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Reportage Live

Slam Dunk Italy 2023: seconda giornata del festival di Bellaria-Igea Marina

Rancid - Slam Dunk Festival Italia
Rancid - Slam Dunk Festival Italia

Articolo di Michela Ravasio | Foto di Andrea Ripamonti

In questo giorno di festa e con l’inizio del weekend lungo, ci siamo ritrovati alla Bay Arena per goderci il secondo giorno di Slam Dunk – che poi ufficialmente sarebbe il day 1 che segue il preshow, ma dettagli.

Questa giornata prevedeva due ore e mezza di musica in più rispetto alla precedente e quindi mi ritrovo all’ombra di un albero per evitare il sole bollente del pomeriggio.

Non sono l’unica a starmene all’ombra tranquilla, molta gente è rilassata e osserva il palco seduta sull’erba, ma ci sono anche alcune persone che sono già sottopalco ad aspettare che il festival abbia inizio.

Non ci vuole molto e gli Erezione Continua arrivano ad accontentare chi è già assetato di musica e ha voglia di alzare un polverone sotto palco. La band di Parma è sul palco con lo stesso bisogno di fare baldoria che ha il pubblico e si esibisce per venti minuti suonando i pezzi dell’album I Nostri Giorni e divertendo i presenti. Una strana scelta, ma non di certo sbagliata, quella di chiamare dei gruppi nostrani da intervallare a quelli stranieri. Forse perché il punk del Bel Paese ha un suono del tutto diverso e delle tematiche che a volte ci viene da definire “da festa della birra” o “da centro sociale”. Non penso sia davvero così.

Rumatera
Rumatera in concerto allo Slam Dunk Festival di Bellaria-Igea Marina foto di Andrea Ripamonti per www.rockon.it

Sul Beky Bay Stage, infatti si sono esibiti anche Veneregommosa e i Rumatera. I primi originari di Arezzo spingono un sacco con la voce sporca del cantante Diego Nicchi e toccano anche temi sociali nella canzone 2001.

I Rumatera, invece, sono Made in Veneto come dice il titolo di una loro canzone. Lo si sente a ogni loro parola, con l’accento calcato e sempre spassoso della loro regione. Loro sì che li vorrei davvero ascoltare a una festa, mentre bevo, perché credo che con un po’ d’alcool in corpo la loro musica sarebbe ancora più divertente.

Sono state tre le band nostrane di questa giornata… Fuori luogo in un festival internazionale?

Non si direbbe proprio, visti i cori da stadio che si sono alzati dalla folla.  

Destroy Boys
Destroy Boys in concerto allo Slam Dunk Festival di Bellaria-Igea Marina foto di Andrea Ripamonti per www.rockon.it

DESTROY BOYS

Parlando di punk “differente” vorrei soffermarmi anche sul gruppo californiano quasi tutto femminile che si è esibito per secondo sul Main Stage. Mi sto riferendo alle Destroy Boys che, capitanate da Alexia Roditis e Violet Mayugba, hanno acceso gli animi dell’arena. Con un modo di cantare teatrale e irriverente, Alexia si è dimostrata un personaggio carismatico e ha tenuto il palcoscenico attirando tutti gli sguardi su di loro – vorrei usare il pronome che ha scelto, ma in italiano mi suona molto più difficile del previsto. La cosa che ho trovato davvero affascinante in loro è stato il comportamento sbarazzino e il modo che ha di cantare, con un’alterazione di voce molto espressiva soprattutto nel fare la vocina lamentosa. Divertente e un sacco piacevole!

The Bronx
The Bronx in concerto allo Slam Dunk Festival di Bellaria-Igea Marina foto di Andrea Ripamonti per www.rockon.it

THE BRONX

Le Destroy Boys sono state per me e per molti dei presenti una piacevole scoperta…  Ma non c’erano dubbi riguardo la loro bravura, visto che ad Aprile sono state anche al Coachella. Spero proprio che in futuro le potrò rivedere in un altro contesto con una scaletta più lunga di una ventina di minuti. 

Sempre al Main Stage, ci siamo trovati ad alzare un polverone alla comparsa dei The Bronx. Gruppo di Los Angeles nato nel 2002 che si dimostra di poter far presa sul pubblico fin dalle prime note. Le sonorità hardcore punk si sposano perfettamente nel contesto del festival a cui stiamo partecipando ed è impossibile non pogare fin dalle prime note anche per chi non li conosce. Le urla del cantante Matt Caughthran ci esplodono sopra la testa, accompagnate dai riff di chitarra di Joby J. Ford e Ken Horne, nonché dal basso di Brad Magers. Intrascurabile, ovviamente, un Joey Castillo – ex dei Queen of the Stone Age -davvero in forma alla batteria. 

Se non li conoscete e amate l’harcore punk, vi suggerisco tracce come Heart Attack Americane History’s Stranglers, ma soprattutto vi consiglio di esserci al loro prossimo live!

