Foto di Claudia Mazza | Testo di Sharon Vani
Il metallo non deve essere implacabile, devastante, per essere davvero apprezzabile. Questo non vale proprio per tutti, ma sicuramente lo è se il tuo nome è Zakk Wylde. Lo so che adesso farò storcere il naso ai più, ma dopo ieri lo metto nero su bianco.
Alcatraz, 19 giugno 2022. Dopo quattro anni, Zakk torna in terra nostrana, nel capoluogo meneghino, con la sua creatura musicale, i Black Label Society, per il tour del nuovo album “Doom Crew Inc.”. Un lavoro completo, un corpus variegato e che mostra una nuova fase della band statunitense. La scelta del locale ormai pare una garanzia, l’Alcatraz è nato per ospitare i BLS.
A scaldare il palco, e il pubblico, ci pensano i Dust In Mind. Sono le ore 20.00 e un muro sonoro finalmente invade il locale. Per chi non li conoscesse – tipo la sottoscritta fino a qualche ora fa – i francesi Dust In Mind sono tra le modern metal band più in crescita negli ultimi anni. 10 milioni di ascolti in streaming, 4 album all’attivo, sonorità industriali, adrenalina a palate e una voce, quella della bravissima vocalist Jennifer Gervais, che graffia ogni cosa.
Davvero, Chapeau. Un gruppo che assalta il palco, ci sa stare bene sopra, coinvolgente e tracce che vanno sempre in accumulo. Se vi capita, andate a sentirli, perché hanno tutte le carte per farvi divertire: una bella scoperta, soprattutto perché non hanno timore di sperimentare e farsi contaminare dai generi.Informazione di servizio: se state facendo shuffle su Spotify, cercate le playlist musicali caricate dai singoli membri della band, non ve ne pentirete.


Non voglio dilungarmi troppo, lo so che siete qui per leggere altro. Alle ore 21.15, eccoli: i Black Label Society. Questo album è na notte che pesa troppo sulla tua testa, tanto whisky ad accompagnarla e odore di posacenere. Sempre così poeticamente decadenti. C’è meno aggressività, on stage si nota, ma mai, mai, mai, meno trasporto, tecnica, poesia.
Sono diversi dai BLS che avevamo salutato nel 2018 e questo album, lo ripeto, segna senza dubbio una nuova fase della loro carriera. Qualcuno potrebbe non apprezzare ma… ehi, la vita scorre, nessuno può rimanere immobile, ancorato a un passato irreplicabile – o in questo caso, a delle note.
E al pubblico questa nuova versione piace, lo vedo negli sguardi rapiti delle persone che incrocio, nella penombra, nella voce rotta di chi canta, nelle mani che sfondano il soffitto dell’Alcatraz e toccano la notte che avanza.
Partono col botto: è subito “Bleed for me” (2002) e i fan vengono investiti dalla musica come fosse un treno merci. La grancassa segna il tempo, Zakk è nel suo, si mostra in una condizione perfetta con riff pesanti, tumultuosi e virtuosismi come ci ha abituato in tutti questi anni, fin dai suoi inizi come chitarrista di Ozzy. Come nel secondo brano, “Demise of Sanity”. La sua voce è dura, solenne come la sua chitarra, i capelli volano nell’aria.
Poi è la volta della prepotente “Destroy & Conquer” e qui, l’Alcatraz trema: quali splendide sonorità alla Black Sabbath! Un vero e proprio elogio spassionato, sincero. Chitarra esplosiva, tutti i membri sorridono. Stanno suonando bene, si stanno divertendo, il pubblico è rapito. è tutto così irripetibile e tutti noi lo sappiamo troppo bene. Un momento del genere non può ripetersi.
Dopo “Heart of Darkness” con la sua intro jam, neanche il tempo di riprenderci tutti, che arrivano malinconiche pizzicate. Eccola, “A Love Unreal” colpisce forte e riverbera dentro. Personalmente, resto senza fiato. Quel basso si fa spazio nelle orecchie, nel petto. Le sue sonorità così oscure si annidano in profondità, intrecciandosi con la voce di Zakk.


Dopo la graffiante e rabbiosa “You Made Me Want to Live”, la traccia fluisce e rifluisce, esclusivamente sulla potenza della voce di Wylde che sembra voler abbracciare il brano, dipingendo un’immagine dolorosa, quasi triste di adulazione, Zakk alza la chitarra in aria, mentre le note lentamente scompaiono sopra le nostre teste. E poi “The Blessed Hellride”, “Spoke in the Wheel”, i Black Label Society hanno deciso di non volersi proprio risparmiare in questa serata, con una scaletta ormai collaudata in questo tour, alternando riff pesanti a ballad delicatissime. La folla è emozionata, presa, ma il culmine della serata – lo sapevamo – viene raggiunto nel momento in cui Zakk passa al pianoforte. Eccolo, il momento di “In This River”, l’immenso tributo a Dime Bag Darrel. Le braccia dei fan sono tese, i cellulari illuminano il locale: tutti sono rapiti da questa ballad pazzesca, che lascia inermi. Queste note sono le Bucoliche del Groom metal, oserei dire. Un brano che ti consuma e ti fa perdere la concezione del tempo, che scivola via tra le dita, cullato da note immortali come il musicista a cui sono dedicate.
In questa serata, trame e sonorità di ogni tipo si intrecciano e incespicano: dallo stoner al southern, dall’heavy al groom. Da “Trampled Down Below” a “Suicide Messiah”, passando per l’imponente “Set you Free”, si resta intrappolati tra le note magnetiche della doppia chitarra (quella di Zakk e quella di Lorina) e la maestosa voce di Wylde, tra chimere dell’anima e pugni nello stomaco. Non c’è via di scampo per nessuno. Ti senti svuotato e pieno allo stesso tempo, trascinato a fondo, in questo sublime posacenere di emozioni. Fino all’ultimo brano, “Stillborn”, che chiude il concerto in una vera e propria escalation emozionale: l’interpretazione vocale è pari al massiccio virtuosismo della chitarra; qui Zakk si sfoga nel suo tipico e caratteristico assolo esagerato, spinto, infinito, prima dell’ovazione conclusiva da parte del pubblico.
Un concerto maestoso, solenne, come la grande band che ha solcato ancora una volta gli spalti dell’Alcatraz. Chi era presente, sa che è stato irripetibile, ma il mondo e questa scena avrà ancora bisogno di altre serate irripetibili così. Al prossimo unicum.
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BLACK LABEL SOCIETY – la scaletta del concerto di Milano
Bleed for Me
Demise of Sanity
Destroy & Conquer
Heart of Darkness
A Love Unreal
You Made Me Want to Live
The Blessed Hellride
Spoke in the Wheel
In This River
Trampled Down Below
Set You Free
Fire It Up
(Smoke on the water riff during the outro)
Suicide Messiah
Stillborn

