Reportage Live

I MASSIVE ATTACK a Milano sono un’istantanea dolorosa e necessaria dell’eterno presente.

I Massive Attack ci offrono uno spettacolo crudo e necessario e si confermano gli ultimi superstiti di una potente avanguardia culturale. Una delle pochissime formazioni che operano ancora nello spirito autentico del post-punk mentre questo diventa un’etichetta da esibire, loro ne incarnano ancora lo spirito originario.

Massive Attack in concerto al Parco della Musica di Milano foto di Martina Fiore per www.rockon.it

Articolo di Serena Lotti | Foto di Martina Fiore

Due le file di auto che si dirigevano verso Linate ieri sera. Una era quella dei vacanzieri pronti a volare verso le agognate destinazioni di vacanza, una quella dei fan dei MASSIVE ATTACK che si sono riversati copiosi nell’afosa brughiera segratese alla volta di questa nuova location: Parco della Musica di Milano (PMM) un progetto di Unipol Arena al suo debutto proprio ieri. PMM, pensato come rassegna musicale alternativa nel panorama milanese, si srotola in un’area verde di 70.000 mq e oltre ai concerti ha a cuore di offrire uno spazio gratuito per attività culturali e di intrattenimento, con punti ristoro cashless: un ambiente accessibile, sostenibile e socialmente coinvolgente.Sono stati proprio i Massive Attack a inaugurare questo spazio e a dare il via a questa rassegna internazionale che ospiterà tra gli altri The Who, The Smashing Pumpikins, Nine Inch Nails.

Chi conosce bene gli iconici musicisti di Bristol, padri del trip-hop sa che non sono mai stati una band convenzionale. Da sempre artefici di un sound system post-punk, nato nel tessuto sociale underground della Bristol degli anni ’80, Robert “3D” Del Naja e Grant “Daddy G” Marshall sono una band che fonde chitarra, basso, batteria e campionamenti in una sintesi unica. I Massive Attack sono un meshup perfetto delle sottoculture musicali bianche e nere, rielaborate in una forma di pop radicale e di frontiera, sempre in bilico tra ipnosi e raziocinio.

Un’idea di sound iperevoluto che affonda le radici nei party punk-reggae della fine degli anni ’70 e che ha saputo trasformarsi in qualcosa di ancora più tentacolare e complicato. Da sempre comunicatori raffinatissimi attraverso linguaggi sonori ipnotici e simbolici, nel live di ieri sera hanno fuso egregiamente estetica musicale e impegno politico e sociale attraverso un’esperienza multisensoriale che ha unito musica e visual art. La necessità di trasmettere messaggi forti e urgenti si è tradotta in manifesti politici veri e propri: dalla condanna degli orrori in Palestina alla critica di un sistema economico globale sempre più sperequato, dove la ricchezza si concentra nelle mani di pochi.

L’opening act è un potente video documentario che mostra le atrocità a Gaza, proiettato su uno schermo enorme; l’impatto visivo è immediato e crudo e stabilisce il tono di un live in cui l’impegno politico e sociale sarà parte della narrativa, intrinsecamente legata alla musica. Guerra, manipolazioni, propaganda, big data, dolore. Stasera va in scena un dizionario della crudeltà.

Veniamo accolti nel cyberspazio inclusivo dei Massive Attack dove non trova licenza solo la denuncia contro le violenze in Medio Oriente: sullo schermo scorrono immagini e dati che raccontano le sofferenze del popolo in Congoe Ucraina, dalle dinamiche nebulose dietro l’accumulo di dati a fini commerciali fino alla manipolazione sistematica operata da media e politica per distogliere l’attenzione del pubblico quello dei Massive Attack è un manifesto sulla crudeltà dell’umanità contemporanea, dei vinti e dei vincitori, dei sommersi e dei salvati.

Il sovraccarico visivo e sonoro dello show è scioccante, destabilizzante, crudo. Ci sono menzioni a celebrità internazionali e italiane, gossip di basso livello, frivolezze, fumo negli occhi: una netta denuncia contro i media che anestetizzano il pubblico distratto mentre popolazioni intere muoiono in guerre dimenticate. In alcuni momenti le immagini sovrastano tutto e sembra quasi che la band assurga a funzione secondaria, ovvero essere la colonna sonora di un dolore globale. Ma è proprio questo il punto. Lo show è mezzo, è canale. Non intrattenimento, ma testimonianza. Il testo, uno stream of consciousness senza soluzione di continuità, martellante, violentemente didascalico, presenta l’impegno di essere interamente in italiano anche se avrebbe meritato un proof reading in più, tantissimi i refusi e gli errori.

