Articolo di Umberto Scaramozzino | Foto di Andrea Ripamonti
A leggere i comunicati stampa dei vari concerti che vengono annunciati durante l’anno, sembra che i promoter vogliano afferrarci per la “FOMO” – Fear Of Missing Out – e trascinarci su e giù per lo Stivale per tutta l’estate. Una rassegna qua, un festival là, un ippodromo, uno stadio, un’arena. Scansiona il QR Code, scambia i Token, fingi di non essere già al decimo DJ set di Ringo in un mese. “Imperdibile”, “irripetibile”, “non puoi mancare”: è un bombardamento continuo. A volte, però, è persino vero. Un esempio? I Blur al Lucca Summer Festival.
Il fermento all’annuncio del concerto al Wembley Stadium riecheggia ancora nei meandri di Internet. Era novembre e con la doppia data londinese si interrompeva uno hiatus che durava dal tour del 2015. Come si resiste a un ritorno dei paladini d’Albione? Qualcuno non l’ha fatto, infatti la delegazione italiana in trasferta a Londra deve aver spostato qualche equilibrio geografico. Interi ecosistemi umani e musicali ribaltati da un doppio concerto che sancisce un ritorno in scena con tutti i crismi del caso: c’è la voglia di suonare, c’è della nuova musica di qualità assoluta, c’è un ottimo lavoro di promozione, con qualche dichiarazione sagace di uno dei frontman più influenti della musica contemporanea. Damon Albarn dice che gli Arctic Monkeys sono l’ultima grande band con le chitarre, che gli Oasis dovrebbero tornare. In mezzo, però, ricolloca la propria band al centro dei riflettori più importanti. Tutto al posto giusto, tant’è vero che anche i racconti provenienti dallo stadio più famoso della musica non lasciano spazio a fraintendimenti: i Blur sono ancora una band di prescelti.

Per chi aveva scelto di resistere e aspettare qualche giorno in più, la data evidenziata nel calendario è invece quella del 22 luglio. Eccolo il giorno in cui Damon Albarn, Graham Coxon, Alex James e Dave Rowntree tornano a calcare un palco italiano. Lo fanno oltretutto a poco più di ventiquattro ore dalla pubblicazione del primo album di inediti in otto anni, il secondo in un ventennio. Si intitola The Ballad of Darren, anticipato dai due bellissimi singoli The Narcissist e St. Charles Square e rivelatosi un raccoglitore di idee, suoni ed emozioni ancora una volta spiazzante, come da tradizione Blur. C’è ancora chi si ostina a collocarli nel calderone delle pop band, mentre la porzione di mondo complementare da diversi decenni si lascia stupire dalle loro continue evoluzioni artistiche.
Al momento dell’ingresso sul palco, mentre una possente scritta al neon recante il loro nome scende verso lo stage, i Blur sfoggiano i sorrisi delle grandi occasioni. Dobbiamo farci dire, come ogni santa volta, quanto sia bello tornare a suonare in Italia? E facciamocelo dire, ché a quanto pare Damon ne sente proprio il bisogno. Se lo fa con quella spontaneità, poi, tocca pure crederci. Il talento più raro e prezioso di Albarn è forse questo: essere un genio, di quelli inarrivabili, eppure sembrare sempre uno di noi. Lo percepisci dal sorriso, dalla voglia matta di buttarsi tra i fan e assorbire quanta più energia possibile dalla sua gente. Dà infatti giusto il tempo di introdurre il nuovo corso con la fresca esplosione post-punk di St. Charles Square e di far scaldare il pubblico delle Mura Storiche di Lucca con There’s No Other Way e l’incontenibile Popscene, poi va a farsi una scampagnata per la passerella di fronte al palco, scende e si gode il primo di tanti bagni di folla. Che goduria, vederlo erigersi sulle teste dei fortunati nelle prime file e cantare come un ragazzino che vuole prendere a morsi il mondo. Non resiste neanche alla tentazione di scimmiottare il rivale che la storia gli ha imposto suo malgrado: porta le mani dietro la schiena come Liam Gallagher e, mentre si china in avanti verso il microfono, ride in favore di camera.

Nel frattempo sul palco Graham Coxon sembra divertirsi come un matto, mentre Alex James non molla la sua iconica sigaretta e Dave Rowntree dà solidità alla baracca. L’esperienza di chi ha dimestichezza con gli appuntamenti con la storia emerge poi quando la setlist tocca una delle hit più imprescindibili del repertorio. Dovrebbe partire Coffee & TV, ma l’impianto dà forfait. Un rumore sordo scollega la band dal suo live e mette i quattro musicisti di fronte all’imprevisto. Da professionisti, rispondono col sorriso. Non è una resa, è proprio un approccio positivo al proprio lavoro, quello da anti-rockstar, che li ha sempre posti al di sopra di tutti i possibili paragoni caustici (tranne uno, si intende). Tengono il pubblico vicino, improvvisano Intermission con Damon al pianoforte e riprendono in mano lo show con una vitalità che forse custodiscono sin dai tempi dei Circus, la loro prima incarnazione embrionale. Così, quando Coxon intona finalmente Coffee & TV, i trentacinquemila presenti sono cotti a puntino e pronti a cantare a pieni polmoni. E la masterclass su come si gestisce un imprevisto dal vivo è servita.
In realtà i problemi tecnici non abbandonano del tutto lo show, ma aleggiano nell’aria come uno spettro con un conto in sospeso. Per fortuna pezzi come End of a Century, Parklife, Song 2, Girls & Boys e Tender non lasciano spazio a distrazioni o malumori. Stupiscono anche The Narcissist e la freschissima Barbaric, che non temono di annegare in quel mare di hit e ne escono magnificamente. È la conferma della bontà di questa reunion, ben lontana dall’essere un’operazione nostalgia. E anche se non si tratta di un live perfetto – per averne la controprova bisognerebbe forse lasciar voce a chi stava in fondo al posto unico o chi i Blur li ha visti direttamente a Wembley, pochi giorni prima – per una volta, quel “non puoi mancare” strillato in promozione suona retroattivamente sincero. Esserci è davvero un sollievo, quando The Universal ci unisce tutti nel più liberatorio dei finali: “It really, really, really could happen / Yes, it really, really, really could happen”.
Il rischio di restare soffocati dalla fitta agenda dei propri membri era concreto, infatti in molti ormai davano i Blur per spacciati, prima e dopo le ultime reunion. Ché con una band così importante, se non cammini allo stesso ritmo e non ti ritrovi negli stessi spazi, a respirare la stessa aria, finisce che ti sparpagli, ti perdi. Eppure, per qualche motivo, per i quattro londinesi far parte di questa band è un po’ come andare in bicicletta. Sarà l’eccezione che conferma la regola, ma ogni volta che i Blur decidono di far ripartire il cronometro e tornare ad essere i Blur, lo fanno sempre al meglio delle loro possibilità, ovvero tornando a essere maledettamente rilevanti.
Clicca qui per vedere le foto dei Blur in concerto al Lucca Summer Festival o sfoglia la gallery qui sotto
BLUR – la scaletta del concerto di Lucca
St. Charles Square
There’s No Other Way
Popscene
Tracy Jacks
Beetlebum
Trimm Trabb
Villa Rosie
Intermission (Not on the setlist; played while a technical issue was resolved)
Coffee & TV
End of a Century
Country House
Parklife
To the End
Oily Water
Advert
Song 2
The Narcissist
This Is a Low
Encore:
Barbaric
Girls & Boys
For Tomorrow
Tender
The Universal
