Articolo di Silvia Cravotta | Foto di Roberto Finizio
Un’onda ska punk ha attraversato ieri sera l’Alcatraz di Milano, lasciando centinaia di persone tramortite e felici.
A cavalcarla Aimee Allen, aka Aimee Interrupter, con accanto gli immancabili fratelli Bivona, Kevin alla chitarra, Justin al basso e il suo gemello Jesse alla batteria. Il quartetto californiano dei The Interrupters ha tenuto qui l’unica tappa italiana del tour 2023, primo vero headline show a Milano, dopo l’esordio nella penisola nel 2016, il tour con i Green Day nel 2017 e due tappe nel 2019 e 2022.
Ad attenderli un pubblico estremamente variegato, che ha decretato il sold out della serata: facce più e meno giovani, bambini sulle spalle dei genitori, creste e capelli colorati, magliette d’ordinanza dei Rancid (d’altronde Tim Armstrong è il mentore degli Interrupters con la sua Hellcat Records e la band di Berkeley è presente nelle loro canzoni con le voci e come fonte di ispirazione) nonché dei Dropkick Murphy (con loro Aimee & co. hanno suonato nelle loro ultime due discese italiane e li accompagneranno nel loro prossimo tour autunnale).
Ad aprire le danze – letteralmente – non potevano che essere i The Bluebeaters, che per tre quarti d’ora hanno riempito il palco con le loro canzoni e i loro tipici riarrangiamenti in chiave ska e rocksteady di brani celebri, passando addirittura per Toxic di Britney Spears.
La festa losangeliana parte come da programma esattamente un quarto d’ora prima delle dieci, con il saluto in italiano di Kevin – vero imbonitore della serata – e un’intro musicale che accoglie a braccia aperte l’arrivo della frontgirl, coda di cavallo e chiodo d’ordinanza che terrà su per quasi tutta la serata, da vera rockstar. Con loro anche il compare di tour Billy Kottage, equamente diviso tra tastiere e tromba.
L’attacco del concerto racconta già come proseguirà il resto della serata: bastano le prime note di Take Back the Power, inno dal retrogusto anarchico e dalle sonorità punk-rock, per vedere il pubblico partire subito in quarta ballando e cantando al grido motivazionale di “are you a leader or will you follow“.
D’altronde questa canzone è una hit sin dalla sua uscita nel primo album del gruppo, The Interrupters del 2014, e la conoscono tutti a menadito. Il crowd diving sotto il palco parte dalle prime note e andrà avanti, inesorabilmente, per tutta la serata.

Sono tutti occhi negli occhi con Aimee anche quando attacca Title Holder, che tra una strofa e l’altra incoraggia a sconfiggere ansie e dipendenze come un campione di pugilato, senza farsi abbattere.
Il tutto strutturato su un motivo ballabile e allegro, una costante di tutta la produzione a marchio Interrupters: brani che raccontano esperienze difficili, testi che fanno pensare, storie di resilienza, ma tutto inserito dentro motivi catchy e solari, per combattere i propri demoni cantando e ballando. Canzoni perfette per i live e questa serata milanese ne è solo l’ultima conferma.
White noise, con il suo ritmo ska martellante e ripetitivo, è un vero e proprio impedimento allo stare fermi mentre Judge not è il momento corale, un lungo sing along incitato proprio da Aimee, che in questa cover di Bob Marley tira fuori ancora una differente tonalità della voce che la natura le ha donato, roca al punto giusto ma capace, quando serve, di scalare le note dai toni più morbidi fino a certi taglienti urli punk che sembrano mettere a seria prova la sua voce.
Dopo la frizzante On a turntable, è il momento di una fila di canzoni che fanno parte di In the Wild, l’ultimo album uscito nell’agosto scorso. Un lavoro che rispecchia non solo la maturità della band nata nel 2011 (tra l’altro a produrlo questa volta è stato Kevin Bivona e non Tim Armstrong come per gli altri) ma anche gli effetti del momento difficile che nessuno può dimenticare, visto che è stato registrato in uno studio casalingo durante il lockdown.
Forse anche per quello Aimee ci ha messo tanta parte di sé e delle sue dure esperienze personali, senza però mai perdere quella vena gioiosa che le vedi dipinta in volto mentre canta, con un sorriso sereno sul volto e la voglia di stringere le mani di tutti durante il concerto. Decisamente l’emblema di una persona che ce l’ha fatta, trasformando i suoi mostri in un prodotto artistico che riesce a far stare bene le persone.

