Pur tuttavia il giocattolino sonoro dei cinque pivellini londinesi funziona a meraviglia, diverte e raccoglie consensi per tutta l’ora e venti di concerto. Tutto comincia alle
22.00 in punto quando la band, puntuale come le guerre, irrompe sul palco di un Estragon sold-out pompando negli amplificatori le note di “A place to hide” – tratta dal disco d’esordio “To Lose My Life” – e finisce poco prima delle 23.30 con “Bigger Than Us”, primo singolo estratto dal nuovo lavoro “Ritual”.
Nel mezzo altre 13 canzoni zig-zaganti tra le playlists dei due album pubblicati, tra le quali le imprescindibili hits “Farewell to the fairground” e “To lose my life”, gettata sorprendentemente in pasto al pubblico del locale bolognese dopo appena sette minuti di
concerto.
Elegantemente statici dentro il loro muro di suono per l’intera durata dello show i cinque epigoni (Editors esclusi) della rinnovata scena new-wave britannica ringraziano garbatamente dopo ogni brano e bofonchiano qua e là fugaci complimenti all’Italia e alle sue imprese sportive (su tutte la vittoria della nostra nazionale di rugby contro la Francia al 6 nazioni).
Alla fine, dopo l’immancabile bis e i consueti saluti di rito, rimane in bocca il sapore di un live coinvolgente e ben architettato ma esageratamente derivativo nei suoi contenuti musicali, intriganti déjà-vu suonati con innegabile stile, sì, ma pur sempre dei déjà-vu: l’immaginario dark-romantico dei White Lies, intriso fino al midollo di pop-rock decadente, rischia alla lunga di trasformarli in una cover-band di loro stessi. Il vicolo cieco che ha già inghiottito gli Interpol (e molti altri) è appena dietro l’angolo. In campana!
1. A Place To Hide
2. Holy Ghost
3. To Lose My Life
4. Strangers
5. E.S.T.
6. Is Love
7. Streetlights
8. Farewell To The Fairground
9. Peace & Quiet
10. The Price Of Love
11. Bad Love
12. Death
13. Unfinished Business
14. The Power & The Glory
15. Bigger Than Us
Antonio Belmonte

