Foto di Giorgia De Dato | Articolo di Andrea Forti
È un lunedì sera ventoso a Milano, come accaduto di rado recentemente. L’atmosfera fuori dal Fabrique è più autunnale che primaverile, e fa specie pensare che dentro al locale andrà in scena una tappa denominata “Andy’s Beach Club World Tour”, ma quando si parla di Anderson .Paak è ovviamente istantaneo fare riferimento alle atmosfere da spiaggia della sua California. E l’ambiente all’interno è a sua volta molto caldo, frutto di settimane di sold out che hanno fatto aprire anche la parte della sala tipicamente chiusa.
Entriamo con Tayla Parx già in scena, che non raccoglie la nostra attenzione un po’ per nostra ignoranza sull’artista, un po’ per quel suono parecchio simile a Janelle Monae che ce la fa perdere al confronto in originalità e temperamento. La rivedremo comunque più avanti con l’esibizione dell’headliner, senza che ce ne dispiaccia.
Per chi scrive l’esibizione rappresenta la seconda visione nel Paese: la precedente, coincisa con la sua prima apparizione in Italia, si è svolta due anni fa nella splendida cornice del Teatro Romano a Verona – altro sold-out – e rappresenta per quell’anno la più bella cosa in musica osservata in una qualunque venue.
Bissare la performance potrà essere difficile, ma non impossibile vista la stoffa artistica e l’ultimo disco Oxnard, che presenta comunque pezzi interessanti come Who R U?, partita a breve distanza dall’opener The Chase, che rappresenta il punto di non ritorno: da lì in poi rimanere fermi è risultato praticamente impossibile, i corpi irresistibilmente coinvolti ondeggiavano involontariamente anche sulle persone più glaciali.
Paak si conferma artista a 360°: perfetto batterista (e tenere il tempo mentre si canta è roba da pochi, specialmente su basi hip-hop/rnb), vocalmente eccelso, sensuale nelle movenze ma la cosa qui più gradita rimarrà sempre l’abilità nel rappare, testimoniata subito da una Milk N’ Honey veloce e affilata come una lama di un pugnale. Il set prosegue focalizzato su Oxnard e dobbiamo aspettare fino a quasi metà esibizione per sentire la prima canzone da Malibu, quell’Heart Don’t Stand A Chance accolta immediatamente dal coro del pubblico del ritornello che la apre, e che ci pare comunque di un altro livello rispetto a quasi tutto ciò che abbiamo sentito prima. La selezione da quel lavoro è il cuore della seconda parte del set, con brani come Put Me Thru e Come Down a fare da apertura e chiusura a Tints, attualmente forse il brano più famoso, reso perfettamente anche senza Kendrick Lamar.
L’encore con Am I Wrong seguita da Lite Weight, prima del solito omaggio a Mac Miller con Dang! è il saluto perfetto per quella prova ma che, con un pizzico di nostalgia per Verona, ci fa ritornare in mente a ciò di speciale che è stato coscientemente escluso (tra cui The Bird, una ferita mica da poco) da Malibu che non ritroviamo nell’ultimo, e che poteva farci gridare ancora una volta al miracolo, senza fermarci alla “sola” ovazione.
Clicca qui per vedere le foto di Anderson Paak a Milano (o sfoglia la fotogallery qui sotto).
ANDERSON .PAAK: scaletta del concerto di Milano
The Chase
Who R U?
Bubblin’
Milk n’ Honey
Glowed Up (Kaytranada cover)
6 Summers
Saviers Road
Smile (with trumpet solo at the end)
Heart Don’t Stand a Chance
Beauty & Essex (The Free Nationals cover)
Anywhere
Might Be
The Waters
Trippy
Put Me Thru
Suede (NxWorries song)
Come Down
Tints
King James
Encore:
Am I Wrong / Lite Weight
Dang! (Mac Miller cover)