Articolo di Marzia Picciano | Foto di Federico Buonanno
Come esseri umani del nuovo millennio sappiamo bene che la vita, la nostra esistenza intesa come la presenza cosciente in un certo luogo e tempo, e anche per un certo tempo (questo tipo di coscienza é senza dubbio la più drammatica e umana in assoluto), ecco non solo é limitata, ma é anche soggetta a una serie di su e giù, alti e bassi, dove si spera sempre che il basso non sia effettivamente troppo basso da concluderla prima.
In questo farci concavi e convessi a seconda delle necessità rispondiamo cercando appigli o semplicemente zone metafisiche in cui buttare giù tutto, sfogarci. I soggetti come la sottoscritta, cancro ascendente cancro (che peggio non ce n’é) lo fanno con la musica – e che tipo di musica. Voi direte: bene, dove vuoi arrivare ora che l’hai presa alla larghissima? A ieri sera. A questo tristissimo, ammettiamolo, ponte senza ponte dell’Immacolata milanese, più freddo e umido che non si puó, chi era con me in Santeria Toscana per due ore (pienissime) di fronte ai Nada Surf sabato sera, aperti dai nostrani Lowisnky, puó dire che una sorta di pensiero general generico se l’é fatto su dove siamo, chi siamo, quanti pezzi di noi perdiamo senza rendercene conto, e che musica ascoltiamo nel frattempo.
Comunque non tutti i pippotti introduttivi sono senza motivo. Matthew Caws, Daniel Lorca e Ira Elliot, in arte Nada Surf appunto, ad esempio, potrebbero essere tutti e tre cancro ascendente cancro per me, e da brava cancerina d’acqua di lacrime di coccodrillo mi dispiacerebbe pure per loro, ma almeno mi spiegherei qual é il senso di questa incredibile sensazione di allineamento astrale con loro. Dopo 24 ore di elaborazione del tutto, una birra, un Moscow Mule e un Big Tasty, provo a indovinare.
É la costanza. Quella che mettono nel loro essere incredibilmente fedeli a se stessi, Nada Surf per 30 anni, neanche una virgola da cambiare a una formula proposta e riproposta con il loro ultimo disco, Moon Mirror, tra l’altro con una nuova etichetta, la New West Records. Squadra vincente non si cambia si dice, del resto.
Ok, non cambiati del tutto ora non é davvero vero, Matthew ha un bellissimo ciuffo bianco, ma l’approccio é sempre quello: un alternative rock che si fa strada tra pop, reminiscenze da R.E.M. e quello che é un’espressione del genere in sé per sé tutta americana, sporca ed emozionale, che trova il suo punto di esplosione totale in un momento storico ben preciso, televisivo direi, e per quelli della mia generazione si chiama The O.C. (e oggi dobbiamo ammettere che al di là della povera gestione della trama e tutte le assurdità di una serie basata sull’irreale adolescenza di quattro ragazzi ricchi o arricchiti, ha lasciato due cose importantissime: una colonna sonora iconica e una nuova categoria nel DSM, quella che va sotto il nome di Seth Cohen).
Perché c’é stato un momento storico in cui questo genere aveva una presenza e un’apparenza TV, prima dell’avvento dei social e della memoria breve, che dura dagli anni ’90 fino a qui, e allora se oggi facciamo bene a dirci che non abbiamo eroi perché in realtà lo sono tutti, tutti quelli che possono avere una reach online e sono abbastanza stupidi o bravi da usarla bene, dobbiamo essere anche molto felici di avere band come lo sono i Nada Surf e soprattutto ringraziare che siano venuti a portare un pó di speranza in questo weekend di festa mancata.
Nel momento annuale che sancisce di più il passaggio a quel periodo dorato che arriva fino a fine dell’anno, e io che di festa ne sento così poca nell’aria e ne sono estremamente depressa, sentire Matthew e soci attaccare con Inside of Love si é scaldato qualcosa. A sentire “making out with people I hardly know or like/I can’t believe what I do, late at night” mi sono chiesta: e davvero dalla prima volta che l’hai sentita é davvero cambiato qualcosa? No, sei sempre sveglia alle ore più improbabili pregando che il tuo cervello si spenga, un secondo, e ti lasci in pace. E magari svegliarsi col sorriso il giorno dopo.
Ma i Nada Surf hanno istituzionalizzato l’agrodolce come cifra musicale dell’anima di noi soggetti a metà della propria esistenza (o anche un po’ più avanti, a giudicare dal bellissimo pubblico in sala), sia in senso anagrafico ma anche metafisico, e sono tornati dall’ultima volta che li abbiamo visti con una super fan, Serena Lotti (ed erano vestiti uguali, tra l’altro, per sottolineare il tema del non cambiare mai) per ricordarci che hey, sei ancora a metà e loro producono ancora musica, e si, ne hai ancora bisogno.
Certo, Moon Mirror é sempre malinconico ma un pelo più risoluto, un pó più positivo (lo sento nelle aperture di Second Skin) di quello che ci esprimevano con quella dolcezza spennellata come tuorlo su grunge in Fruit Fly (e anche ieri, che spennellate). Matthew sembra quasi emozionato, parla con il pubblico in italiano (leggendo, ma cavoli che pronuncia precisa!) per spiegare che Mathilda é un pezzo per i padri che comprendono i propri figli meno mascolini; é sempre più scanzonato Lorca, dall’alto dei suoi lunghissimi dread mentre ci racconta dei loro incontri con i Carabinieri, peró ecco: questi hanno ormai una certa età, perché mi sembrano eterni studenti al loro magnifico sophomore year?
Come hanno fatto i Nada Surf a sopravvivere agli irrisolvibili up&downs di una vita da rockstar, per un momento anche cult, come hanno adattato le loro chitarre magiche a questi venti cattivi e favorevoli? Come hanno fatto a mantenere quella delicata, tristissima giovinezza in pezzi come New Propeller?
Ho avuto un amico a cui chiederlo, e penso che se gli alti e bassi della vita non lo avessero sorpreso, sabato sera sarebbe stato anche lui lì, a chiederselo davanti ai Nada Surf che ci cantano, ancora con quella drammatica solidità di formazione rock nata li, in quegli anni in cui noi scoprivamo quella musica, che “I’ve got no time I want to lose/To people with something to prove”. E in breve dirci che non c’é prova più devastante che quella del tempo, tra chi prende e chi se ne va, di sua scelta o meno, e comunque rimane.
Chissà se ci saremmo emozionati al primo encore, a fare i coretti su Popular e Always Love, o a stringerci, come non ho potuto fare, nel solo voice di Blizzard of ’77. L’unica pecca di questo concerto é di averlo visto con me stessa, con me che ho tutti questi sentimenti e non so per che cosa. A volte i concerti sono esperienze esistenziali da condividere con qualcuno di caro, e come te ne rendi conto nei giorni di feste mancate, solo artisti come i Nada Surf te lo riescono a far capire. Come anche che é proprio quello che ti serve per andare in mezzo a questi periodi neri spettacolari: qualcuno che canti con te.
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NADA SURF – La scaletta del concerto di Milano
- Inside of Love
- Hi-Speed Soul
- In Front of Me Now
- Come Get Me
- Fruit Fly
- Killian’s Red
- Intel and Dreams
- Losing
- Mathilda
- The Plan
- Looking For You
- Second Skin
- New Propeller
- See These Bones
- Blonde on Blonde
- The One You Want
- Open Seas
- Something I Should Do
- So Much Love
- Hyperspace
Encore
- Popular
- Always Love
- Blizzard of ’77 (acapella)