Recensioni

SKUNK ANANSIE – Anarchytecture

2016 Boogooyamma/Carosello

Anarchytecture è un disco coraggioso, elettrico, teso e dolce, ma rimane un “sughetto” rimestato e riscaldato a dovere, ma questo pare agli Skunk Anansie non interessare, sparano brani su brani a velocità emotiva a mille, ma non fanno altro che far rimpiangere certi Skunk dei Novanta, dove, allora si, che il sangue diventava selvaggio e rovente, ora pare di assistere ad un remake di sé stesso, ma con la costante dell’innocuo, undici brani che si ascoltano con piacere, ma il fattore novità è scomparso, da tempo, veramente scomparso.

La voce di Skin è – meno male almeno questa – rimasta intatta nella sua voracità espressiva, ma il resto degli arrangiamenti suonano a vuoto, il classico rock ibridato al massimo sul quale scorrono le vene bluastre di pop Victim, Death to the lovers,  nu-metal Suckers!, The sinking feeling, stridori punk Bullets e – non da meno – una colata di plastica patinata che oramai copre la loro parabola sonica, tutto il resto è un “golden age” galleggiante che sa tanto di “resistenza forzata” nel mainstream mondiale.

Certo gli anni passano inesorabili, quel marchio ricco di elettricità e pazzia è scemato, rimane solo una  bella copia di tutto ciò  che – nonostante l’impatto innegabile – risulta solo una copia di quella band capitanata da una pantera assatanata di elettricità che ci ha fatto martellare le tempie tra furia e beltà Beauty is your curse.

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