Correva l’anno 1995 e io ero in quinta elementare. I libri erano di carta, giocavo ancora con le Barbie, ma non ascoltavo più solo Cristina D’Avena. Il fenomeno dello boyband esplodeva a Londra, portando la sua scia in Europa e, complice il Festival Di Sanremo, i Take That arrivavano in Italia.
Non sono mai stata una invasata per la loro musica o per i loro corpi, alle medie l’ormone me lo smuoveva (e continua a smuoverlo) Leo Di Caprio, però vuoi per moda, vuoi per esposizione mediatica (che a 12 anni non sai nemmeno cosa sia, ma con il senno di poi é bello poter dare un nome a questa “cosa”) ascoltavo i Take That, e mi piacevano, tanto da trascinare mia madre a vederli in concerto.
A distanza di 20 anni ne é passata di acqua sotto ai ponti, da 5 che erano, i boys si sono fatti uomini, rimanendo però 3 (insieme) a cantare e ballare. Spinta anche dai commenti superpositivi dei giornali inglesi: “Uno dei tour più spettacolari di sempre!” (The Sun), “Epico!” (The Mirror), decido di tornare adolescente per una sera, regalandomi il loro concerto per l’unica data italiana.
La produzione è mastodontica e costosissima: un grande palco abbraccia il pubblicodella platea con 2 passerelle che confluiscono su un circle a metà del parterre del Forum. Un grande schermo al centro del palco, accompagnato da altri 2 laterali, incorniciano il lato lungo del palco, tutto luci a led, faretti e 2 grossi arlecchini ai lati, pronti a “sparare” bagliori.
Alle 21 in punto lo show comincia e le premesse di presentazione non si fanno disattendere: un corpo di ballo di 20 elementi introduce il primo pezzo, dopo 10 minuti i fantastici 3 Gary Barlow, Mark Owen e Howard Donald, salgono in scena.
Lo spettacolo è quasi un musical: cambi d’abito e di scena ogni 2-3 pezzi, balli e coreografie eccezionali, visual ed effetti speciali da produzione holliwoodiana (un sidecar avvistato in volo sospeso sul palco), e poi luci e suoni, tutto si mescola per creare uno show spettacolare a 360°. Ci si diverte, si balla sì, i pezzi scorrono veloci e dalle prime file della platea fino agli spalti ci si diverte.
Però ecco, c’è un però: se a 12 anni anni quelle musiche, insieme a queli volti e quegli artisti mi comunicavano e smuovevano in me qualcosa, ora quel che rimane è un piacevole ricordo del passato.
Che i Take That (e sia chiaro, tutti e 5) abbiano fatto la storia della musica pop e che grazie a loro esistano i One Direction è un dato di fatto, ma ci sono i performer e ci sono artisti. E permettetemi un confronto con il loro fratello disobbediente Robbie: con all’attivo 3 concerti nell’ultimo anno del ragazzaccio di Steffordshire, ma se quello show man e mina vagante ha deciso di lasciare la boyband non ha avuto solo una buona lungimiranza, ma soprattutto la consapevolezza di essere molto diverso dai suoi ex-compagni di viaggio.
TAKE THAT – Scaletta Milano 2015
Portrait
Greatest Day
Get Ready for It
Hold Up a Light
Patience
Pray
The Garden
Up All Night
Said It All
Could It Be Magic
Let in the Sun
What Is Love
Four Minute
Warning
Let Me Go
The Flood
A Million Love Songs
Babe
Back for Good
These Days
Relight My Fire
Rule the World
– – – – – – –
Shine
Never Forget