Interviste

Intervista a MASSIMO ZAMBONI

Trent’anni e non sentirli. O meglio averceli addosso e trovarli in un libro. Un profondo tuffo in ciò che è stato e di cui se ne sente la mancanza. Parliamo della doppia biografia “Quello che deve accadere, accade: storia di Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni” di Michele Rossi in uscita per Giunti Editore (clicca qui per acquistare il libro), lussuoso pretesto con il quale ci avviciniamo a Massiimo Zamboni chitarrista dei CCCP e CSI.

Come prima cosa, prendendo spunto dal titolo del libro, viene naturale chiedergli cosa è accaduto ai CCCP “la storia dei CCCP è nata come ben sai 30anni fa. Eravamo partiti con dei buoni propositi, molto determinati, molto agguerriti, credo che anche con la migliore benevolenza nei nostri confronti, non ci saremmo aspettati quello che poi è successo” mi dice Zamboni. E continua “sostanzialmente per noi significava difendere la nostra individualità, la nostra possibilità di scelta , la nostra voglia di esistere , di sceglierci una vita, non pensavamo che potesse essere un percorso così lungo, non ci si pensa mai quando si è giovani. Ma succede che a distanza da allora c’è molta nostalgia di quel gruppo, se ne parla, se ne scrive. Tutte le volte che si presenta una canzone del passato, durante i miei spettacoli è come una fiammata. E coinvolge un pubblico molto vasto che non comprende solo gli ascoltatori appassionati di musica. Alcune canzoni sono diventate ever green per la Siae alla stregua di “Volare” di Domenico Modugno . Questo è un bel segno insomma, le canzoni alla fine vivono indipendentemente da chi le ha create. Girano per la nostra cultura e godono di ottima salute”.

Sottolineo che forse vengono così rimpianti e che c’è motivo di tanta nostalgia perché in Italia un gruppo come loro non c’è più stato “questo non saprei sai, questa cosa è così strana . Noi non abbiamo mai imparato a suonare, a cantare, a fare niente, nasce tutto dal fatto che venivamo da un movimento che era tutt’altro che musicale .Mai nessuno di noi lo avrebbe pensato …forse il segreto è stato proprio questo la nonchalance estrema, inconsapevole da una parte e molto consapevole dall’altra. E’ stata l’addizione dei componenti che ha creato qualcosa di imprevedibile anche per noi in primo luogo”.

Nel libro, l’autore Michele Rossi , scrive che per lui la separazione del gruppo non è stata un deterrente, mentre secondo Zamboni “l’autore è una persona molto intelligente, molto colta e ha modo di collocare storicamente tutto quello che ascolta. Per lui è abbastanza facile collocare i CCCP. E’ chiaro che l’esperienza culturale va avanti continuamente. Quando ho bisogno però di certezze, parola che non mi sta molto simpatica, quando ho bisogno di sapere come andare avanti, mi fa comodo appoggiarmi ai CCCP , perché in questa esperienza ho trovato il succo del mio percorso sostanzialmente, avere la determinazione, avere sempre in mano la propria storia , di rilanciarla continuamente e con indifferenza al successo più o meno momentaneo che poteva derivarne , perché è importante in primo luogo per chi compone (in questo caso parlo di me) questa voglia di rilanciare continuamente , di mettersi in ballo come una volta e cambiare canzoni, cambiare partner. Questo per me è molto stimolante”.

A questo punto, considerato che si parla di una doppia biografia, inizio a introdurre il nome di Giovanni Lindo Ferretti. Nel caso specifico, tempo fa Giovanni Lindo Ferretti aveva parlato dell’esperienza nei CCCP, CSI, PGR come un periodo di malattia dal quale finalmente era guarito. Ma Zamboni conosce perfettamente Ferretti e mi dice con la sua calma monumentale “quando io parlo sono parole che possono essere ascoltate, quando parla Giovanni dice parole che devono essere interpretate, questa è una differenza fondamentale”.

Da qui si capisce anche quanto queste due anime siano diverse , e si comprendono anche i percorsi musicali intrapresi singolarmente ma senza puntare il dito a queste differenze, come ribadisce lo stesso Zamboni “tra noi c’era una base di talmente tanta complementarità, così forte … una volta separati è troppo facile vedere i limiti dell’altro. Io credo che il modo migliore di guardare a questa storia sia di guardarla con estrema benevolenza verso noi, che tutto sommato abbiamo due spalle fragili. Abbiamo fatto un lungo cammino condividendolo con chi ci voleva ascoltare, con chi ci voleva seguire e forse la cosa migliore, proprio la cosa migliore è guardare a questa storia con maggiore benevolenza. Siamo partiti come due ragazzi che volevano cercare di vivere più o meno un sogno, poter costruire una vita, poteva bastare questo”.

