Articolo di Roberta Ghio | Foto di Rossella Mele
Doppia data allo Spazio Teatro 89 di Milano per i Marlene Kuntz che, dopo le experience estive ed il successo del tour autunnale nei club, portano nei teatri il loro progetto Karma Clima, da cui prende il nome il loro ultimo album, il cui focus è il cambiamento climatico:
Ogni canzone declina il tema, senza mai scadere in una dimensione didascalica. Cerchiamo di mantenere un tipo di riflessione poetica su questa tematica molto grave, che sta per fare dei grossi danni al nostro pianeta e a noi. Stolti, che non ci stiamo dando da fare per impedire tutto ciò. Marlene Kuntz prova a fare la sua parte artistica e a suggerire riflessioni.
spiega lo stesso Cristiano Godano durante la serata, sold-out, del venerdì (per sabato 18 marzo pochi i biglietti ancora disponibili).
Quando entro nella sala del locale di Via Fratelli Zoia, percepisco una cosa su tutte: essenzialità. Posti a sedere ben disposti ed ordinati, nessuna distrazione. L’ attenzione va al palco, pronto ad ospitare la band. Unica eccezione, una scritta, che impera sulla scena, in cui si chiede di non riprendere lo spettacolo o parti di esso. “Richiesta lecita” penso. A posteriori, la considero una condizione necessaria, quella del non avere telefoni in mano o davanti, per poter godere pienamente del live, che non è il solito live, e vivere il concerto per come è stato concepito, ovvero, un percorso.
Ma addentriamoci in questo viaggio, diviso in tre atti.
Pochi minuti dopo le 21.00, il buio in sala fa nascere, in maniera naturale, il silenzio che accompagna l’ingresso sul palco degli artisti: Cristiano Godano (chitarra e voce), Riccardo Tesio (chitarre), Luca “Lagash” Saporiti (basso), Davide Arneodo (tastiere e violino) e Niccolò Fornabaio (batteria) che sostituisce l’infortunato Sergio Carnevale. Ognuno ai propri posti, la serata prende il via con un set esperienziale.
Sullo sfondo della scena viene proiettato un film sperimentale, a cura di Lorenzo Letizia, composto da immagini montate dal vivo, riprese durante la registrazione dell’album nei tre luoghi, le tre residenze artistiche che hanno ospitato la band durante la fase creativa del disco: realtà italiane che si impegnano per la sostenibilità ambientale.
Vediamo scorrere lentamente, in maniera da poterne godere e fare nostre, fotogrammi di panorami, paesaggi, alberi, tetti, altalene, alternati a momenti dedicati agli artisti stessi, intenti a comporre, suonare o ad ascoltare. I luoghi che sono stati fonte di ispirazione ed alcuni dei momenti che hanno portato alla realizzazione del disco. A completare questi frames, l’improvvisazione dei Marlene, che sul palco, live, creano suoni, per un’immersione totale in uno spazio indefinito, difficile da descrivere: il mio orecchio, forse condizionato dalla vista, mi fa sentire e mi porta in una foresta, ma è totalmente soggettivo.
Una possibile e personale definizione per questo primo atto – per provare a rendere l’idea – è impressionista: pennellate di suoni (creati anche in maniera non convenzionale) senza un tratto preciso, per una resa di forte coinvolgimento emotivo. Mi guardo intorno e percepisco una sala totalmente assorta e coinvolta. E non vedo alcun telefono.
Il concerto prosegue con la seconda parte, ovvero, l’album Karma Clima, suonato in sequenza, traccia dopo traccia. Se pur i brani e gli arrangiamenti sono quelli conosciuti attraverso il disco, l’esperienza è inusuale. Il palco è immerso nel rosso. E lo sarà per tutta la durata del set. Nessuna battuta, nessun racconto o introduzione da parte di Cristiano, di cui conosciamo e apprezziamo l’arte oratoria, nonché la conoscenza e la cultura.
Non dice nulla, non una parola, solo qualche “molte grazie”. Il pubblico è lasciato “solo”, o meglio, “totalmente libero” di vivere i brani e muoversi nelle riflessioni che ognuno di essi porta, senza condizionamenti, interruzioni o distrazioni. A guidare: le canzoni. La reazione da parte della sala è forte. Un silenzio che si può toccare ed un rispetto quasi religioso verso quello che si sta ascoltando. C’è chi, come me, non riesce a trattenersi e, timidamente, tiene il tempo con la testa o con qualche movimento del corpo, ma vedo diverse persone chine, con la testa tra le mani, intente nell’ascolto e nell’interiorizzazione. È un’esperienza.
