Articolo di Silvia Cravotta | Foto di Andrea Ripamonti
Non sarà facile dimenticare la serata del 24 giugno 2025 per i 78 mila che ieri hanno riempito ogni spazio umano disponibile dell’Ippodromo SNAI La Maura per il ritorno dei Linkin Park a Milano, sempre nell’ambito degli I-Days, otto anni dopo quel maledetto 2017. E non sarà facile neanche per Mike Shinoda, fondatore e colonna portante della band californiana, che ha fatto una scommessa in prima persona per riportare i LP sui palchi di tutto il mondo. E ancora di più, sarà impossibile da scordare per Emily Armstrong, colei che ha raccolto la pesantissima eredità di Chester Bennington, mai nominato ma il cui ricordo ha aleggiato impalpabile su tutto il concerto. La nuova cantante è stata accolta a braccia aperte dal pubblico milanese, e con lei anche Colin Brittain fresco di ingresso alla batteria, in una data che resterà impressa nella memoria, non solo per la qualità musicale ma anche per le forti emozioni che si sono vissute, e che sono state reciprocamente scambiate, tra palco e pubblico.
Mike Shinoda entra in scena con un sorriso che rimarrà sul suo volto fino alla fine del concerto. È palesemente felice di essere dove si trova e lo comunicherà più volte, oltre che con le sue espressioni, anche a parole, ringraziando il pubblico per il supporto che ha permesso alla band di tornare e per l’accoglienza riservata a Emily e Colin, oltre che al nuovo album, From Zero, una dichiarazione di intenti tutta racchiusa in un titolo. L’ingresso di Emily è più timido ma l’ex frontwoman dei Dead Sara si scioglierà via via, acquistando sicurezza un brano dietro l’altro. Non molto diversamente da quanto fatto nella band, dove è entrata in punta di piedi, riscuotendo con il passare dei mesi l’approvazione di fan vecchi e nuovi. La scelta di una voce femminile ha sicuramente aiutato ad evitare confronti con il passato ma bisogna dire che i due co-lead vocalist hanno imparato a integrarsi perfettamente, sia quando il rappato di lui cede il passo allo screaming di lei, sia quando cantano insieme. Emily tiene bene anche sui pezzi storici, non certo scritti per la sua vocalità, ed è quando spinge la voce che tira fuori il meglio e ti graffia l’anima.
Gli opening e il conto alla rovescia
A precedere l’ingresso sul palco del sestetto nell’unica data italiana del world tour a supporto del loro ultimo album, con biglietti andati esauriti subito dopo la messa in vendita, un trittico composto dal rap di Jpegmafia, dal rock alternativo di Jimmy Eat World e dal metal dei canadesi Spiritbox, con la cantante Courtney LaPlante che si è fatta notare per l’energia con cui ha animato l’opening e per la voce potente, che ha raggiunto anche le ultime fila dello sterrato dell’Ippodromo. Buona accoglienza da parte di chi quello sterrato riempiva già da ore – sotto un sole cocente e 33 gradi ma forse percepiti anche di più – gente delle età più varie e una grande passione per il merch dei LP, magliette in pole position. A intrattenerli video e musica sui megaschermi, fino alla partenza alle 20.53 di un conto alla rovescia di dieci minuti, che ha scaldato gli animi ed è stato concluso da La solitudine di Laura Pausini, cantata – ça va sans dire – in coro da tutti. Lo 00:00 segna il via a quasi due ore di musica, divise in cinque atti.
ACT 1, otto anni dopo
L’intro è fatta di laser che partono dal palco e onde che danzano sugli schermi seguendo il ritmo di una base registrata. Il ritorno della band sulla scena milanese da quella storica data del 17 giugno 2017 a Monza, è sulle note di un classicone come Somewhere I Belong, direttamente da Meteora, uno degli album che ha fornito i brani scelti per la setlist, oltre ovviamente a quelli di From Zero, ottavo e ultimo lavoro dei LP, uscito nel novembre scorso. Basterà questo inizio e poi sentire tutto il pubblico cantare da solo l’attacco di Crawling per far sciogliere Emily e farle tirare fuori la sua voce graffiante in Cut The Bridge, mentre tutti saltano, e poi alternarla con quella di Mike nel rap-rock di Lying From You. Il singolo di punta del nuovo album, The Emptiness Machine, è la perfetta chiusura del primo atto, con il suo ritornello “I only wanted to be part of something”, che sembra un riferimento non casuale alle parole precedenti di Mike sul nuovo corso della band.