Mi spiace insistere su questa differenza, ma gli faccio notare che se il suo percorso musicale segue o almeno affonda e strappa la pelle al passato , mentre Giovanni Ferretti sembra essere… come sorridendo mi conferma Zamboni “completamente dall’altra parte”.

E nel frattempo, le dinamiche della stampa italiana, di come alcuni giornali pseudo cattolici e benpensanti abbiano aperto le braccia alla “conversione” dello stesso Giovanni, sottolineando che questi organi di comunicazione evidentemente non hanno mai ascoltato i CCCP o i CSI. Per cui, come dice Zamboni “questa è una cosa che deve farti molto pensare. Non c’è mai stato un grandissimo cambiamento in Giovanni , quello che si racconta adesso lo è sempre stato. Lui è sempre stato un fervente cattolico, le sue figure femminili per esempio sono sempre state o madre o Madonna”.

Ma il bagaglio culturale che si portavano dietro i CCCP era un bagaglio fatto di protesta, disagio , urlato e portato sui palchi. Gli chiedo se oggi è possibile che una canzone possa riuscire in un qualche modo a smuovere coscienze.
“Credo che chi vive in Italia oggi ha il dovere di avere delle opinioni sotto questo punto di vista , confuse, sbagliate quello che vuoi, però è il momento che ci obbliga ad agire in qualche modo. Io ad esempio in tutti i miei spettacoli lo faccio attraverso le canzoni. Sento molto l’oppressione di questo momento e per questo ho intitolato il mio spettacolo “tira un’aria molto sconsolata”. Dal mio punto di vista avendo una considerevole età, la protesta fatta di urlo, di rabbia o così l’immediatezza non funzionano più. Questo è stato un meccanismo già sperimentato, già passato. Vedere le persone che a 60anni girano con le borchie per sentirsi ancora un attimo giovani non è un problema mio, non potrei mai farlo , ma sto cercando di sperimentare e trovare altri modi che trovo attraverso i miei spettacoli”.

Appunto, parliamo dei tuoi spettacoli “sono cose molto diverse tra di loro. Quello più inaspettato è sicuramente tornare sul palcoscenico con i CSI e cantare canzoni dei CSI. Questa era una cosa quasi impensabile un anno fa. E invece adesso è in atto e continueremo per tutta l’estate con Angela Baraldi alla voce, con la mia voce anche, quella di Giorgio Canali. Che non è un’operazione di nostalgia ma è qualcosa che sta già guardando avanti, ad un prossimo futuro. Poi c’è un altro spettacolo dove ripropongo il mio repertorio e le canzoni scritte da solo, e poi c’è questo spettacolo con Fathur, l’artista del Popolo Italiano, dove cerchiamo di mettere insieme fra teatro e musica il disfacimento della nostra Italia, lo spettacolo della nostra Italia”.

Ritornando alla doppia biografia “Quello che deveaccadere, accade” ti ha fatto piacere insomma: “mi ha fatto molto piacere che Michele Rossi, una persona colta come lui si sia dedicata a noi in questo modo e poi perché comunque non c’è niente da fare. A me fa piacere stare nella stessa pagina di Giovanni Ferretti con tutte le differenze. Anche se non ci vediamo, magari non ci sopportiamo ( non lo so questo avremo modo di verificarlo). Non vi sentite dunque “assolutamente no. L’inseparabilità a me piace molto, perché Giovanni è una persona che mi è entrata dentro, io lo sento come un organo vitale dentro di me. Mi auguro di cuore che sia la stessa cosa anche per lui nei miei confronti , perché sarebbe una grande privazione, una grande perdita se non fosse così. Io so cosa rappresenta lui per me, nel bene e nel male nella miseria come nelle cose più belle comunque mi riempie di serenità da una parte , di agitazione dall’altra e anche di legittimo orgoglio”.