Charlotte Sands
Charlotte Sands in concerto allo Slam Dunk Festival di Bellaria-Igea Marina foto di Andrea Ripamonti per www.rockon.it

CHARLOTTE SANDS

Nell’articolo riguardante il pre-show, esprimevo le mie perplessità riguardo ai fenomeni nati sul web e dicevo che ero contenta di essermi riscoperta nel torto con Naska. Anche per Charlotte Sand posso dire di essermi stupita della sua presenza scenica e delle sue capacità, ma soprattutto di quanto sono belli quei capelli blu agitati dalla brezza marina del pomeriggio romagnolo. Ha catturato tutti gli sguardi su di sè muovendosi come una tigre , portando brani come Bad Day e Roallercoaster e trasmettendoci tutta la sua energia. Ha già aperto a artisti come My chemical Romance e Yungblud e fatto featuring con altri cantanti della scena emo hardcore – vedi Kellin Quinn degli Sleeping With Sirens -quindi sono sicura che presto la troveremo con un tour tutto suo.

Less Than Jake
Less Than Jake in concerto allo Slam Dunk Festival di Bellaria-Igea Marina foto di Andrea Ripamonti per www.rockon.it

LESS THAN JAKE

Nel nostro primo Slam Dunk può mancare un gruppo ska?

Per un momento più easy e ondeggiante, sul Main Stage si sono presentati i Less than Jake, veterani di festival come il Warped Tour e Project Revolution. Ciò che non avevamo ancora visto sul palco era un trombone e un sax e ci pensano rispettivamente Buddy Schaub e Peter Wasilewski ad accontentarci e a farci scuotere il fondoschiena in balli più allegri e ritmati. Chris DeMakes, alla voce, sa quel che fa e intrattiene il pubblico tra dei pupazzi dinamici che sembrano danzare come noi.

Assolutamente esaltanti e piacevoli da ballare e da ascoltare dal vivo, i Less Than Jake sono tra le band che mi hanno fatto ballare di più tra quelle che ho visto in questi giorni!

Anti-Flag
Anti-Flag in concerto allo Slam Dunk Festival di Bellaria-Igea Marina foto di Andrea Ripamonti per www.rockon.it

ANTI-FLAG

Una band per cui non ero molto esaltata, ma per cui mi sono ricreduta durante lo spettacolo, sono stati gli Anti Flag. Punk in molti sensi, ma soprattutto per le parole e il comportamento sul palcoscenico, se per una moderna filosofia punk intendiamo quella della libertà personale nel rispetto del prossimo e del sentimento di fraternità per chi condivide con noi un’esperienza. 

Non solo tra una canzone e l’altra il cantante Justin Shane ha dispensato un sacco di belle parole, ma durante Broken Bones ha dimostrato la sua coerenza fermando il concerto per far sì che un ragazzo caduto a terra venisse aiutato a rialzarsi dalle altre persone attorno a lui. Perché, giustamente, un concerto deve essere un momento di svago e di condivisione e non una rissa da bar in cui prendere a gomitate altri spettatori per il giusto gusto di scaricare l’adrenalina con la violenza.

Memorabile l’esibizione dell’iconica This is the End che è stata cantata a squarciagola un po’ da tutti. 

Punk Rock Factory
Punk Rock Factory in concerto allo Slam Dunk Festival di Bellaria-Igea Marina foto di Andrea Ripamonti per www.rockon.it

PUNK ROCK FACTORY

Dopo tante belle parole dispensate finora, devo essere sincera e muovere qualche critica. D’altronde con tante band presenti, non si può pretendere che siano tutte di nostro gradimento. Sono arrivata sotto il secondo palco con l’idea di divertirmi da matta durante l’esibizione dei Punk Rock Factory. Ero pronta a cantare Let It Go in versione punk con tutta la mia voce, ma, purtroppo, devo dire che mi sono riscoperta un po’ delusa. Se fare cover di canzoni Disney o di sigle può risultare divertente quando lo si guarda fare online, devo dire che dal vivo è molto meno coinvolgente del previsto. Ritornando al discorso di prima, se devo dire quale di queste band metterei a suonare in una festa della birra, forse sarebbero proprio loro. Non andiamo molto lontano da chi fa cover di Vasco e Ligabue e viene pagato più di alcune band emergenti. Se alcune cose funzionano su internet, non è detto che poi dal vivo facciano lo stesso effetto. Divertenti forse per i primi due pezzi, ma stancano quando pur di fare like – paradossale per un concetto, ma vorrei sottolinearne il concetto – si mettono a fare la cover di Running Up That Hill facendo riferimento all’acclamata scena di Stranger Things piuttosto che alla povera Kate Bush. 

Tecnicamente veramente bravi, nulla da dire. Però credo totalmente fuori contesto dalla scena dello Slam Dunk.

