Affrancato da poche e semplici parole di incoraggiamento (pazzi! è così che si creano i mostri!), Lacinskij torna con “The Re-cover Session Vol.1”, un nuovo capitolo destinato a proseguire la ricerca sonora già espressa in “Sound[e]scaping Vol. 1”, il disco d’esordio.
Mantenuto l’alter-ego polacco, l’artista siciliano (all’anagrafe Giuseppe Schillaci) ha deciso di condurre un’operazione molto più complessa, sperimentale e lontana dalle dinamiche del mercato musicale, coinvolgendo amici con cui aveva già avuto il piacere di rapportarsi artisticamente, sparsi lungo la penisola.
Il 2021 è l’anno delle cover: con “The Re-cover Session Vol.1, Lacinskij / Giuseppe Schillaci affida quindi l’interpretazione di 12 brani della storia della musica italiana e internazionale ad altrettanti cantautori, lasciando loro la libertà di reinterpretare a proprio piacimento musica, testo e intenzioni.
Il primo singolo/video estratto è quello di Zavvo, all’anagrafe Salvo Nicolosi, regista e tra i fondatori del collettivo Ground’s Oranges. “Non sono un cantante, canto solo al karaoke perché non so cantare ma adoro farlo. Amo, ancor di più, lanciarmi in pezzi bislacchi accompagnato da un paio di birre, tanto quando sei scarso non hai nulla da perdere se non un po’ di dignità. Con lo stesso approccio ho accettato di interpretare questo brano intoccabile di Tom Waits (uno dei mie artisti preferiti) ben conscio del rischio che si corre. Non contento, su proposta folle dell’amico regista Giovanni Tomaselli, c’abbiamo pure fatto un video su, con me protagonista (le mie doti attoriali sono pari solo a quelle canore) che vado in giro nei panni di un Hobo piromane in perfetto immaginario Waitsiano.”
“The Re-cover Session Vol.1”, come “Sound[e]scaping Vol. 1”, esce per Doremillaro [sb]Recs, l’etichetta di Schillaci che ha da poco compiuto 10 anni. Un disco digitale a cui non seguiranno (forse) concerti: musica anacronistica tutto sommato sincronica, suoni retrò, nostalgia a go go, tecnologia rigorosamente digitale che emula quella analogica, bassi elettrici e un’irrefrenabile voglia di scherzare con il suo linguaggio preferito, la musica, nel tentativo di soddisfare le orecchie di qualcuno e deridere le convinzioni estetiche dei contemporanei.
Lacinskij non vuole suonare attuale: è musica e basta, prima di tutto per sé, per sopravvivere, per creare divertendosi e per chi potrebbe avere voglia di ascoltare. Musica composta in solitudine, in autonomia, senza commilitoni di band da incontrare, da ascoltare e con cui discutere. Con la voglia di imitare intimamente, senza troppi clamori, il minimalismo, le colonne sonore dei videogiochi dell’epoca 8 & 16 bit, mischiando drum machine con casse dritte e sovrapponendo innumerevoli strati di synth, uno sopra l’altro.
“Chi ascolta male, interpreta male e suona male” J. Lacinskij