20149 – Milano è il nuovo singolo dei The Ghibertins. Primo estratto, nonché parte centrale di “The Life & Death of John Doe” concept album di prossima uscita, rappresenta il momento preciso in cui il protagonista del disco tocca il fondo.
Con un sound ispirato agli anni ’80, tra una ritmica incalzante ed una massiccia presenza di synth analogici, la rabbia e il disorientamento del protagonista prendono il sopravvento, sino a raggiungere la catarsi durante lo “special”, una sorta di requiem che precede uno stato di rassegnazione in cui il personaggio accetta senza remore il suo destino.
Scrivere “20149-Milano” è stata davvero una sfida. Più ci provavo e più fallivo. Ero finito in un baratro, lo stesso baratro in cui volevo relegare il protagonista dell’album. Mentre la band era al lavoro sull’album, partii per un viaggio in solitaria a Guangzhou, Cina. Dopo un paio di settimane incominciai a maturare un certo senso di alienazione. Non è facile sentirsi “speciale” in una città da 15 milioni di abitanti. Alessio Hofmann, THE GHIBERTINS
Conosciamo meglio i The Ghibertins, una band indie rock milanese che spazia dal folk rock all’elettronica, dall’alternative al cantautorato americano.
1. “20149- Milano” è un brano diretto e travolgente, nato tra la Cina e l’Italia. Com’è stato crearlo?
È stata davvero una sfida. Il brano tratta il tema dell’abbandono e della caduta fisica e mentale del personaggio fittizio dell’intero album che, con questa canzone, tocca il fondo e si ritrova completamente solo.
Sono argomenti che fortunatamente non ho mai dovuto vivere e per immedesimarmi nel personaggio ho dovuto sfruttare un momento di forte alienazione che ho vissuto mentre ero in Cina.
2. Ci sono forti richiami a un sound anni ’80. Quali sono i vostri punti di riferimento di quegli anni?
In realtà nessuno di noi ama particolarmente quel decennio. Ci è sempre piaciuto mischiare generi diversi con quelle che sono le radici “folk” della band.
Questa canzone è l’evoluzione di un percorso ed è di fatto il primo singolo in cui non è presente la chitarra acustica.
3. Il vostro album in uscita “The Life & Death of John Doe” si preannuncia come un disco molto ambizioso. Ci potete anticipare qualcosa?
Sarà un disco all’apparenza molto frammentato ma con un filo conduttore ben preciso che svilupperà generi diversi pur mantenendo quello che è il nostro stile.
Dal concepimento del personaggio (Intro) fino alla sua morte (Outro) speriamo di riuscire a portare in questo viaggio chi ci darà il privilegio di ascoltare il nostro album.
4. Quanto è difficile farsi strada in Italia per una band come la vostra che decide di cantare in inglese?
Non è difficile: è praticamente impossibile. In più aver voluto scrivere un concept album in un momento storico di “Fast Food musicale” rende tutto ancora più complicato.
D’altro canto l’idea di portare all’estero la musica Italiana è un’idea che ci piace molto e ci responsabilizza. In pochi ci sono riusciti.
5. In passato avete suonato molto dal vivo, aprendo anche molte band internazionali. Adesso che inizia a vedersi una luce in fondo al tunnel di questa pandemia, che aspettative avete?
Onestamente, molto poche.
Ci saranno un sacco di band arrabbiate che non vedono l’ora di farsi finalmente ascoltare.
Booking e promoter sgomiteranno per piazzare il loro roster a quei pochi locali che ce l’hanno fatta e sono sopravvissuti.La competizione era elevatissima già prima della pandemia. Adesso sarà feroce.
Vedremo cosa succederà. Siamo ancora un po’ frastornati, ma la voglia di suonare e tirare fuori le unghie è tanta.