Reportage Live

I THE LUMINEERS riportano a Milano quel folk poetico e scanzonato che solo loro sanno fare

Unica data italiana all’Unipol Forum per il World Automatic Tour 2025. Una occasione per rivedere sul palco abili musicisti, capaci di giocare con gli strumenti e con le sfaccettature del genere, divertendo ma sopratutto divertendosi.

The Lumineers in concerto all'Unipol Forum di Milano foto di Martina Fiore per www.rockon.it

Articolo di Silvia Cravotta | Foto di Martina Fiore

Ci sono band che sul palco risultano più oliate di quanto potrebbe essere un meccanismo svizzero, considerato sinonimo di perfetta sincronia. Come i The Lumineers, tornati a Milano a due anni dall’ultimo concerto in occasione del tour mondiale per la presentazione di Automatic, quinto album in studio uscito nel febbraio scorso. Unica tappa italiana del percorso partito da Vienna lo scorso 23 aprile e che si concluderà a Dublino, a fine maggio, per poi riprendere a luglio in direzione Stati Uniti.

Il loro ritorno era atteso e ha lasciato il segno in un Unipol Forum dove non si vedeva un posto libero. Il duo formato dagli americani Wesley Schultz e Jeremiah Fraites, ormai vent’anni fa, ci ha riportato, per una sera, tra le mille pieghe del suo indie folk rock. Insieme a loro, l’inseparabile band di polistrumentisti che da anni ormai li accompagna in live caratterizzati da un grande divertimento, una esecuzione decisamente energica e quella perfetta sincronia di cui si parlava all’inizio. Ma ci arriveremo tra poco.

L’arrivo al Forum è straniante perché dentro c’è un silenzio surreale, nonostante il pubblico cominci a occupare i propri posti. Gli astanti sono più giovani di quanto ci si potesse aspettare e anche quelli più âgée sembrano portare particolarmente bene i loro anni. Ma l’atmosfera è decisamente bella e rilassata (merito anche del ponte).

Mentre stanno per scattare le 19.45 sull’orologio, sale sul palco Michael Marcagi, from Cincinnati, Ohio. Giovane songwriter americano, dalla faccia e dalla voce pulita, ha all’attivo un EP pubblicato con Warner, American Romance. Sul palco milanese, “per la prima volta” come sottolinea lui stesso, porta le canzoni che ne hanno fatto una delle promesse da tenere d’occhio: dalle recenti Good Enough e Follows You, a Scared To Start, che lo ha fatto conoscere grazie anche al successo ottenuto su Tik Tok. E nel parterre trova una buona fanbase, composta probabilmente da utenti del social cinese, pronta ad applaudirlo.

Con il cambio palco escono fuori per primi tutti gli strumenti che la band si passerà di mano in mano durante il concerto. Poco dopo le nove sarà il turno dei musicisti, anticipati da un video con una musicassetta che dà vita a scritte e forme di vario genere, compreso il monoscopio anni ’80 (ricordate l’immagine a bande colorate che compariva sui televisori analogici?), quello della cover dell’ultimo album. Primo della fila è Schultz, indimenticabile con due trecce da vichingo e un abito rosso che a distanza sembra essere raso. Dietro di lui, in posizione batteria, Fraites, in canonica maglietta bianca e bretelle.

The Lumineers in concerto all’Unipol Forum di Milano foto di Martina Fiore per www.rockon.it

L’attacco è lasciato, come da programma, a Same Old Song, primo singolo uscito del nuovo lavoro. Lanciata dal ritmo concitato della batteria, a cui si aggiungono pianoforte e basso, che accompagnano perfettamente il cantato, questa canzone è già diventata uno dei loro inni. Questo nonostante la voce struggente di Schultz che racconta di dolore e fallimento, come l’SOS con cui viene abbreviato il titolo della canzone. Una richiesta d’aiuto decisamente potente.

