Articolo di Jennifer Carminati | Foto di Andrea Ripamonti
I Lorna Shore, tra le band di metal estremo di nuova generazione maggiormente apprezzate dai fan, durante il loro The Pain Remains EU Tour, fanno tappa anche in Italia per un unico appuntamento organizzato da Vertigo, il 24 novembre 2023 all’Alcatraz di Milano, che, se non ha registrato un sold-out, poco c’è mancato.
Prima di loro sul palco si sono esibite ben tre band: Rivers Of Nihil, Ingested e Distant, tutte all’insegna del deathcore, più o meno technical ed estremo, ma per motivi personali e di orari, è pur sempre un giorno lavorativo, riesco a vedere solo gli ultimi di questi.
Arrivo al locale di via Valtellina, fortunatamente vicino casa, poco dopo le 20, giusto il tempo di ritirare il pass stampa, prendere una birra al volo, e posizionarmi in un posto privilegiato questa volta, sul terrazzino laterale, da dove potrò vedere benissimo sia chi sta sul palco che chi sta sotto, non meno protagonista della serata.
Rivers Of Nihil
Entro di corsa come detto in questo Alcatraz tracotante entusiasmo per gli headliner della serata, che riempie l’attesa con gruppi che sono senz’altro degli azzeccatissimi opener.
I Rivers Of Nihil, arrivano dalla Pennsylvania, hanno quattro album all’attivo, e lo scorso anno hanno subito un cambio di formazione non di poco conto, Jake Dieffenbach, storico frontman, ha lasciato il gruppo pochi mesi prima del precedente tour. Il bassista Adam Biggs è diventato anche cantante, accompagnato spesso dagli altri componenti della band: i due chitarristi Brody Uttley e Andy Thomas e soprattutto, almeno per quel che ho visto questa sera, dal batterista Jared Klein.
Una performance che non mi ha convinto molto, forse proprio per l’assenza di un frontman, o perché anche su disco fatico ad ascoltarli, facendo un miscuglio strano di generi che fatico a comprendere. Preferisco di gran lunga quando la direzione è presa in maniera precisa e so che se vado a vedere un gruppo, quel genere fanno. Mentre loro fanno un death metal, con molta influenza progressive, e altre influenze che secondo me, con il metal, poco c’azzeccano.
Il concerto dei Rivers Of Nihil fila via comunque liscio, con una scaletta che passa in rassegna tutta la loro discografia, e un Biggs alla voce che nulla ha da invidiare al suo predecessore, e su questo nulla da dire. Anche gli altri musicisti fanno certamente il loro, senza infamia e senza lode, ma alla sottoscritta, non sono piaciuti, mi hanno sinceramente annoiato.
I suoni sono buoni e il locale è praticamente pieno nonostante oggi ci siano altri concerti metal in giro per il Nord Italia che avranno attirato molti altri metalheads. Poca interazione col pubblico, davvero non molte parole per gli americani, se non per introdurre alcuni brani.
Pogo e moshpit non mancano invece, anzi, saranno praticamente costanti per tutte le prossime ore, davvero un pubblico molto molto partecipe questa sera, che mi ha fatto rivivere l’atmosfera, seppur con tutti i limiti del caso, di alcuni concerti visti quest’estate di band ben più note di quelle che si sono esibite quest’oggi.
Lorna Shore
Giusto il tempo di un cambio palco rapidissimo come sempre e poco le 21 inizia uno dei concerti più sorprendenti di questo 2023 ormai in dirittura d’arrivo, e se ve lo dice una che ne ha visti decine e decine, credo possiate fidarvi.
I Lorna Shore sono riusciti in quello che molti han tentato prima di loro ma con scarsi risultati: rendere mainstream un genere, quello del metal estremo, da sempre relegato all’underground e considerato di nicchia.
La metal band statunitense, pur con i numerosi cambi di formazione, e di frontman soprattutto, è riuscita, nonostante tutto e tutti, a raggiungere un livello di popolarità che pochi altri possono vantare di avere, e il pienone di questa sera per la loro unica tappa in suolo italico ne è la dimostrazione.
Un vero e proprio fenomeno, che, se pur mi faccia estremamente piacere, essendo io amante di questo genere da sempre bistrattato e considerato per pochi, non riesco a capire. E non perché loro non lo meritino, tutt’altro, ma mi chiedo: perché loro sì e altre band non ce l’hanno fatta?
Cosa hanno i Lorna Shore che altri gruppi (di cui non farò alcun nome, ma ne avrei almeno ben più di un paio in mente) non hanno, per piacere così tanto alla gente e riempire un locale come l’Alcatraz questa sera?
Non lo so, ripeto, ma quello che so per certo, è che questa sera han confermato di meritare tutto il successo che stanno riscuotendo ovunque vadano, e ora vi racconto come è andata.
