Reportage Live

VOLBEAT + Skindred + Bad Wolves: recensione, foto e scaletta del concerto di Milano

Foto di Andrea Ripamonti | Articolo di Jennifer Carminati

Grande ritorno in Italia per i Volbeat, formazione danese che ha saputo negli anni imporsi ad alti livelli grazie a una personalissima proposta fatta di sonorità heavy metal e rockabilly. Sarà questa a Milano, in quel dell’Alcatraz di via Valtellina, l’unica occasione in cui Michael Poulsen e compagni si esibiranno nel nostro Paese per il loro ‘Servant On The Road World Tour’. E’ solo di qualche ora fa l’annuncio da parte dell’organizzatore di concerti Vertigo Hard Sound purtroppo dell’annullamento della data prevista per domani a Roma. Prima di loro saliranno sul palco i Bad Wolves e la leggenda del reggae metal Skindred; solo nel Regno Unito purtroppo ci sono anche i Napalm Death, un peccato non vederli in suolo italico.

In questo umido giovedì di metà novembre arrivo dopo l’ufficio all’entrata del locale trafelata a soli 10 minuti dall’orario di inizio del concerto, per poi scoprire subito dopo essere entrata dal collega e amico Andrea (fotografo della serata) che le band sono in ritardo di una mezz’ora; poco male, nell’attesa riprendo fiato e mi bevo una birra mentre prendo postazione sulla parte rialzata assicurandomi così una buona visuale. Nel frattempo, le persone fluiscono all’interno del locale in maniera lenta e graduale e quando sarà il turno degli headliner il locale sarà colmo raso, al limite del soldout, che avrebbero tra l’altro strameritato.

Bad Wolves in concerto all’Alcatraz di Milano

Opener della serata i Bad Wolves chefanno il loro ingresso on stage alle 19.30 in punto. Devo dire che non ho mai seguito la carriera della band e non cambierò idea dopo questa sera. Il quintetto di Los Angeles ha raggiunto la notorietà con la cover di “Zombie” dei Cranberries. Già per me questo basta e avanza per non prendere in considerazione ulteriore una band, ma son gusti e opinioni personali che lascerò da parte nel recensire in maniera oggettiva il live di questa sera, lo prometto ( …o almeno ci provo ). Il gruppo negli anni ha saputo capitalizzare il successo con una serie di singoli dal grande tiro commerciale, ed eccoli quindi ora a suonare davanti a migliaia di persone. Il loro set si apre con “Sacred Kiss”, che mette subito in luce le doti vocali di Daniel “DL” Laskiewicz, un frontman imponente che dimostra attributi canori francamente migliori di quanto pensassi anche se oggi la voce era a tratti un po’ sottotono e il buon Daniel mi dava l’idea di dover prendere fiato spesso, ma forse sarebbe bastato corresse e saltasse meno da una parte all’altra del palco; quindi, se la voce è stata penalizzata dall’intrattenimento scenico, direi che va benissimo così. Il tempo a loro disposizione è risicato (per mia fortuna aggiungerei) e di conseguenza vengono proposti, come da copione, tutti i singoli di successo della band, sia quelli più ruffiani e radiofonici (“Lifeline”, “If Tomorrow never comes”, “Killing Me Slowly”) sia quelli più pesanti e groovy come “Never be the same” e sul finale la potente e molto rap nel cantato “I’ll be there” che devo dire è stata la canzone che più mi è piaciuta. Le capacità tecniche del gruppo sono fuori discussione e personalmente mi fa strano vedere personaggi del calibro di Doc Coyle e John Boecklin alle prese con brani da heavy rotation alla VirginRadioStyle, ma è chiaro come i Lupi Cattivi abbiano azzeccato la giusta miscela di groove e melodie che riscuote successo sul pubblico. L’immancabile “Zombie”, cantata più dal pubblico che da DL, dedicata a tutti noi e ovviamente a Dolores O’Riordan (che secondo me non ha per nulla apprezzato le infinite cover fatte di questo pezzo) è stata accompagnata dai flash dei nostri cellulari alzati al cielo a fare da sfondo. La mezz’ora a loro disposizione grazie al carisma e alla presenza scenica di tutta la band scorre via veloce.