ACT 2, rallentare per poi ripartire
Dopo l’interludio sempre a base di luci, prende il via un secondo atto a base di momenti più lenti e riprese veloci. A partire dall’attesissima The Catalyst, che diventa un canto corale sentito e commosso, con Emily aggrappata al microfono. Burn It Down e Up From The Bottom rilanciano il ritmo, con il rap a perdifiato di Mike e il cantato in velocità di Emily. Un altro momento emozionante arriva con Waiting For The End, brano di punta di A Thousand Suns, dal significato profondo, con il pubblico che canta commosso e i due vocalist in una perfetta armonia di voci. Dopo il solo di Joe Hahn al campionatore, è il turno di Mike Shinoda che dalla passerella scende tra quelli delle prime fila, parla, abbraccia chi può, regala il suo cappello autografato, rappa faccia a faccia con la sua gente. La sua emozione è coinvolgente, così come la sua gioia di essere lì e la voglia di divertirsi, che condivide con tutta la band, di nuovo unita e partecipe dopo tanti anni. Tutti i membri lo raggiungono sulla passerella e da lì è Mike che fa allargare il pit e lancia il pogo sulle note di Two Faced e sul riff di One Step Closer, altre due canzoni su cui è difficile stare fermi.
ACT 3, l’emozione di Emily
L’intro del terzo atto è fatto di inquadrature del pubblico, proiettate sui megaschermi tra sorrisi, mani a corna e cartelli scritti a mano, molti per Emily. Solo tre canzoni in questo blocco, a partire da una Lost rivisitata in versione ballata al pianoforte con solo Emily al microfono. Stained e What I’ve Done sono altri due momenti corali della serata, che entusiasmano Emily, a volte quasi sorpresa e rallegrata dalla reazione partecipe ed entusiasta del pubblico milanese, che sicuramente non ha lasciato andar via delusi i Linkin Park.
ACT 4, da Numb a In The End
Il penultimo atto si apre con una splendida versione di Overflow, con le voci dei due vocalist perfettamente fuse insieme ed Emily che cerca di superare ogni limite umano. Dal pit rispondono cantandole “Sei bellissima“. Prima dei bis arrivano tre successi in fila, a cominciare da Numb, che in versione Armstrong suona un po’ diversa ma non per questo perde qualcosa del suo valore. In The End è, come ci si poteva aspettare, un canto corale che probabilmente è uscito ben oltre i confini dell’Ippodromo. Canzone simbolo, è oggi un gran successo tra gli adolescenti che l’hanno conosciuta con i video di Tik Tok, senza manco sapere (ahimè) di chi sia. Faint chiude con bellezza devastante la setlist ufficiale, in attesa dei bis arrivati poco dopo.
ACT 5, l’ora dei saluti
Non da meno gli encore, che hanno chiuso la “incredible night” come l’ha definita Shinoda, “fucking amazing” secondo Armstrong. Anche nel finale i due non si sono risparmiati per questo viaggio di ritorno, come lo hanno definito, ma che si è rivelato un vero e proprio inizio, accolto da decine di migliaia di braccia che hanno stretto la band in un abbraccio unico, prontamente ricambiato da ogni singolo membro dei Linkin. La chiusura è affidata a pezzi come Papercut, A Place For My Head e Heavy Is The Crown, fino a Bleed It Out che fa tremare un pubblico non ancora abbastanza stanco per fermarsi. I saluti sono lunghi e condivisi, dal palco e lungo la passerella, con braccia che si agitano, lanci di plettri e bacchette, foto ricordo. A rendere meno difficile separarsi, l’appuntamento già fissato per l’anno prossimo, come ricorda Mike. Ci si rivede nel 2026 a Firenze.
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LINKIN PARK: la scaletta del concerto di Milano
La solitudine (Laura Pausini song)
Act 1
Somewhere I Belong
Crawling
Cut the Bridge
Lying From You
The Emptiness Machine
Act 2
The Catalyst
Burn It Down
Up From the Bottom
Where’d You Go (Fort Minor cover)
Waiting for the End
Joe Hahn Solo
When They Come for Me / Remember the Name
Two Faced
One Step Closer
Act 3
Lost
Stained
What I’ve Done
Act 4
Overflow
Numb (with “Numb/Encore” intro)
In the End
Faint
Act 5 – Encore:
Papercut
A Place for My Head
Heavy Is the Crown
Bleed It Out