Il live non è solo un capolavoro immersivo e tridimensionale: a scandire tempi e suoni è una colonna sonora distopica dai loop infiniti, inondata da groove dub robustissimi, doppie batterie sincronizzate e linee di basso talmente potenti da coprire i boati degli arei che decollano sopra di noi. I Massive Attack mettono in scena una versione iper-tecnologica del punk: un ibrido tra musica, attivismo politico e arte visiva. Non si accontentano più di campionare suoni: campionano la realtà stessa, proiettandola violentemente sul pubblico.

I back in the days per noi della GEN X si susseguono: sono i cliché autodistruttivi del rock degli anni 90 a farci inumidire gli occhi, dalle stoccate emotive di Inertia Creeps, all’ipnotico grembo materno a cui tutti sognamo di tornare di Teardrop (con una Liz Fraser in stato di grazia) fino a Angel con Horace Andy che a 74 anni ha la voce un pò affaticata ma sempre sensualissima e suadente, fino a Black Milk e Risingson altri momenti mistici.

Ogni brano è una stanza a sè, un micromondo pieno di strutture evocative: i Massive Attack cambiano di continuo suoni, texture, arrangiamenti ma sono capaci di dare vita ad uno spazio giusto e coerente all’interno del quale si muovono elementi in continua trasformazione, elementi cupi e crepuscolari che ci tengono per mano mentre attraversiamo l’oscurità, mentre ne esploriamo la profondità. Il loro dub oscuro e sinuoso taglia e ricompone il disastro in cui siamo immersi fino al collo. In un’epoca dominata da conflitti infiniti e brutalità sistemica, i cattivi non solo hanno preso il controllo (sullo schermo Trump, Musk, Netanyahu), ma lo hanno raso al suolo e violentato. Eppure, i groove densi e pulsanti che accompagnano la serata riescono a offrire un conforto straniante, un appiglio nell’isteria del nostro tempo mentre il pubblico fischia alla vista di questi villains, tutti uniti nel gridare “Gaza libera”.

Brani storici trasformati in pura grandezza orchestrale, carichi di riff distorti e doppie batterie (quelle di Inertia Creeps colpiscono con una forza incredibile) danno luogo a una dancehall tenebrosa, elettrica, fatta di dissonanze che sono pallottole di dissenso e futurisismo: il tutto punteggiato da suoni stratificati e iper struturati che per i Massive Attack restano naturalmente il loro linguaggio più efficace.

In 90 minuti Robert Del Naja e Grant Marshall ci hanno mostrato senza sforzo il significato più profondo della musica: rimanere fedeli alle proprie radici, ma al contempo elevare le opere registrate a nuovi livelli, facendo del palco un luogo di trasformazione politica e spirituale.


Va in scena la necessità di una coscienza sociale in un’epoca dominata dall’egoismo e nel contempo una celebrazione del groove misterioso, della forza mistica del basso, dalla rielaborazione sonora del dub giamaicano il tutto riletto con una lente profondamente britannica. La band di Bristol ci insegna che la musica può può non essere semplice estetica musicale, ma un impulso creativo, una continua spinta alla trasformazione che abbraccia cultura, società, politica e valori.

In scaletta anche delle cover strepitose: un’inedita reinterpretazione di Rockwrok degli Ultravox, punteggiata da punk e dissonanze e Song to the Siren di Tim Buckley, già carica di significato e qui elevata a rituale collettivo da una Liz Fraser immensa.

I Massive Attack ci hanno dato musica, esperienza e consapevolezza ma non ci hanno dato risposte facili, costringendo noi stessi a cercarle. E nel farlo, hanno trasformato la loro musica in un mezzo di riflessione collettiva, di espressione libera, di bellezza brutale. Forse salvifica, forse no. E la speranza che ancora, nel mezzo del caos, ci sia spazio per una rivoluzione. Silenziosa, ma implacabile.

Clicca qui per vedere le foto dei MASSIVE ATTACK in concerto a Milano (oppure sfoglia la gallery qui sotto)

MASSIVE ATTACK: la scaletta del concerto di Milano

IN MY MIND (Gigi D’Agostino Cover)
RISINGSON
GIRL I LOVE YOU
BLACK MILK
TAKE IT THERE
FUTUREPROOF
SONG TO THE SIREN (Tim Buckley Cover)
INERTIA CREEPS
ROCKWROCK (Ultravox Cover)
ANGEL
SAFE FROM HARM
UNFINISHED SYMPATHY
LEVELS (Avicii Cover)
GROUP FOUR/IN MY MIND

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