Il fatto che abbia descritto una sala “fisicamente ferma”, che sublima un brano via l’altro, non tragga in inganno: dal palco l’energia è totale, non solo per le note, frutto di sapienti fusioni tra acustico ed elettrico, una ficcante batteria e i molti colori di Davide, ma per come sono vissute: Cristiano si conferma una forza rock, sempre elegante e al contempo appassionato e indomito. E i suoi compagni di palco non sono da meno. Anche l’energia che arriva si può toccare.
Ascoltiamo così, tutto di fila, in un attenta e costante ricerca di suoni, da La Fuga a Vita su Marte, passando per Lacrima e Scusami più arrabbiata e con più rumore rispetto alla versione registrata. Ritroviamo le ragazze dell’Associazione Guanti Rossi, già conosciute in precedenti occasioni che cantano, insieme al frontman, Laica Preghiera, Vita su Marte e, a chiusura del set, L’aria era l’anima, nel linguaggio dei segni, per uno spettacolo inclusivo.
Via il rosso, luci chiare color ghiaccio per la terza ed ultima parte, che si apre all’insegna della potenza. Osja, amore mio contraddistinta da un’intensità e da una forza che tramortisce, è da schiaffi in faccia per tutto l’amore che sprigiona. Si prosegue sempre carichi con L’abbraccio, per poi fare piccoli respiri su Fingendo poesia.
A seguire un trittico di brani iconici, pilastri della discografia dei Marlene, che ascolto, per la prima volta, spogliati rispetto alle versioni che ho nei miei ricordi: La canzone che scrivo per te, dall’intro elettrico-Riccardo e acustico-Cristiano, Nuotando nell’aria e Musa mi appaiono, per la prima volta, nude. Con tutta la potenza che ne consegue: sotto questa (non) veste, hanno una verità differente. Tanto il lavoro di Arneodo, le incursioni di Tesio o il dialogo tra Lagash e Fornabaio, per questa resa. Godano preciso e chirurgico, con la sua voce e i suoi gesti fa penetrare ogni suono, ogni parola.
Ci si avvia al finale con Paolo anima salva, dalla resa piena e Ti giro intorno che termina momentaneamente lo show. Al rientro sul palco, Grazie, con tanto di bacchetta tra le corde, chiude il concerto all’insegna dell’elettrico.
Un percorso coraggioso, concettuale, intimo e al contempo, potente, sia per quello che i Marlene vogliono trasmettere, sia per le forme di comunicazione utilizzate. Un live non facile e non per tutti: solo se si dà fiducia e ci si lascia guidare senza condizionamenti, si riesce a godere pienamente di questo spettacolo che, come si evince, è frutto di tanta ricerca ed è di altissimo valore. Il suono è il loro, l’impronta digitale è la loro, l’ascolto è nuovo. La risposta del pubblico in sala è di totale apprezzamento. Non poteva non essere così.
Quando mi avvio verso casa ed elaboro questi pensieri, mi soffermo sul ruolo degli Artisti: persone che con la loro arte, visione e sensibilità, provocano in noi una emozione che ci conduce e ci spinge verso la conoscenza di nuove realtà e nuovi noi. L’ arte ci eleva. E grazie ai Marlene Kuntz che da oltre 30 anni ci contaminano e ci guidano con il loro essere.
Una nota sugli smartphone: verso la fine, qualche timido occhiolino qua e là, è spuntato. Impercettibili. In giorni in cui il Sig.Dylan e il suo team annunciano regole ferree in merito all’utilizzo durante i concerti del menestrello di Duluth, mi piace constatare che, se i tuoi fan ti amano e si fidano…basta chiederlo!
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MARLENE KUNTZ – La setlist del concerto allo Spazio Teatro 89 di Milano
Prima parte:
Film Sperimentale
Seconda parte:
La fuga
Tutto tace
Lacrima
Bastasse
Laica preghiera
Acqua e fuoco
Scusami
Vita su Marte
L’aria era l’anima
Terza parte:
Osja, amore mio
L’abbraccio
Fingendo la poesia
La canzone che scrivo per te
Nuotando nell’aria
Musa
Paolo anima salva
Ti giro intorno
E poi il buio
Encore:
Grazie