Skindred in concerto all’Alcatraz di Milano

Tempo di un cambio palco rapidissimo ed ecco arrivare il turno degli Skindred. Chi li segue da tempo si chiederà se essere degli opener possa ancora andar bene a una band come la loro, con una storia di tutto rispetto, arrivata al settimo album in studio e che live danno vita ad uno show divertente ed energico che non passa certo inosservato, anche di fronte a chi come la sottoscritta non li ha mai visti on stage. I cinque di Newport ( a ricordarci le loro origini la bandiera del Regno Unito in B/N appesa al microfono) ci propongono una scaletta priva di punti deboli e il merito va a una discografia variegata da cui attingere a cui si aggiunge il carisma e l’innata capacità di intrattenere di quella sagoma di Benji Webbe (presentatosi con impermeabile di pelle e occhiali da sole dalla montatura borchiata), frontman vulcanico e sopra le righe che piace al pubblico e lo coinvolge durante lo show in numerosi siparietti divertenti.  Benji è però anche un bravo cantante e lo dimostra con la sua funambolica voce capace di spaziare dal crossover al rap a toni suadenti da terra caraibica. Se le varie “Pressure”, “Ninja” o “Nobody” sono sufficienti a far saltare le prime file in moshpit selvaggi, la band getta benzina sul fuoco con gli intermezzi rap di “California Love” e “Boom Shake The Room”, per poi arrivare al finale con l’‘elicottero collettivo’ fatto con le magliette spogliate, da pochi temerari devo dire, durante “Warning”. Gli Skindred non sono solo opener ottimi, sono un gruppo che ha la sua ragione di esistere e dovrebbe assolutamente raccogliere di più in un tour da headliner. Sono un gruppo camaleontico e di autentico talento, nel loro sound troviamo tutti i colori della tavolozza sonora fatta di Beastie Boys, Rage Against The Machine, Limp Bizkit, Korn, che si confondono pur mantenendo una propria identità e facendo risaltare l’un l’altro come in un quadro pressochè perfetto da mirare e rimirare. I 45 min di pura follia in loro compagnia giungono al termine ahimè e non vedo già l’ora di rivederli dal vivo.

Volbeat in concerto all’Alcatraz di Milano

I danesi Volbeat, nati nel 2001, hanno pubblicato otto album da record: il primo ‘The Strenght / The Sound / The Songs’, nel 2005, e il secondo, ‘Rock the Rebel / Metal the Devil’ che, nel marzo 2007, li ha portati ad essere la prima band metal a raggiungere la vetta nella classifica di vendite nel loro paese d’origine. Dopo altri due acclamatissimi album quali ‘Guitar Gangsters & Cadillac Blood’ e ‘Beyond Hell/Above Heaven’, nel 2013 è il turno di ‘Outlaw Gentlemen & Shady Ladies’, che vede alla chitarra il nuovo innesto Rob Caggiano, ex Anthrax, che ritroveremo su ‘Seal The Deal & Let’s Boogie’, del 2016, seguito nel 2019 da ‘Rewind, Replay, Rebound’. Ultima loro fatica in studio ‘Servant Of The Mind’ del 2021. Il nostro paese arriva sempre tardi e in certi casi, se la proposta musicale fuoriesce da catalogazioni ed etichette ben note, nemmeno ci arriva. Invece, dopo oltre vent’anni di carriera alle spalle e tanta gavetta on stage a supporto di band ben più note, i Volbeat sono finalmente e meritatamente i protagonisti di un tour mondiale. Personalmente li seguo ormai da anni, ho apprezzato praticamente tutti i loro lavori e non nego di essere curiosa di rivederli questa sera, dopo il loro concerto non proprio entusiasmante nel 2019 al Fabrique. Molti sono accorsi questa sera a riempire l’Alcatraz per lo show di una delle poche band, per quanto mi riguarda, che ha saputo dire qualcosa di nuovo e particolare nell’ambito del metal negli ultimi anni. Con la loro miscela di rock anni ’50, punk in stile Social Distortion, heavy metal e riffoni thrash, Michael Poulsen&soci si presentano sul palco, carichissimi, e lo si vede sin da subito con l’opener “The Devil’s Bleeding Crown” con la quale scaldano gli animi delle prime file e non solo.

Volbeat in concerto all’Alcatraz di Milano

Il pubblico è letteralmente in visibilio durante ogni canzone dei danesi, saltellando, scapocciando e soprattutto cantando quasi ogni brano, con enorme stupore manifestato anche da Michael Poulsen stesso che ringrazia più volte per l’accoglienza e la partecipazione. La scaletta è assolutamente perfetta, andando a pescare da un po’ tutti gli album della loro discografia, con una naturale prevalenza per l’ultimo e, a mio parere, magistrale ‘Servant of the Mind’ scritto e registrato mentre il mondo era in lockdown durante la pandemia. La voce di Poulsen intona strofe serrate e un ritornello arioso e splendente in “Temple of Ekur”, che crepa le casse, grazie a chitarre asfaltanti e batteria piena. Poulsen introduce la melodica e dal cantato pulito “Lola Montez” invitandoci a passare dei bei momenti felici insieme, visto che siamo stati per tanto tempo lontani dal poter vivere e condividere queste emozioni che solo la musica ci può regalare. Il primo singolo dall’ultimo album “Wait a Minute My Girl” rimane impresso nella memoria con il suo andamento tirato e una melodia mai banale. In “Shotgun Blues”, la voce del singer infuoca gli animi e rompe il cemento armato con riff e una compattezza micidiali. E dopo la immancabile domanda sul volerne ancora o meno di canzoni, e neanche vi sto a dire la risposta del pubblico, ecco partire a spron battuto “The Devil Rages On”, debordante e cattiva con la vocalità che assume toni solenni e malefici, intervallati però sempre dalla vena rock and roll che contraddistingue il suono dei danesi, che riescono a mischiare i generi con una spontaneità pazzesca, quasi fosse la cosa più semplice da fare. 