Kiss the Ground ne è un esempio perfetto. Il tema è la depressione ma in questa canzone il reggae si impossessa di lei e riesce a farla volare sulle note con una voce bassa e potente. Impossibile non ondeggiare con lei seguendone il ritmo quasi ipnotico. In the Mirror parla di ansia e ti spinge a urlare come per sputarla finalmente fuori, con una musica vivace e ballabile a fare da contraltare.
Ancora più liberatorio l’ululato che inevitabilmente esce fuori quando parte Raised by Wolves, che mette in versione rock la difficile crescita della giovane Aimee, mostrando al tempo stesso tutto l’orgoglio di essere quella che è nonostante, o forse anche grazie al fatto di, “essere stata cresciuta dai lupi”. Sulla stessa linea Anything was Better, che racconta la fuga da quel mondo difficile a colpi di chitarra e hand clapper. Una canzone molto triste, nonostante il ritornello gioioso.
She got Arrested non è solo l’occasione per un pogo che coinvolge mezzo parterre ma anche per continuare a far ballare tutti su un sound punk-rock che contemporaneamente parla di violenza domestica, altra esperienza che la cantante ha provato di persona. Non è facile immaginare come si possa dar vita a canzoni così trascinanti e gioiose su temi tanto delicati e difficili, eppure bisogna dire che le riesce benissimo. Così si arriva a livelli di Let’em go, un canto di liberazione corale, che facendoti muovere i piedi a ritmo, ti spinge anche a dare un calcio alle relazioni tossiche.
Quello che caratterizza gli Interrupters è la spinta motivazionale che puoi trovare in ogni canzone, mentre balli e canti su un ritmo leggero e orecchiabile, con strofe facili da imparare e che ti entrano in testa dopo pochi ascolti. Come il “duda” che non puoi non cantare durante By my Side (e che senti cantare anche da due bambine mentre sei in coda ai bagni dell’Alcatraz, sì quelli con le porte che non si chiudono).
In questo loro modo di guardare alla vita rientrano anche le tre canzoni della scaletta che possono andare tutte insieme sotto il marchio della Family, come si chiamano tra di loro, e che ormai comprende anche i Rancid, coinvolti a livello vocale in Got Each Other e, appunto, Family. Senza dimenticare A Friend like Me. Tutte canzoni che rappresentano bene come l’amicizia, l’amore e la collaborazione siano alla base di una bella vita, e che quello che conta sia supportarsi l’un l’altro: in fondo “we don’t have much but we’ve got each other”.

Non sono meno consapevoli Gave you Everything, classica breakup song dalle tonalità hard rock e dalla presa di coscienza consapevole della necessità di liberarsi di quello che non ci fa più bene, e Alien, una ballata su tastiere che racconta la difficoltà delle relazioni umane, e costringe Aimee a fermarsi e a sedersi – dopo oltre un’ora passata a saltare e cantare sul palco –, poi raggiunta da Kevin per una breve versione acustica di Hallelujah di Leonard Cohen.
La chiusura, esplosiva come l’attacco, è affidata a She’s Kerosene, travolgente e giocosa hit rocksteady: impossibile stare fermi guardando la vera benzina che è lì sul palco, non solo Aimee ma anche i frontbrothers Bivona che non si limitano a suonare ma interagiscono attivamente con lei e chi hanno di fronte.
Dopo poco più di un’ora di spettacolo è il momento dei saluti – lunghi e calorosi, con tanto di lanci di scalette appallottolate, bacchette e plettri – e con ringraziamenti in italiano, ringraziamenti che sono stati fatti comunque a più riprese durante la loro esibizione.
La verità è che dovremmo essere noi a ringraziarli perché da questa serata ci portiamo a casa il pensiero che le esperienze difficili si possono superare anche ballando e che, anche grazie a gruppi come loro, il bluebeat sta vivendo una new wave decisamente interessante. Perché lo ska è vivo e lotta insieme a noi.
Clicca qui per vedere le foto dei The Interrupters in concerto all’Alcatraz di Milano (o scorri la gallery qui sotto)
THE INTERRUPTERS: La scaletta del concerto all’Alcatraz di Milano:
Take Back the Power
Title Holder
White Noise
Judge Not
On a Turntable
Kiss the Ground
In The Mirror
Raised By Wolves
Anything Was Better
She Got Arrested
By My Side
Let’em go
Easy on You
Got Each Other
Gave You Everything
Alien/Hallelujah di Leonard Cohen acustica
A Friend Like Me
Family
She’s Kerosene