Flowers In Your Hair resta bellissima anche in versione live, purtroppo altrettanto breve quanto quella in studio, ma sempre con quella piacevole sensazione di leggerezza che si porta dietro. D’altronde succinto non significa meno efficace, e i The Lumineers lo sanno bene. Submarines dal vivo perde un po’ di quel sound da canto di lavoro di marinai ma mantiene lo stomp che la caratterizza, con archi, pianoforte e chitarra ad accompagnare il pianoforte suonato da Schultz.

The Lumineers in concerto all’Unipol Forum di Milano foto di Martina Fiore per www.rockon.it

Comincia qui, dalla terza canzone, la carica di Stelth Ulvang, a cui va una menzione di merito. Perché, oltre a passare da uno strumento all’altro, come fanno tutti – ma proprio tutti – i membri della band, si prende anche il compito di anima della festa. Perennemente scalzo, salta qua e là, applaude con il pubblico in piedi sulle tastiere, finisce la serata con una verticale sul pianoforte che sembra durare all’infinito mentre intorno la musica tace e il pubblico tiene il fiato sospeso. Voto: dieci.

Lui è uno degli ingranaggi di quel sincronismo perfetto di cui si parlava. Guardare i The Lumineers esibirsi equivale a vedere quegli orologi di piazza dove figure di legno si muovono perennemente, incrociando i loro percorsi senza mai scontrarsi. Continui spostamenti singoli e di gruppo, continui scambi di strumenti da un musicista all’altro, un palco che non sta mai fermo e dove tutto sembra calcolato al millimetro, ma con grande naturalezza e spontaneità.  

Il ritornello ripetuto della ballad You’re All I Got, con il suo immancabile falsetto, è accompagnato dalle torce dei cellulari mentre WHERE WE ARE con il suo “I don’t know where we are/but it will be okay” pieno di speranza fa ondeggiare all’unisono tutte le braccia presenti al Forum, in un momento di amore totale che coinvolge tutti. Mood: peace & love, targato anni Sessanta. Asshole con il suo ritmo lento e il suo testo divertente la cantano tutti, così come A.M. RADIO, potente grazie ai suoi accordi di pianoforte e chitarra. “Long as you run / I couldn’t give you up” non si può non cantare tutti insieme, mentre un cielo stellato scorre in verticale dietro la band.   

Questo concerto è una lunga strada fatta di 27 tappe, brani presi dal nuovo album ma anche da tutta la produzione precedente. Sentendoli uno alternato all’altro spicca ancora di più come i The Lumineers abbiano mantenuto intatta la loro anima folk rock, con un sound scarno e rustico che si accompagna a un songwriting intelligente e poetico, fatto di testi con tante texture e temi che ci rimandano inevitabilmente all’oggi, dalla difficoltà delle relazioni, a quella di trovare un equilibrio tra noia e sovrastimolazione, fino a dipendenze come quelle da psicofarmaci e alcol. La facile definizione di “Mumford & Sons americani” è decisamente superata.

The Lumineers in concerto all’Unipol Forum di Milano foto di Martina Fiore per www.rockon.it

Il pubblico apprezza e loro lo sentono, e lo dicono. Fraites approfitta dell’occasione per sfoggiare la conoscenza della nostra lingua (d’altronde vive a Torino con moglie italiana) e per fare gli auguri di buon compleanno al figlio, che è tra il pubblico. La pacatezza di Donna (ancora una canzone con un nome femminile, come tante del loro repertorio) viene travolta da Ho Hey, con i musicisti tutti davanti sul palco e il pubblico tutto in piedi. Ci vuol poco a immaginare l’ovazione che accompagna il brano che nel 2012 è detonato in tutto il mondo, regalando improvvisa notorietà al duo che lavorava insieme già da sette anni, prima a New York e poi a Denver.

