Articolo di Chiara Amendola | Foto di Andrea Ripamonti
Giuro che non farò del sarcasmo, dirò tutta la verità, soltanto la verità, nient’altro che la verità.
Partirò con un’affermazione forte: i Blue hanno decretato la mia svolta indie.
Non perché la loro musica sia propriamente evocativa di questa scena, sia chiaro.
Reduce da un discutibile passato da fan accanita delle boy band di fine anni novanta, i Blue hanno dato il via libera al mio distintivo narcisismo e senso critico – andavo verso i sedici e volevo sentirmi “grande” – mostrandomi dall’esterno e con distacco l’atteggiamento imprudentemente eccessivo e borderline di un certo tipo di fandom.
Da quel momento ho messo da parte il pop e ho scoperto un mondo nuovo che ha condizionato un po’ tutta la mia vita.
Oggi la band a cui devo paradossalmente tanto è a Milano con un tour celebrativo a cui meritiamo tutti di assistere, e io sono qui per ringraziarli dell’epifania ricevuta 20 anni fa.
I Blue nella loro carriera hanno venduto oltre 15 milioni di dischi, sciogliendosi, come da prassi, per poi tornare insieme e rappresentare la Gran Bretagna all’Eurovision Song Contest nel 2011, da lì la rievocazione e la fama a piccoli passi con diversi album. La formazione è rimasta costante in tutti questi anni: Antony Costa, 43 anni; Simon Webbe, 45 anni; Duncan James, 46 anni; e Lee Ryan, 41 anni. A parte una pausa dal 2005 al 2011, il quartetto non se n’è mai arenato veramente. Rappresentano un raro esempio di longevità in questo genere.
Il forum è pieno di donne come me: over 30 e in cerca di una gioia, siamo tutte affamate di rivivere nostalgici ricordi attraverso la colonna sonora della nostra adolescenza.
Devo ammettere che l’età non è stata crudele con i quattro membri della band, quando le luci si abbassano vedo comparire sul palco 4 uomini affascinanti e distinti.
Il live parte giusto e deciso con All Rise e Riders seguite a ruota dalla malinconica (al quadrato) You make me wanna: scattiamo tutti in piedi di botto e parte un amarcord intimo per i presenti. Devo ammettere che un inizio cosi ricco di pathos non me lo aspettavo, i miei occhi vorrebbero lacrimare ma sono diventata troppo cinica per cedere, faccio ancora resistenza a lasciarmi andare.
Diverse canzoni reinterpretate dal vivo hanno un nuovo sound leggermente rivisitato e funky ma le parole e lo stile in cui sono eseguite rimangono gli stessi di sempre. .
Durante tutto il set, i ragazzi dimostrano di divertirsi ancora tanto insieme. La maggior parte del concerto è essenzialmente una compilation Best Of Blue, con i loro più grandi successi e qualche cover da intermezzo: Too Close, Guilty, Bubblin, Sorry seem to be the hardest word, Signed, Sealed, Delivered I’m Yours.
Tutti i membri mostrano il proprio talento individuale dietro il microfono. Sebbene l’ascesa dei Blue nel mondo del pop sia stata incastrata tra una sfortunata pausa delle boyband e il cool che è tornato nel genere diversi anni dopo, sono sempre rimasti un fenomeno da non sottovalutare e questo è evidente non solo nei successi che hanno collezionato nel corso di una carriera di 22 anni in una delle industrie più volubili, impazienti e spietate, ma anche nella tenuta della loro voce – come artisti singoli a pieno titolo e come unità raffinata.
L’encore si trasforma in un irresistibile singalong che parte con la vivace One love, eseguita con un eco di cori da stadio, e si chiude con la melodrammatica Breathe Easy nella versione A chi mi dice. Quest’ultima diventa subito opportunità per Lee Ryan di stupire ancora una volta il pubblico con la sua voce potente e accattivante che ha resistito alla prova del tempo in modo impeccabile, ma è anche un momento per avvicinarsi ai fan cantando in italiano. A questo punto non ho più freni e mi lascio andare a un canto quasi disperato ma catartico.
Ci ritroviamo sfatti a fine concerto, riemersi da una boiler room emotiva che ci lascia come in uno stato di grazia. Lo ammetto, anche se i Blue non sono indie, punk o shoegaze un loro concerto fa bene all’umore e ci spoglia da quelle etichette sociali che spesso indossiamo, anche se il tutto ahimè dura meno di un’ora e mezza.
Mentre torno al parcheggio sento qualcuno che continua a cantare sul ponte della metropolitana “One love – for the mother’s pride, One love – for the times we’ve cried, One love – gotta stay alive I will survive” e penso che la musica pop resti ancora uno dei miei linguaggi preferiti per descrivere il mondo.
Clicca qui per vedere le foto dei Blue in concerto a Milano (o sfoglia la gallery qui sotto)
BLUE: la setlist del concerto al Forum D’Assago
All Rise
Riders
U Make Me Wanna
Haven’t Found You Yet
My city
RnB section (This is how we do it/Dance with me/single ladies)
Too Close
Guilty
Best in me
If you come back
Sorry Seems to Be the Hardest Word
Signed, Sealed, Delivered I’m Yours
Bubblin’
Fly By
Curtain Falls
Encore:
One Love
Breathe Easy – A chi mi dice