Ispirato per il suo nome d’arte ad un brano di Cave, Saint Huck, al secolo il chitarrista Livio Lombardo (Mapuche/Fraulein Alice) licenzia un suo nuovo lavoro solista, Broken branches, nove tracciati color piombo, pop, indie, intimità scalena, un songwriting malinconico, geometricamente inafferrabile, un complex di chitarre, mandolino, farfisa, clarinetto, contrabbasso, derive e approdi fluttuanti che si accavallano come in un amore lussurioso.
Decisamente un disco out borders, uno di quei prodotti che non amano la massa ma si dirigono unicamente verso la passionalità nuda e cruda dell’ascoltatore emozionale, quel senso magistralmente asettico, fuori riga e anarchico, anima stessa di un artista – Saint Huck – che non ha ancora smarrito il sacro fuoco della libertà espressiva e che piano piano la svela, ma che la fa sentire come fosse l’accezione di una intimità da condividere con pochi.
Praticamente un indie tutto, incasellabile, un quadro sonoro metafisico, anticipatorio di nuove formule, piacevolissimamente “strambo” e che nell’ossimoro ghiaccio/tiepido trova la sua giusta nicchia, poi brani come la lunarità sospirata Christine, la spennata aperta e annoiata Hangover, il mex stranito e Calexicoano Glory Not Found o l’astrattismo di fiati Reef, trovano subito posto in un angolo allargato del piacere.
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