Musica

Non é mai inutile parlare di Paolo Benvegnù. Ora più che mai

Breve ricordo di un artista che abbiamo amato e soprattutto, di come continuare ad onorare la sua memoria, per il bene della musica italiana. Ovunque tu sia Paolo, continua a fare poesia.

Articolo di Marzia Picciano | Foto di repertorio

Tra le cose che ci aspettavamo di portarci dall’anno vecchio a quello nuono non avevamo contato in nessun modo la scomparsa, prematura, di Paolo Benvegnù.

La notizia è arrivata come un fulmine a ciel sereno nel primo pomeriggio dell’ultimo dell’anno, lasciando la nostra redazione senza parole e non solo. Le manifestazioni di affetto, anche solo platonico, di tutte le persone sfiorate (cit.) dal mare verticale di Paolo, si sono diffuse come moltitudini su tutti i media in cui abbiamo ravvisato quello che raramente succede in questi casi: dispiacere, vero, non solo per la persona, ma per quello che ha significato per la musica e con le sue parole.

Paolo Benvegnù, musicista, chitarrista e cantante degli Scisma, poi da solo in 9 dischi solisti, cantautore di altissimo livello artistico, era comparso due giorni prima nello studio di Via dei Matti n.0 con Stefano Bollani e Valentina Cenni, l’ultima apparizione in TV e l’ultima conferma di un successo che lui stesso ha definito in molte occasioni e anche con noi una “carezza” a tutti i musicisti della “sua” scena. 

La sua uscita di scena, improvvisa, lascia un vuoto che oggi rimbomba pesantissimo e che vogliamo, in questa breve nota commemorativa, prendere come occasione per portare avanti un messaggio, anzi, per portare avanti la sua carezza.

RockOn ha seguito Benvegnù in tantissime occasioni negli anni, e in quest’ultimo siamo stati felicissimi di farlo e supportarlo in quello che è stato l’anno della rivalsa e della giustizia: la Targa Tenco per il miglior album, É inutile parlare d’amore, e i 20 anni di quello che sicuramente è stato un contributo enorme al cantautorato italiano, Piccoli Fragilissimi Film, riscoperto per l’occasione come è successo per tanti autori in quest’anno, ma qui con maggiore enfasi, con il piacere di riconoscersi dopo tanti anni in quella enorme finissima poesia tormentata che Benvegnù ci ha regalato.

Dedichiamo quindi con ancora più giustificata convinzione spazio alla sua figura, più che al fatto, terreno, della sua dipartita, ripubblicando foto, articoli e inteviste con lui. Paolo Benvegn con la sua poetica disperata necessita di essere ricordato soprattutto ora soprattutto dopo quest’anno dorato, nel 2025 e negli anni a venire. Soprattutto nella musica, da parte di chi la fa e di chi l’ascolta.

Fare poesia nell’industria musicale oggi, che sia in Italia o all’estero, significa spesso essere fisiologicamente messo da parte, laddove il pubblico cerca il motivo, il ritornello, lo “scaccia pensieri” a cui aggrapparsi. Benvegnù questo lo sapeva ma non ha mai fatto un passo indietro.

Paolo Benvegnù in concerto all’Hiroshima Mon Amour di Torino foto di Luca Moschini per www.rockon.it

Al contrario, ha sentito il bisogno di affrontare la questione con le sue Canzoni Brutte, ovviamente un pezzo ultimo non del livello poetico a cui ci ha abituato o che trasuda in L’Oceano, duettata con Brunori, sempre nello stesso disco premio Tenco, ma pregnante nel voler dire la sua anche su quanto un artista si trovi necessariamente a negare le proprie idee. E ha confessato senza troppi giri di parole di aver speso fino all’ultimo centesimo per quest’ultimo lavoro.

Non sappiamo quanto credesse realmente nell’arrivo di questo premio, ma crediamo noi alla gratitudine nelle sue parole quando il riconoscimento é arrivato. Ho intervistato Benvegnù due volte quest’anno, all’inizio e verso la fine, oltre a vederlo nel live di Milano di Piccoli Fragilissimi Film un mese e qualcosa fa (tra i migliori e piu intensi dell’anno): quello che é un magma di parole e immagino nella produzione di musica era anche l’uomo.

Non un’incertezza, una perfetta coerenza tra dire e fare, l’idea di non intervistarlo, ma filosofeggiare con lui, affrontare ogni domanda come una tavola bianca al cui centro si poneva una capacità senza eguali di mettere in discussione tutto e comunque far quadrare sempre tutto in quella poesia costante che lo accompagnava. Aveva l’incredibile capacità di cristallizzare in sentenze o domande dei sillogismi dalla portata esistenziale imponente e condividerli in qualsiasi scambio o confronto.

Questa necessità di essere sempre uguale a se stesso é un’urgenza che ha messo nella sua carriera musicale dagli anni ’90 ad oggi. É qualcosa che nell’universo ind(i)ependente italiano (a dire il vero, independente e alternativo ora non sappiamo più quanto, essendo stato sdoganato nel pop e nel rock) serve mantenere viva come una piccola fiamma olimpica. Come la sua attenzione per ogni sforzo artistico, la sua empatia per tutti quelli che vogliono fare musica.

La riscrittura di Piccoli Fragilissimi Film con un’estrema varietà di artisti nuovi, giovani e più maturi (non si dimentica l’ammirazione negli occhi mentre parlava di Lamante e FASK, o la felicità di suonare quel particolare pezzo con Bosso) ha segnato una volontà di collegarsi a un mondo che troppo a lungo non gli ha riconosciuto quello che oggi é stato il suo più grande pregio. Di bruciare sempre della stessa fiamma. E bruciando, ha vissuto: “bruciandola (la vita), bruciata, bruciandola tutt’ora, mai a fuoco ma sempre nel fuoco, non c’è altra possibilita che andare a fondo e bruciare nel fuoco”.

Per questo non é inutile parlare d’amore come non lo é parlare ancora e tanto di Paolo Benvegnù.

Che la terra ti sia lieve.

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