Reportage Live

Reportage Live: A PLACE TO BURY STRANGERS in concerto a Modena

Scrivere di un concerto, di un live ha sempre un sapore di tristezza: ripensare quanto gli A Place to Bury Strangers si siano concessi al pubblico il 21 settembre a Modena mi fa agitare ancora. Un concerto che ti scuote e sbatte il cervello per terra. Depurativo, o quasi.

Il cupo, intrigante, complice quasi, cortile dell’ex Ospedale San Agostino di Modena accorpa in sé l’essenza di ogni live: giusta grandezza, impianto audio finalmente all’altezza, posizione palco e luci perfetta. I ragazzi della manifestazione ‘Sun Agostino’ hanno tirato fuori una piccola arena dentro quattro mura abbandonate, un cortile anonimo che diventa quinta per uno dei concerti più belli e interessanti visti nel 2012.
Aprono la serata His Clansyness, si, quelli del cantante (Jonathan Clancy) degli A Classic Education. Cioè: l’idea – la moda – del lowfi californiano è lampante, ben eseguita. Ma manca qualcosina, sembra sempre tutto troppo etereo, a fatica un riff o una frase ti resta stampata nella mente. Forse un pò troppo delay, in generale, ma è una mia sensazione. Alla fine son piaciuti, e molto. Il pubblico (ovviamente in gran parte emiliano) è sempre molto attento, vigile su ogni nota o mossa dell’artista di turno ma sempre generoso e affezionato.
Poi, quasi in punta di piedi, salgono sul palco gli A Place to Bury Strangers. Luci curatissime, installazioni video che sbordano nelle retrostanti mura e una muraglia di suoni, distorsioni, feedback, impulsi di essenza musicale che ti entrano dentro ed esplodono. Non riesco a stare nelle prime file perché il livello sonoro è decisamente alto. Non si riesce a staccare gli occhi dal palco, troppo il livello di curiosità nel voler capire dove, ad ogni canzone, possano andare a sfociare i tre di NY. Mai banali, noise perfetto, beat mai soffocante. L’eterno alternarsi di chitarre e voci soffuse ti fa viaggiare, sognare quasi. Se chiudi gli occhi sei trasportato in un’altra dimensione. Worship, l’album che stanno portando in giro per il mondo è un’oasi nel deserto della discografia contemporanea. Quando arriva il momento della mia canzone preferita (Dissolved) la pelle d’oca è d’obbligo: in bilico tra un basso New Wave, chitarra post rock e batteria essenziale. Il solito crescendo di suono che però ti trascina via da Modena per portarti altrove, in un’altra dimensione.
Un’ora in apnea.
Un bis senza luci. Pura musica. Il silenzio è altrove.

Articolo di Alberto Bettin

A Place To Bury Strangers – “You Are The One”
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