Frank Turner and the Sleeping Souls
Frank Turner and the Sleeping Souls in concerto allo Slam Dunk Festival di Bellaria-Igea Marina foto di Andrea Ripamonti per www.rockon.it

FRANK TURNER

Ho sentito molto parlare di Frank Turner e ho ascoltato tesserne le lodi, così sono arrivata sotto il Main Stage con grande aspettative. Mi dispiace però dire che ho trovato la sua presenza un po’ molle nel contesto di un festival come lo Slam Dunk. Con un cambio continuo di genere musicale che, a mio parere, rende veramente difficile mantenere alto il mood, ha stonato con tutte le band dai ritmi più agitati che lo circondavano. 

Polaroid Picture e Photosynthesis mi sono sembrate più adatte ad altri tipi di panorami rispetto a quello che stavamo osservando. Impressione mia, ovviamente.

Tecnicamente non si può dire nulla. Esibizione perfetta da ogni punto di vista e presenza scenica anche abbastanza affascinante.

Eppure, citando un amico “è stato come bersi una birra analcolica dopo quattro negroni”.

Bowling For Soup
Bowling For Soup in concerto allo Slam Dunk Festival di Bellaria-Igea Marina foto di Andrea Ripamonti per www.rockon.it

BOWLING FOR SOUP

Fortunatamente a riaccendere lo spirito della serata prima di andare a vedere gli headliner, ci hanno pensato i Bowling for Soup. Una band che avevamo data per deceduta anni fa, ma che è tornata dall’oltretomba cavalcando l’onda della nostalgia degli anni 2000 che ha colpito tutti quanti come una qualche malattia.

La band ha esordito dicendo che fosse la loro prima volta in Italia, ma sottolineando che fossero stupiti che qualcuno li conoscesse nel nostro paese. Eppure, prima dei Rancid, nonostante il rischio di perdere posto nel pit sotto il Main Stage, c’era un sacco di gente a cantare 1985. Tra banane gonfiabili che volavano fra le mani del pubblico, due uomini travestiti da scimmia e banana, battute un po’ trash e scarpe coloratissime, i Bowling for Soup hanno saputo far ridere la folla, ma soprattutto fargli cantare vecchi successi che ascoltavano su mtv quando il canale passava molto più punk rock del dovuto. 

La loro esibizione è stata un momento di leggerezza e di svago, che ci ha riportato un po’ al liceo, quando ci sentivamo un po’ gli sfigati della scuola che venivano presi di mira dai giocatori di football. 

Rancid
Rancid in concerto allo Slam Dunk Festival di Bellaria-Igea Marina foto di Andrea Ripamonti per www.rockon.it

RANCID

Eccoci finalmente al nome per cui tutti eravamo presenti in questa calda giornata di inizio Giugno. Iconici, immortali, dipinti con una bomboletta spray negli annali della storia del punk mondiale: parliamo ovviamente dei Rancid.

Il live si è aperto con Tomorrow Never Come,la canzone che dà il titolo al nuovo album uscito proprio in concomitanza con il concerto leggendario a cui stiamo assistendo. La band non ha ovviamente perso la carica o lo stile che la contraddistingue e che le fa meritare a mani basse un posto nel podio delle band più punk ancora in attività.

Il terreno inizia a tremare sotto i salti di tutte le persone presenti, come un terremoto, ma anche grazie all’energia con cui Branden Steineckert pesta sulla batteria e al ritmo che Matt Freeman ci sta dando con il suo basso. Magistrali. Inarrivabili.

I riff di Lars Frederiksen e la voce di Tim Armstrong accompagnata dai cori riescono sempre a trasmettermi questo clima così underground tipicamente americano che mi fanno pensare a corse clandestine notturne dentro i carrelli in parcheggi di supermarket h24, con delle birre nascoste in sacchetti di carta. Non so esattamente perché c’è questa cosa nel mio cervello… Ma se devo dare una mia idea di Rancid è quest’anarchia dispettosa e irriverente.

Ma torniamo al concerto senza troppi film mentali…

Con pezzi leggendari come Ruby Soho, Radio e Time Bomb, la band statunitense riesce a creare un enorme pogo che trascina tutta la parte centrale del pit ma che arriva anche ai più lontani. Anche i più stanchi, quelli che hanno viaggiato chissà quante ore in autostrada, non riescono a non cantare. D’altronde siamo qui per questo, per vivere un momento di leggenda insieme.

Non c’è un solo momento in cui ci si annoia o in cui si può abbassare la guardia, con i Rancid. Perfetti nell’imperfezione del punk, ci dimostrano che non c’è età per una musica universale come questa, anche se il movimento è nato per una rivoluzione giovanile. Non c’è età per una rivalsa personale, per il divertimento, per il pogo. La loro musica unisce almeno tre generazioni e tutte le etichette non hanno importanza quando sei così dentro al loro ritmo con la testa. 

Un’esperienza da provare nella vita, almeno una volta, per capire esattamente cosa si intende per “Punk” – con la maiuscola ovviamente.

Clicca qui per vedere le foto della seconda giornata dello Slam Dunk Italy 2023 o sfoglia la gallery qui sotto

Rancid
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