Quarto disco in dieci anni per il trio marchigiano, che è approdato nella grande famiglia de La Tempesta. I Dadamatto hanno sempre avuto un approccio deviato al pop, ma in questo ultimo lavoro accentuano questa loro caratteristica, spingendo le sperimentazioni verso istanze progressive. Tuttavia, questa tendenza non è mai troppo invadente, ma si limita a degli accenni, dato che il trio continua ad essere piuttosto umorale, preferendo cambiare registri stilistici e ritmiche all’interno degli stessi brani.
Coadiuvati in cabina di regia da Marco Caldera, che ha già lavorato con Massimo Volume, il cui cantante, Emidio Clementi, ha scritto e cantato nella prima strofa di “America”. Il trio sorprende quando maltratta il pop, rendendolo sbilenco, apparentemente prendendolo in giro, ma in realtà lo qualifica.
Ascoltate “Pluridemensionalità”, sospesa tra il folk e i Beatles, o le sperimentazioni bizzarre di “Marina”, o ancora lo spirito vintage presente in “A due passi dal mare”, nella quale viene rievocato il pop psichedelico italiano a cavallo dei ’70, quindi sullo sfondo ci troviamo il Battisti più sperimentale. La ‘lunaticità’ è ben rappresentata in “Orte”, mentre ne “I cinque dell’Ave Maria” il trio si lascia andare ad una ballata valzerina.
Con “Rococò” i Dadamatto dimostrano che il pop può avere delle evoluzioni.