“Argonauta”, tredici brani, quarantadue minuti, tre anni di attesa, tre anni di concerti, registrazioni, pause, il ritorno, il terzo album, semplicemente suonato, vissuto, emozioni e ancora emozioni (onore a Lucio Tirinnanzi per i testi) che ti leccano il cuore, ti bagnano il cuore, ti leccano le guance, ti bagnano le guance, ti spaccano le gambe, ti tagliano in due, sputano sangue, la Passione di Cristo secondo N_Sambo, La Passione di Cristo diretta e musicata da N_Sambo, prego aprire il Devoto-Oli e cercare sotto la voce maturità, totale però, menù fisso a prezzo fisso, i Floyd liquidi di “Meddle” sullo sfondo (“Milky way”), una manciata di caramelle allucinogene a colazione (“Tribù femi gu”), il noise come grassa, succulenta, variante (“Astropirati”), l’elettronica momentaneamente in soffitta. “Argonauta”, nessun alibi, dall’intro (“Lancio) al finale (“Supernova (parte II) )”, dalla cover paesaggistica al maestoso spessore della scrittura di una penna eccelsa, tutto rimane sospeso, tutto è sospeso, come un viaggio senza fine tra i mari italiani dell’indie-rock contemporaneo e non. “Argonauta”, si chiama N_Sambo, silenzio.
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N_Sambo ha la neve negli occhi. Il sole nella bocca. Il vento nella testa. I piedi nell’acqua. Le braccia penzolanti, le mani in tasca,...