Articolo di Claudia Mazza | Foto di Giorgia De Dato
Dopo un decennio i Godsmack fanno finalmente il loro ritorno oltreoceano: Milano, Magazzini Generali, un Lunedì sera dal programma deciso.
Il rischio che lo show venisse annullato era più che concreto. Già nel 2012 fu cancellato il tour europeo per problemi alla voce del frontman Sully Erna e si rischiava il bis a causa della dolorosa morte dello scorso anno del figlio del chitarrista Tony Rambola, al quale dedichiamo un pensiero sentito.
L’ultimo album When Legend Rise, settimo di una serie di successi, è stato pubblicato ad Aprile 2018. Così i Godsmack si rialzano nella scena musicale, con un rinnovato stile dalle sonorità più semplici ma senza abbandonare le radici alternative metal, la ritmica solida e i riffoni uniti alla profonda voce strepitosamente metallica e decisa di Sully, accostabile ad un mix fra quella di Layne Staley degli Alice In Chains e quella di James Hetfield voce dei Metallica.
Fanno il loro ingresso con un mash-up di classici del rock: Beatles, Aereosmith e Queen. Il locale è quasi sold out, un pubblico di ultra trentenni che aspetta di sentire un po’ di sonorità potenti. Capigliature lunghe, vestiti in perfetto stile nu metal aspettano di scatenarsi sotto la batteria e le chitarre di un genere che, purtroppo, in Italia è sempre più di nicchia e marginale nel mercato musicale.
L’entrata in scena è diretta e potente, preannunciando uno spettacolo a cavallo fra vecchio e nuovo, una scelta che glorifica la data per i fan più fedeli che hanno amato e ascoltato a ripetizione gli scorsi album ed apprezzano l’ultimo lavoro. Si parte con le batterie a carica nell’intro di When Legend Rise che mi fanno venire in mente una mandria imbestialita che corre, per poi cavalcare note più melodiche. 1000HP dal sesto album, rombo d’auto e riff potentissimi entrano in contatto con l’elettricità che viene a crearsi sottopelle durante il pezzo. ” Show me your hands!” esorta l’italo-siciliano Sully, le luci sul palco sono a dir poco spettacolari, resto impressionata dal gioco a ritmo di musica, magnetico. Come se potessi vederla oltre che ascoltarla, ora sì che si ragiona. Crying’ Like a Bitch, un titolo che lascia poco spazio a fraintendimenti, è incazzata, è metal. I suoni sono perfetti, compatti, decisi, sottolineano una tecnica impeccabile. “Milano come stai? Sono molto felice di essere qui oggi!”, dedicato alla sua terra di origine ( Erna è per metà siciliano). Say My Name e I Stand Alone, colonna sonora del film del 2002 Il re scorpione. Si spengono le luci, tutte a parte una a cono, puntata su Sully che inizia con un incalzante riverbero, un gioco di voce e suono elettrico distorto, sporco, ad introdurre Awake, una fra le hit nu metal più apprezzate della carriera dei quattro bostoniani. Si arriva ad Unforgettable con cori di bambini che contornano il pezzo e le immancabili distorsioni tipicamente anni novanta, Keep Away e Speak fino alla esoterica Voodoo, Erna è un seguace fedele della Wicca che, a quanto sostiene, lo aiutò nel suo momento di sconforto nei confronti della musica quando pensò di mollare tutto. Non a caso la canzone sembra una preghiera rituale, il groove, la composizione rimandano quasi ad un rito pagano, lo stesso video ci rimanda a una celebrazione satanista. E’ ora è la volta della elettrica Whatever. Momento fermo, e sento delle note che non appartengono a niente che sia Godsmack, Come Together dei Beatles! L’amore per le hits è palesemente espresso.
E’ il momento di Under Your Scars, l’ombrosa, profonda, romantica ballata dell’album. La voce di Erna è sicuramente fra quelle che apprezzo di più, perfetta, senza sbavature un profilo che è un perfetto mix fra post-grunge e metal che mi fa impazzire. Penultima, ma non per importanza, arriva Bulletproof con il suo hard rock moderno che vuole imprimersi per togliere la polvere di dosso e riproporsi senza andare troppo fuori binario rispetto agli standard dello storico gruppo del Massachusetts. Personalmente adoro questo brano, prende proprio come dovrebbe essere, sicuramente più commerciale di altri, ma il testo è potente e ti spinge a cantare.
In chiusura non poteva mancare Straight Out of Line, brano simbolo della band e per i giocatori appassionati di Prince of Persia: Spirito Guerriero non sarà difficile da riconoscere, dato essere il brano chiave durante l’inseguimento di Dahaka, il mostro che ogni tanto appariva per massacrare il protagonista, messo lì proprio per creare ansia e panico alle prime note del riff (confesso di essermi appassionata a questo genere grazie a questo tipo di giochi, l’utilizzo dell’hard rock/ nu metal/ alternative metal è estremamente presente sia nei manga giapponesi che nei giochi ).
Mi sono mancati alcuni pezzi dell’ultimo album che trovo interessanti, come Let It Out e Take It To The Edge, ma nel complesso mi reputo soddisfatta del live che non ha deluso le aspettative dei più. La scelta di un locale più intimo come quello dei Magazzini Generali sicuramente ha creato più sintonia ed empatia al live dei nostri Godsmack con un’esibizione degna di nota.
Clicca qui per vedere le foto dei Godsmack a Milano (o sfoglia la gallery qui sotto).
GODSMACK – la Scaletta del concerto di Milano
When Legend Rise
1000hp
Crying’ Like a Bitch
Say My Name
Straight Out of Line
Awake
Unforgettable
Something Different
Keep Away (with ‘Moon Baby’ outro)
Speak
Voodoo
Whatever
Come Together (The Beatles cover)
Encore:
Under Your Scars
Bulletproof
I Stand Alone