Eccoli salire sul palco, accolti da un boato collettivo: Adam De Micco alla chitarra, Andrew O’Connor al basso, Austin Archey alla batteria, e lui, Will Ramos il frontman più giovane (classe 1994), carismatico e talentuoso che io abbia mai visto, e non sto affatto esagerando.
Il loro è un “symphonic blackened death-core” fatto in una maniera del tutto particolare e molto ben riuscita, che ha certamente contribuito a rendere il loro nome famoso in tutto il mondo, nonostante le numerose vicissitudini, non certo positive, accorse alla formazione.
Will Ramos è devastante, una furia incontenibile: nonostante si dimeni come un forsennato, riesce a mantenere la sua performance vocale a livelli altissimi. Dal growl micidiale, a parti vocali tipiche del brutal più estremo, passa con estrema disinvoltura a grida lancinanti e suoni inimmaginabili che provengono dalla sua gola. Talmente sconvolgente tutto ciò, che è disponibile su youtube un video in cui si vede lui durante una visita medica e un sondino che gli scruta la cavità orale alla ricerca di qualche forma aliena che l’abbia subaffittata, o non si spiega come sia possibile tutto questo; il piccolo grande Will non è umano, non c’è altra spiegazione.
Oltretutto, si vedeva che era pure contento di stare su quel palco, di fronte al pubblico italiano che ancora troppo poco li ha visti esibirsi in sede live, e ha dispensato sorrisi e ringraziamenti come pochi fanno. Un Frontman fatto e finito insomma.
Nulla da dire neanche sulle prestazioni tecniche di tutti gli altri musicisti, che passano inevitabilmente in secondo piano sul palco, ma danno luogo a un’esibizione sopra le righe trascinata da questo biondino riccioluto davvero sconvolgente.
Stasera ci propongono una scaletta fatta di 11 brani di cui ben 7 dal loro ultimo album in studio Pain Remains, uscito lo scorso anno, ma che solo in questo 2023 sta portando a casa i risultati, grazie a questo tour europeo che lo sta facendo conoscere ai più. Se vi sembrano pochi 11 brani, è perché non conoscete i Lorna Shore: le loro canzoni durano mediamente 5 minuti, con brani oltre i 10, delle vere e proprie opere, ma di questo ve ne parlo dopo.
Personalmente, mi sono imbattuta accidentalmente nel 2015 nell’ascolto del loro primo full-length Psalms, e non ne rimasi proprio colpita son sincera, e non successe neanche con il successivo Flesh Coffin. Questi ragazzi, non proprio questi a dire il vero ma ci siamo capiti, sono entrati nei miei ascolti e nel mio cuore nero, con Immortal, un album strepitoso uscito nel 2020 e superato ulteriormente a livello qualitativo dal successivo e oggi presentatoci quasi interamente, Pain Remains.
Aprono lo show con lo stesso brano che inizia l’album, ovvero Welcome Back, O’ Sleeping Dreamer, sette minuti di blast-beat, breakdown, cori sinfonici impressionanti, che si ripeteranno praticamente in tutti i prossimi 80 minuti.
Dall’EP …And I Return to Nothingness del 2021, oltre la titletrack ci fanno ascoltare, Of the Abyss e To the Hellfire, uno dei loro brani più famosi in assoluto, e l’effetto sul pubblico si vede.
Continui moshpit, pogo, crowdsurfing e circle pit di grandi dimensioni, che è raro vedere tra queste mura, complimenti sinceri verso un pubblico tanto vario, in quanto ad età e stile, quanto partecipe e entusiasta, estremamente coinvolto anche in cori sui ritornelli, si avete letto bene, delle loro canzoni più famose in assoluto.
In Sun//Eater un novello Icaro sfida l’ineluttabile destino, ma lo fa tra cori apocalittici e distorsioni gutturali di un Ramos davvero impeccabile, ma quando non lo è stato questa sera? Mai.
La magliloquente ed epica Cursed to Die, viene praticamente cantata da tutti, come anche Into the Earth, uno dei loro pezzi più technical death core di sempre.
Nel mezzo ci piazzano Immortal, titletrack dell’album del 2020 che a mio parere è un capolavoro, uno dei migliori brani di metal estremo che abbia mai sentito: un miscuglio davvero ben riuscito di influenze varie, dal black metal sinfonico alle chitarre prettamente death e con un Ramos che passa dal growl a uno screaming gutturale, potente e intelligibile allo stesso tempo. Come faccia continuo a trovarlo inspiegabile, umanamente parlando.
Ringrazia tutti, dai gruppi precedenti, i cui frontman son saliti sul palco per brevi duetti con lui, alla security; sorride tanto questo ragazzo ed è bello da vedere questo suo atteggiamento pulito e umile, interagisce molto con il pubblico, autografa persino un cartello con scritto “Ramos naked”, e quasi imbarazzato afferma essere la frase più assurda che abbia mai letto a suo riguardo.