Il resto del concerto è accompagnato da momenti che vanno segnalati: per BRIGHTSIDE Schultz scende nel parterre e lo attraversa cantando, abbracciato da due ali di folla che canta e riprende con il cellulare, mentre per Sleep On The Floor è il momento di una esplosione di coriandoli dorati. Dopo il canto corale di Gloria e il malinconico andare di So Long, con il suo ritornello struggente, segue una splendida versione di Salt And The Sea, con Fraites e Schultz insieme al pianoforte. Dopo essere stati cullati da “you’re all I got”, che torna nell’intimista e delicata Keys On The Table, è il momento di Charlie, una canzone che – sottolinea Schultz – non eseguono spesso. Sul palco torna Michael Calargi, attorniato dal mandolino di Fraites, dal violino di Lauren Jacobson (deliziosamente di verdi paillettes vestita) e dalla chitarra di Brandon Miller, che suonano più che mai come se fossero un unico strumento. Dietro di loro anche Byron Isaacs, con il suo basso.

The Lumineers in concerto all’Unipol Forum di Milano foto di Martina Fiore per www.rockon.it

E si continua. Per Slow It Down, Schultz è completamente solo sul palco, senza giacca e con solo una chitarra. Solo a metà si innesta Fraites, con tamburello e tamburo. La voce rotta di Schultz in Automatic, title track del nuovo album, viene accompagnata da Fraites al pianoforte, quello stesso su cui il cantante si sdraierà mentre tutto il Forum canta a squarciagola Ophelia. Per Leader Of The Landslide c’è uno snippet di You Can’t Always Get What You Want mentre Ativan vale un discorso dal palco, il tema è forte e vale per gli psicofarmaci ma anche per tutte le droghe di oggi. Il tutto narrato in un crescendo di pianoforte con una voce leggera e tentatrice (quella appunto di ciò che dà dipendenza). Big Parade, con la sua giostra dorata sullo sfondo e il suo ritmo da marching band, è il momento perfetto per presentare tutti i membri del gruppo e far cantare a ognuno di loro un pezzo del brano.

Niente encore, si va di filato fino alla fine con REPRISE, Cleopatra e Stubborn Love. Tutte amatissime, tutte cantate dal pubblico, che per Cleopatra canta l’attacco da solo, prima che segua Schulz accompagnato solo dal violino. Lui apprezza e ci tiene a dirlo. Ma, dopo quasi due ore di concerto, è ora di chiudere e salutare, tra l’entusiasmo del pubblico. La grande lezione del folk americano è stata servita anche stavolta.

Clicca qui per vedere le foto del concerto dei THE LUMINEERS all’Unipol Forum di Milano (o scorri la gallery qui sotto)

THE LUMINEERS: la scaletta del concerto all’Unipol Forum di Milano

Same Old Song
Flowers In Your Hair
Submarines
You’re All I Got
WHERE WE ARE
Asshole
A.M. RADIO
Plasticine
Donna
Ho Hey
Angela
BRIGHTSIDE
Sleep On The Floor
Gloria
So Long
Salt And The Sea
Keys On The Table
Charlie
Slow It Down
Automatic
Ophelia
Leader Of The Landslide
Ativan
Big Parade
REPRISE
Cleopatra
Stubborn Love

2 Comments

  1. Anne

    29/04/2025 at 14:03

    Ciao Martina, da fotografa professionista da oltre 20 anni permettimi di dire, dopo aver visto vari reportage dai concerti, che hai un ottimo potenziale ma hai davvero tanto da imparare per emergere dalla massa. Usa queste occasioni per parlare con chi lavora in questo ambito da tanti anni, chiedi consigli sulle impostazioni che hanno dato i risultati migliori, su come lavorano in post e come riescono a immortalare il carisma degli artisti nel migliore dei modi. Attualmente i tuoi scatti, non offenderti, non si distinguono tecnicamente e artisticamente da quelli dei semplici fan che si dilettano con smartphone di buona qualità. Ho visto tanti fotografi nel campo della musica qui all’estero arenarsi senza migliorarsi perché convinti di essere già ‘arrivati’ o non avere il coraggio di chiedere consigli, non fare lo stesso errore.

  2. Tommyvic

    30/04/2025 at 19:44

    hi

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