Volbeat in concerto all’Alcatraz di Milano

Sul finale della canzone sulle nostre teste ecco cadere una pioggia di coriandoli rossi che vanno a mischiarsi alle immagini di inferno e fiamme sullo sfondo. Sono le canzoni più recenti della band quelle che forse più hanno coinvolto il pubblico, che ha dimostrato così di apprezzare moltissimo l’ultimo loro lavoro. “Do you like to rock and roll? Yeaaaah me too!” ripete spesso Poulsen ad incitare un pubblico divertito dalla musica dei Volbeat tanto quanto dal loro carisma, scorre così piacevolmente uno show capace di atmosfere varie ed eventuali, rilassate e leggere a tratti, nonostante di sfondo ci sia una pesantezza sonora fatta del muro di chitarre e batteria. Momento delicato e commovente con “Fallen”, scritta e dedicata da Poulsen al defunto padre e accompagnata da uno sfondo di stelle a richiamare il cielo in cui prima o poi tutti noi finiremo, o forse no? Ammetto che quando ho visto una stella cadente stagliarsi dietro la batteria di Jon Larsen ho espresso un desiderio, sia mai la volta buona che si avvera. La set list non delude e non poteva certo mancare una loro pietra miliare quale “Black Rose” con palloncini neri che improvvisamente cadono dal cielo dell’Alcatraz e rimbalzano sulla folla di fan che balla e canta e i diverte in questa magica atmosfera che i Volbeat han saputo creare spontaneamente.  Seguono a ruota la graffiante “Seal The Deal” e  la nevrotica e molto trash “Slaytan”. A congedarci per una brevissima pausa ci pensa invece “Dead but rising”.
Il passato non è stato sottovalutato né dimenticato, soprattutto nell’Encore che ha visto, “For Evigt” oltre alla splendida e carichissima “Die to Live” dedicata alla sua famiglia e in generale una celebrazione alla vita: una marea di coriandoli tricolori questa volta scendono dal soffitto di questo Alcatraz tracotante di gioia ed allegria, come dovrebbe accadere più spesso per scaldarci il cuore e alleggerirci le spalle. A chiudere uno dei loro cavalli di battaglia, “Still Counting”, con un’energia sempre ai massivi livelli data dalla velocità e l’intensità di un live rock ‘n roll vissuto all’ennesima potenza giunto oramai alla conclusione.

Volbeat in concerto all’Alcatraz di Milano foto di Andrea Ripamonti per www.rockon.it

Oltre un’ora e mezza di spettacolo, acustica ottima, buone luci, videowall ad accompagnare egregiamente anche in maniera visiva quello che stavamo ascoltando oltre che con le orecchie anche col cuore e soprattutto una prestazione maiuscola per l’intera band: trascinante, implacabile e impeccabile.

Come detto inizialmente ero davvero curiosa di assistere ad una nuova prestazione dei danesi e, se il livello medio degli spettacoli messi in piedi ora è questo, Michael Poulsen e soci si sono assicurati una spettatrice in più per ogni loro discesa in terra italica, e son certa che tutti gli altri presenti questa sera la pensano come me. Peccato solo che dovremo aspettare un po’ per rivederli, ma intanto torno a casa davvero soddisfatta e contenta di aver assistito a questo show eccezionale che avrei voluto non finisse mai.  I Volbeat prima di lasciarci definitivamente ci chiedono “did you have fun? can we come back?” e la risposta all’unisono neanche a dirlo è stata: Yes, of course.  We will wait for you.

Clicca qui per vedere le foto dei Volbeat + Skindred + Bad Wolves in concerto a Milano o sfoglia la gallery qui sotto

VOLBEAT: la scaletta del concerto all’Alcatraz di Milano

The Devil’s Bleeding Crown
Pelvis on Fire
Temple of Ekur
Lola Montez
Fallen
Sad Man’s Tongue
Wait a Minute My Girl
Black Rose
Shotgun Blues
Seal the Deal
The Devil Rages On
Slaytan
Dead but Rising

BIS

For Evigt
Die to Live
Still Counting

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