Piccolissima pausa per loro e tornano sul palco per l’encore che rispecchia la fine dell’album, un’imperiosa suite che rappresenta la Pain Trilogy: Pain Remains I: Dancing Like Flames, Pain Remains II: After All I’ve Done, I’ll Disappear, Pain Remains III: In a Sea of Fire.
Ovvero, il racconto di un personaggio che immerso in un incubo attraversa i vari sentimenti umani, dal dolore, a un tormentato romanticismo e infine alla vendetta, prima di scomparire immerso in un mare di fiamme. Un vero e proprio climax emotivo in musica, che a mio parere, rappresenta un qualcosa che nel symphonic death-core mai era stato fatto con questo livello di qualità magnificente. Indubbiamente il loro apice artistico raggiunto ad oggi, non sarà facile superarsi, ma son confidente che ci proveranno certamente, ed essendo ancora giovani, molto probabilmente ci riusciranno anche.
Quello che posso dirvi alla fine di questo loro concerto, è che ne vorrei ancora uno, peccato questa fosse l’unica data in Italia per questo tour, altrimenti sarei andata a vederli. Mi auguro proprio di ribeccarli in uno dei festival estivi a cui presenzierò sicuramente, e, magari, ne leggerete qui il live report, chi lo sa.
Stay tuned and stay metal, e lo scoprirete.
Lo so, ho usato solo aggettivi positivi, addirittura superlativi a volte, ma chi mi conosce e legge da un po’ sa che scrivo sempre quel che penso, nel bene e nel male.
E dopo aver assistito per la prima volta ad un loro concerto da headliner ho la risposta alla domanda che mi son posta all’inizio di questo live report.
Cosa hanno i Lorna Shore che altri non hanno e ha permesso loro di emergere dall’underground? Will Ramos, lui fa la differenza, con la sua sorprendente versatilità vocale è senza ombra di dubbio il miglior frontman nel metal estremo attualmente in circolazione e i Lorna Shore sono una delle realtà più devastanti che io abbia mai visto, davvero impressionanti.
Spero che questa enorme pressione mediatica che stanno subendo, da anni ormai, non li schiacci, e possa essere solo un ulteriore cassa di risonanza per il loro sound musicalmente intenso, feroce e del tutto personale, con un songwriting che vi invito ad approfondire e che credo nel futuro verrà citato come fonte di ispirazione per molte altre giovani band di prossima generazione.
I Lorna Shore sono il futuro del metal, non fermatevi alle apparenze, voi che come me etichettate chi come questi ragazzi va in giro con il collo tatuato, il ciuffo ben posizionato di lato e i dilatatori nei lobi, come roba da non ascoltare tipicamente, con loro, rischiate di perdere una grossa possibilità di ricredervi.
Ricordiamoci che anche nel black e nel death metal puri, diciamo così, ci son spesso le stesse cose: face painting, blasfemie, croci rovesciate, teschi e chi più ne ha più ne metta. Tra l’altro, la scritta intellegibile nel logo ce l’hanno pure loro. Le etichette son fatte per essere strappate no? E facciamolo tutti quanti, una volta per tutte.
Dopo questa discesa agli inferi durata 80 intensissimi minuti in loro compagnia, i Lorna Shore, almeno dal mio punto di vista, mettono a tacere ogni potenziale e ulteriore critica nei loro confronti, dimostrando di essere a tutti gli effetti una band eccezionale, con un frontman che definire fenomenale è quasi riduttivo, e non c’è altro da aggiungere.
Se mai si volesse un giorno dare una colonna sonora all’Inferno, senza citare i soliti nomi di gruppi norvegesi dediti ad un black metal integerrimo, i Lorna Shore sarebbero perfetti.
Clicca qui per vedere le foto dei Lorna Shore in concerto all’Alcatraz di Milano (o sfoglia la gallery qui sotto)
Lorna Shore + Rivers of Nihil + Ingested + Distant | Flickr
Lorna Shore: la scaletta del concerto all’Alcatraz di Milano
Welcome Back, O’ Sleeping Dreamer
Of the Abyss
…And I Return to Nothingness
Sun//Eater
Cursed to Die
Immortal
Into the Earth
To the Hellfire
Encore:
Pain Remains I: Dancing Like Flames
Pain Remains II: After All I’ve Done, I’ll Disappear
Pain Remains III: In a Sea of Fire
Angelo
26/11/2023 at 23:33
I lorna talmente perfetti che sembrava di ascoltare il disco. Will talento mostruoso simpatico e umile. Grandiosi anche i Distant in apertura. Rivers totalmente fuori contesto e che anche io ho trovato noiosi. Ingested molto bravi dopo una partenza un pò lenta.
Gianmarco Morelli
28/11/2023 at 18:45
Hahahahahah il cartello era mio