“SMAiLA”, il terzo disco, trentotto minuti, quindici tracce, Dani Male e la sua band, Dani Male e la sua camera, ora più grande, ora più importante, definita, arredata e completa (Paolo Pugliese alle tastiere e Roberto Morselli alla batteria), l’uomo materasso, il clown del non-sense, il punk senza cresta, la cresta senza il punk, la camicia di flanella, gli Hüsker Dü nel bagno, Syd Barrett nella testa, i Pixies sulla pancia, ora et labora, le pantofole sull’acceleratore, il pop’n’roll con il pigiama, allegria, il ragù sulla canottiera, il pop’n’roll in chiave lo-fi, bolle di sapone, lo scazzo all’infinito, le dita nel naso, il cazzeggio di classe, il cazzeggio con classe, “SMAiLA” è un concentrato di chitarre, di coloratissime canzonette, di pugnette compulsive, di pastelli a cera, di funghi porcini allucinogeni, la più grande presa per il culo dopo il Big Bang, una gigantesca esplosione di pop corn al cioccolato (“Iggy”, “Syd”), hard-(pop)core (“Semaforo”, “Ultimo desiderio”), la marcia su Modena con sua Maestà Freak Antoni, Kurt Cobain era Gesù Cristo, coriandoli tra i capelli, le mutande in testa, le mani fisse sul cazzo, la testa fissa sul cazzo, guardati sei tutto sporco lì.
Dani Male al terzo album, “SMAiLA”, il terzo comandamento, ricordati di santificare le feste, ricordati di santificare il pop, ricordati di santificare il lo-fi, dimenticati Bugo, ricordati di santificare Dani Male.