Finalmente pubblica un disco a nome suo David Lenci fondatore del Red House Recordings, studio di registrazione di Senigallia e uno dei più importanti produttori e tecnici del suono italiani. Lenci, che ha collaborato con molti nomi di prim’ordine del panorama indie internazionale, da Steve Albini a Rob Ellis, dagli Uzeda a Charlotte Hatherley, per quest’avventura si fa accompagnare da uno stuolo di ottimi professionisti, tra i quali il chitarrista dei Three Second Kiss, Sergio Carlini.
Questa in realtà è la terza prova discografica per Lenci, che è stato l’artefice del progetto Red House Revue con Sean Meadows, con cui ha pubblicato due ottimi dischi. Il lavoro in questione, da un punto di vista concettuale non di discosta di molto da quell’esperienza, in quanto i dieci brani in scaletta sono strutturati su un blues psichedelico, che deve molto al grunge e al noise (“Beating hearts”). La voce di Lenci, poi, è piuttosto duttile e se in alcuni passaggi è accostabile a quella di Mark Lanegan, in altre a quella di Eddie Vedder (“Carlo”).
Caratteristica portante del disco è lo sviluppo che hanno i brani, evolvendosi verso territori psichedelici (“Old guys never die”), riflessivi, con il blues che fa da cornice, quando il brano non viene attraversato da frammenti di intrecci chitarristici “Sailing to a Dream”, “The Faraway Son”, “The Circle Game”). Quando poi Lenci chiede al gruppo di intraprendere una cavalcata, la band risponde in maniera stanca, come i Dinosaur Jr dei primi anni ’90 (“A matter of choise”). Il disco è stato pubblicato soltanto in LP.