E sulla mia insistenza sul perché non si sentono più Zamboni è breve ma si fa capire molto bene “cara mia siamo persone complesse”. Un tuffo negli anni a quella Berlino che li ha visti nascere sino ad oggi : similarità con il periodo che stiamo vivendo “non direi. In realtà non mi sono nemmeno accorto di essere partiti in quegli anni, non ricordo nemmeno che c’erano i socialisti in Italia. In quegli anni ci furono i disgregamenti dell’Impero Comunista e quello socialista, oggi non pare che ci siano movimenti altrettanto grandi sulla superficie della terra e forse quello che era un fattore in un certo senso una strana forma di equilibrio,e forse la situazione risente di quella mancanza dei due blocchi a cui rifarsi. Non saprei nemmeno dirti di cosa sono fatti questi ultimi anni. E poi non c’è una città paragonabile alla Berlino di allora, era un’atmosfera irripetibile”.

Gli chiedo per curiosità se è interessato a quello che accade nel mondo viste le ultime vicissitudini che riguardano la Russia (questione Crimea): “si un pò come tutti quanti, anche se seguo pochissimo i giornali, non ci riesco più a seguire le notizie. Alla fine non riguardano la vita di queste persone ma riguardano logiche di potere e i nuovi apparati del potere che si vanno a formare”. E se va ancora a votare “No, ma ci sono sempre andato però, sempre . Ho votato a sinistra, però ora non più, perché quel posto è rimasto vuoto”. E rientrando nella sua terra l’Emilia è cambiata o è rimasta sempre uguale? Sorridendo mi dice “è rimasta sempre paranoica (citando Emilia Paranoica) . In questi venti anni è cambiata, è diventata un’Emilia multi-colorata, è una regione di grandissima espansione ,di grandissima apertura di grande intelligenza. Poi abbiamo avuto i terremoti, le alluvioni che sono stati molto pesanti da questo punto di vista e che hanno creato un certo spaesamento, anche per una regione così forte che ancora comunque tiene”.

Ritorno ai CCCP chiedendogli come avvenivano le composizioni delle canzoni “stando così tanto insieme questa unione, questa collettività di vita, musiche e parole uscivano insieme. Non era mai un lavoro progettuale o di studio, sapevamo già di cosa volevamo parlare e come volevamo esprimerlo. Non era un progetto musicale, non eravamo una band”. In giro c’è sempre la convinzione che tutto partisse da Ferretti però “fa parte dello sguardo spiritato del personaggio” dice. E appunto per questo gli ricordo che tempo fa Giorgio Canali disse che ” Ferretti quello che appare oggi è sempre stato da vent’anni e che ci eravamo fatti trarre in inganno dal buco nero dei suoi occhi”.

Puoi spiegarmi questo buco nero negli occhi di Giovanni? “non puoi fare a meno di notarlo, ci sono quelle persone che senti, che hanno una radiazione diversa, che sono capaci di accentrare delle energie che normalmente non si dispiegano. Per come si pone, come si veste, come gesticola, tutto questo fa parte tanto quanto della musica e da questo punto di vista Giovanni è un “soggetto” interessante.”
Mentre nei suoi spettacoli , il discorso è diverso “diciamo che si sente forte molto la presenza di ognuno. C’è un forte dispiegamento di energie di questo tipo, Angela Baraldi ad esempio ha molto presa sul palco. Quando sto da solo o con Fathur sul palco, io cerco qualcos’altro sostanzialmente e do qualcos’altro . Se potessi sparire come corpo lo farei ma non mi è possibile. Un’attitudine giusto per assecondare la mia natura”. E arrivando alle collaborazioni facciamo il nome di Nada “parte poi si interrompe poi riparte, perché abitiamo molto lontani. Stiamo pensando ad un cd da due anni, e cmq i tempi sono molto più dilatati. Lei è più che vulcanica ,io sempre fra spettacoli, cinema, teatro: bisogna trovare il tempo dell’incastro fra di noi”.

Insisto nel chiedergli se non ha pensato di coinvolgere Giovanni Lindo Ferretti in questi suoi progetti “no perché prima c’era un coinvolgimento di vita quotidiana, non mi interessano i progetti di per sé. Se questo tornerà ad essere molto volentieri”.

Sulla scena musicale italiana,invece è lapidario “da questo punto di vista, non so assolutamente niente, non ascolto più niente. Mi piacciono i grandi vecchi soprattutto americani, mi piace la musica che mi capita per caso, ma non ne sento l’esigenza. Un nome su tutti: Neil Young”

C’è chi ha scritto che di chitarristi in giro ce ne sono altri ma che come Giovanni Lindo Ferretti soltanto uno: Giovanni Lindo Ferretti è figura carismatica assai, ma riguardo all’unicità di Massimo Zamboni, beh basterebbe parlarci cinque minuti per capire perché LORO e solo insieme sono potuti essere i CCCP.

Graziella Balestrieri

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