher?

I Subsonica non sfuggono a questo feeling amarognolo, anzi lo centrano in pieno per loro natura, genesi, contesto culturale che si portano dietro, testi, un approccio utopistico verso le distopie del presente reale, quelle che si nascondono neanche troppo bene dietro paroloni che Samuel e soci non mettono mai in secondo piano nella loro produzione. Se i Subsonica sono state tra le prime band – se non la prima – a introdurre in Italia e anzi in un contesto di musical pop-olare le sonorità industrial ed elettroniche che già erano salde nelle culture musicali di altri Paesi (portandole con il loro principale successo di pubblico a Sanremo in quell’anno d’oro, il 2000, appunto Tutti I Miei Sbagli che pure ieri Samuel non ha dovuto faticare nemmeno di cantare, visto che ci pensava il pubblico), sono stati anche i primi a commercializzare nel mainstream versi-liste che non sono case libri auto etc ma “Occhi bionici, più adrenalina/Sensori e cibernetica neurale“. Se ieri ci sembrava futuristico, oggi è quotidianità. Come lo è la Realtà Aumentata. Con una grande differenza: oggi viviamo in un mondo che ha perso su tutti i livelli il naturale entusiasmo umano verso ogni layer di innovazione, al contrario si accinge a freddare con sguardo luddista ogni ormai acquisito diritto al comfort così agognato nei settimanali dedicati al tech della nostra gioventù. Come cambiano i tempi. Meno male che no, i Subsonica non lo fanno. 

Prima di tutto perché non sono mai stati dei fariseistici positivisti, ma hanno analizzato sonorità e implicazioni del progresso, inteso sia come sviluppo ma anche lotta, con attenzione. Hanno preso posizioni politiche sempre significative in un periodo storico recente ma non meno subbuglioso (sicuramente se nel duemila sei sotto Il Cielo Su Torino, a meno 200mila abitanti dagli anni ’80 e il principale polo automotive italiano in crisi) mentre ci facevano ballare la musica che in UK era già realtà affermata (la rivoluzione elettronica dei Chemical Brothers) unita al sound jungle e reggae che Casacci si portava dagli Africa Unite. Significativa in questo senso la scaletta con cui hanno concluso il tour, la stessa delle ultime date, con Grandine, Giungla Nord, Liberi Tutti che attingono a mani basse a un’italianità underground combattente sempre più sparuta (non a caso il tour include una cover di Lontano Dal Tuo Sole di Neffa, cantata con le due guest star Willie Peyote e Ensi). Ma tutta la loro nuova realtà aumentata è, invero, un canto politico. Dalle frasi (“bastassero solo quello“) sullo stop bombing su Palestina e Ucraina, alle morti nei mari di Nessuna Colpa.

Subsonica + Emma Node in concerto al Circolo Magnolia di Milano, foto di Rossella Mele per www.rockon.it

E non a caso sono stati accompagnati nella serata da aperture che si allineano al loro spirito battagliero. Come non sentire le origini Atari di Boosta nel valtellinese Faccianuvola e il graffio dei nostri eroi torinesi nel rock one woman show della Toscana Emma Nolde? Che vedo la prima volta e mi lascia impressionata. Raramente lo fanno i talenti così allo stato grezzo.

E non sono mancati i grandi classici ovviamente: dopo i primi tre pezzi del nuovo album (Cani Umani, la notevole Mattino Di Luce e Pugno di Sabbia) il colpo al cuore è arrivato con la tripletta Discolabirinto (il riff rock più famoso della storia italiana musicale di Torino, si dice) – Nuvole Rapide (aaah le mattine con MTV) – Il Centro della Fiamma. Aurora sogna ha cominciato a scaldare la folla, un filo agée (dicevamo, prima), di affezionati veri, che ha fatto più fatica a riconoscersi nei nuovi pezzi, confermando quello che è il segno di una vittoria (l’essere diventata una band che ha saputo “invecchiare” come fanno i vini negli scantinati coronari delle persone) ma anche una condanna (dove sono i giovani? C’è Peyote! Neanche per Tiga vengono? O si palesano direttamente alle 2?). Tuttavia ho sentito anche io la mancanza in scaletta di Abitudine e La Glaciazione. Sopravviverò. 

Anche perché Samuel e Max ce lo hanno detto chiaramente, mancano tanti pezzi, ma loro (e sono un tantino emozionati) tornano. E non dubito scherzino quando dicono che hanno bisogno di noi (noi, figli dei ragazzi dello zoo di Berlino), lo capisco se Samuel dice che non hanno mai avuto voglia di fare musica insieme come oggi.

Dopo 30 anni, scioglimenti, dieci dischi, non so quanti palazzetti in un’estate e La Bolla Tour, la voglia devi avercela. Ma soprattutto devi aver capito che guardare alla fine con terrore non porta a molto. Nella fine bisogna inabissarsi per saperla gestire. E ovviamente ci vogliono dei cuori impavidi.

Clicca qui per vedere le foto dei Subsonica in concerto a Milano o sfoglia la gallery qui sotto

SUBSONICA: la scaletta del concerto al Magnolia

Cani umani

Mattino di luce

Pugno di sabbia

Africa su Marte

Veleno

Aurora sogna

Liberi tutti

Discolabirinto

Nuvole rapide

Il centro della fiamma

Giungla Nord

Grandine

Universo

Il cielo su Torino (con Ensi)

Scoppia la bolla (com Ensi e Willie Peyote)

Numero uno (Ensi cover)

Aspettando il Sole (cover di Neffa) con Ensi e Willie Peyote

Istrice

Nessuna colpa

Il diluvio

Lazzaro

L’odore

Tutti i miei sbagli

Strade

Needles in the Camel’s Eye (Brian Eno)

20th Century Box (STOOF Remix) (T. Rex Song)

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