Sono sicura di esser stata una bambina atipica: poche pretese, zero capricci, interessi e passioni da adulta. Per farla breve, una vecchia ciabatta con le sembianze di Riccioli d’Oro – una cosa, a pensarci oggi, di una tristezza infinita. Tra i tanti dettagli che mi portano a questa certezza, rientra sicuramente anche il non aver mai chiesto nessun regalo a Babbo Natale tramite i famosi elenchi scritti sotto forma di “letterina”. E ricordo bene che questa cosa esasperava puntualmente i mie genitori, incapaci (a parer loro) di accontentarmi poiché ogni regalo era un grosso punto di domanda. Esaurite una serie di opzioni tra le più classiche (libri, giocattoli, videocassette), fu così che il Natale del 1993 passò alla storia come quello più azzeccato di tutti.
Sotto l’albero quell’anno trovai diverse musicassette: “Take That & Party” dei Take That, “Zooropa” degli U2 e “So Far, So Good” di Bryan Adams. Tre cose che non hanno nulla in comune tra loro e che i miei ben presto si pentirono di avermi regalato. Perché in fondo, sono una persona semplice: quando trovo quella cosa che mi piace, ci vado talmente tanto in fissa da sembrare (o esserne) ossessionata.
Negli anni passati sono riuscita a vedere dal vivo sia i Take That che gli U2 ma a completare il famoso trittico del ’93 mancava all’appello proprio lui, Bryan Adams. E arriviamo dunque al concerto di Roma. Con molta razionalità mi ero preparata alla serata senza grosse aspettative: quando te le crei è la volta buona in cui rimani deluso.
Però, in cuor mio, mi chiedevo come sarebbe stato vedere dal vivo un cantautore che negli anni Ottanta/Novanta era in cima alle classifiche di tutto il mondo ed era stato in grado di rapire il cuore di una bimba di 10 anni che viveva ai piedi delle Dolomiti. La voce avrebbe retto l’interpretazione dei pezzi? Sarebbe stato trascinante? Ad oggi Bryan Adams non è più un ragazzetto ma un uomo che ha superato i sessant’anni di età. E, va detto, non tutti arrivano a quel punto col piglio di Springsteen. Artista di fama mondiale, alla carriera musicale nel tempo ha affiancato anche quella da fotografo – se non avete mai visto i suoi lavori, vi consiglio vivamente di farlo —> https://amzn.to/3VXi0LM
Quella di Roma è stata la seconda tappa di un tour in tre date volto alla promozione dell’ultimo disco – “So Happy It Hurts”. Dopo il rinvio (l’appuntamento era inizialmente previsto per lo scorso febbraio), mi aspettavo di trovare più affluenza. Ma il Rock ed il Pop di qualità sono per orecchie particolari, e questa è un po’ la risposta che in realtà mi do per giustificare anche l’età media ed il tipo di pubblico presente: nostalgici over 40 che con la musica del canadese ci sono cresciuti. Un po’ come me.
In un Palazzetto dello Sport pieno ma non troppo, poco prima delle 21 gli occhi sono puntati al soffitto: un gonfiabile dalla forma di una Chevrolet volteggia sopra le teste. Dopo qualche minuto calano le luci, si accende lo schermo sul fondo del palco e partono le note di “Kick Ass”: ci siamo, si comincia. Il brano fa alzare le prime file del parterre, allestito per l’occasione con posti a sedere: dura poco, gli addetti alla sicurezza prontamente fanno tornare tutti al proprio posto. Sarà questa la sola nota stonata della serata: Bryan Adams non lo si può ascoltare da seduti, è una violenza il poter anche solo immaginare di assistere ad un suo live stando immobili su una sedia.Le restrizioni al pubblico, serrate, forse fanno parte di un protocollo straordinario dovuto al Covid, o forse no.
Non ci è dato saperlo, tuttavia l’energia che Bryan Adams trasmette è considerevole. In men che non si dica, si susseguono uno dopo l’altro brani dai lavori più recenti. Il primo picco nostalgico arriva con l’esecuzione di “Heaven”: appena parte l’intro con la chitarra il coinvolgimento è tale che il cantautore stesso resta senza parole. Non serve aggiungere altro: a cantare è il pubblico, siamo noi. Una delle ballad per eccellenza della sua discografia, se non la più conosciuta (colonna sonora di “Nudi in Paradiso” del 1983), lo emoziona visibilmente; l’affetto dei fans è di tale portata che lui, basito, incontra gli occhi di tutti cantando solo durante il ritornello.
La scaletta è varia, ai brani dei nuovi dischi ottengono un maggiore riscontro i grandi classici da classifica che lo hanno reso. A metà serata si inanellano una dopo l’altra “(Everything I Do) I Do It for You”, “18 Til I die”, “Summer of ’69”: è forse questa l’apoteosi?No, non ancora, anche se la perfezione dell’esecuzione è straordinaria. A sostenere Bryan Adams ci sono i The Dudes of Leisure, letteralmente “I ragazzi del tempo libero”, band composta da Keith Scott (chitarra), Mickey Curry (batteria), Solomon Walker (basso) e Gary Breit (tastiere).
Lo spettacolo, tra luci e Visual, è frutto della mania di perfezione del cantautore e del suo culto del bello: una macchina che funziona a meraviglia.Per ascoltare “Run To You”, singolo del 1984 inizialmente proposto ai Blue Oyster Cult (che lo rifiutarono in quanto «troppo melodico») tocca attendere il finale. E proprio la chiusura del concerto lascia un po’ l’amaro in bocca. Sarà il clima delle feste, sarà ciò che vi pare, ma “Christmas Time” abbassa il climax che si era formato durante la serata. Insomma, ci si saluta con un fondo di tristezza dopo una serata adrenalinica.
Torno a casa felice di aver chiuso il mio cerchio personale e con una consapevolezza: quello tra Bryan Adams ed il proprio pubblico è una sorta di “dare-avere”, ti torna indietro ciò ce tu per primo dai. E da quel palco, per due ore circa, Bryan Adams ha donato tutto sé stesso con una carica strepitosa: quella di un eterno diciottenne, per sempre, fino alla fine.
Danilo
12/12/2022 at 15:55
Ciao, bellissimo articolo. Ero presente anche io a Roma. Spettacolo stupendo, emozione unica. Io sono un “vecchio” 50enne cresciuto con le canzoni di Bryan e vederlo dal vivo behhhh mi ha fatto scendere più di una lacrima.
Comunque, se non erro, il batterista è Pat Steward e non Mickey Curry, almeno in questo tour 🙂
Emanuela
13/12/2022 at 21:43
Scusa ma io ero in seconda fila e non siamo mai stati seduti durante il concerto….e poi Christmas time non l’ha fatta a Roma….ha chiuso con all for love….
Ciao
Danilo
15/12/2022 at 15:11
“Christmas time” l’ha cantata dopo “All for love”