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Interviste

Ziliani, il ragazzo dai mille talenti: l’intervista

Marco Ziliani si definisce un ragazzo di 25 anni che nella vita fa “quello che monta gli strumenti in tour con le band”. Ma Marco, oltre ad essere un backliner è anche, e soprattutto, un polistrumentista, un autore, un compositore e chi più ne ha più ne metta.

Ma andiamo per ordine. Questo giovane musicista nasce in terre trentine, più precisamente a Riva del Garda, per poi spostarsi a Bolognano, fulcro della sua crescita personale e della sua produzione musicale. Mette piede per la prima volta su un palco a soli 12 anni e vi posso assicurare che è molto difficile tenere il conto delle band nelle quali ha suonato da allora (ci ha raccontato di aver suonato anche con il suo professore di ginnastica!).

Qualcuno di voi lo ricorderà per X Factor quando partecipò ai casting con la band The Wise arrivando fino ai bootcamp, altri forse per gli Usual con i quali nel 2017 ha pubblicato l’EP Just Feel Alright, altri ancora per il suo progetto solista Ziliani.

Parallelamente al suo percorso musicale Marco ha collezionato importanti esperienze anche come fonico e tecnico backliner, entrando a contatto con il mondo del backstage della musica, motore che manda avanti qualsiasi live. Infatti nel 2016 entra al Circolo Magnolia di Milano come fonico stagista e si sposta poco dopo al Bloom di Mezzago (MI). Queste esperienze gli hanno permesso di girare in tour come tecnico di artisti come Cosmo, Carl Brave, Calibro 35 e Calcutta.

Nel tempo ha portato a compimento la necessità di esprimersi tramite un proprio progetto musicale solista, e dal 2018 Ziliani pubblica il primo singolo Bar Franco e poi il secondo Foro boario pubblicati per Primalbox. Lo scorso 29 maggio invece è arrivato Piazza Vittoria, singolo dal sound insolitamente funky e la cui storia vi farà sognare.

Per scoprirne tutti i dettagli leggete cosa ci ha raccontato.

Mi sembra una buona idea rompere il ghiaccio con tre domande veloci ed indolori per introdurti a chi non ti conosce. Come ti chiami? Quanti anni hai? E cosa fai nella vita?
Sono Marco Ziliani detto Chetto Lee Johns, classe ’95 (nella vita faccio quello che monta gli strumenti in tour con le band – detto anche backliner – e a volte suono.

So che sei nato a Riva del Garda in Trentino Alto Adige e che a questa regione sei molto legato. Che ruolo gioca il tuo attaccamento alle terre trentine nella tua musica?
È vero sono nato a Riva, ma son cresciuto a Bolognano che distante qualche  chilometro da Riva. Per me Bolognano è tutto, anche se è un amore con alti e bassi. Nei brani che ho scritto nell’ultimo anno, tendo a collegare una storia personale e non ad un luogo della mia zona, quindi diciamo che si sono importanti per me. A volte mi ritrovo però in una situazione un po’ scomoda perchè qui, la musica o meglio gli spettacoli live, vengono un po’ lasciati al caso. Non c’è una vera e propria scena da noi e a volte per organizzare un concerto bisogna passare da mille aspetti burocratici e dai vecchi e meno vecchi che si lamentano del “casino”.

Non abbiamo potuto non notare il tuo invidiabilissimo curriculum: adesso hai iniziato un percorso solista come Ziliani, quindi vorrei chiederti se e come la tua esperienza in queste band ha inciso sul tuo progetto solista.
Diciamo che ogni esperienza è importante a livello sia personale che musicale.

Per esempio grazie agli Usual ho conosciuto Thias che ora cura, assieme a me, la produzione dei brani di Ziliani. È una band che esiste ancora e sicuramente ritorneremo con materiale nuovo. Ho fatto parte di un sacco di progetti, a 12 anni i primi concerti con dei ragazzi più grandi di me e, per anni, anche con il mio professore di ginnastica delle superiori (ride, ndr). Una delle band che ha segnato la mia vita sono i The Cousins, la primissima band con Sm, mio cugino, al basso e Michi Zeit, il mio migliore amico, alla chitarra (e a volte suo cugino alla voce, da cui il nome). Insieme abbiamo scritto le primissime canzoni. Avevamo 10 anni e a volte torniamo perchè il pubblico è ancora affezionato, sopratutto i nostri amici. Sia Michi che Thias sono anche i regaz che compongono “gli Ziliani” dal vivo assieme a Remo al basso e Patuiz alla batteria.

Non solo sei un talentoso performer ma ne sai anche qualcosa di tutto il duro lavoro che c’è dietro le quinte di uno spettacolo considerando che hai lavorato per diversi anni come fonico al Circolo Magnolia di Milano e al Bloom di Mezzago. Purtroppo come sappiamo oggi il settore della musica e i suoi lavoratori sono fra i più colpiti dall’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, come è stata la tua esperienza nel backstage e quali sono i tuoi auguri per i prossimi mesi?
Al Magnolia ho imparato a fare questo lavoro da stagista mentre al Bloom sono cresciuto tantissimo nei due anni passiti li. Se ora faccio i tour è soprattutto grazie alle persone che ho conosciuto in questi due posti e spero che possano tornare al più presto a fare concerti e serate come una volta. Anche tutti gli altri locali di Milano e non e a tutti gli addetti ai lavori che fanno la tourlife.

Parallelamente al tuo lavoro come fonico – è impossibile stare dietro a tutto quello che fai – hai iniziato a lavorare anche come tecnico backliner viaggiando in tour con artisti di punta della scena musicale italiana. Tra i vari nomi spuntano Cosmo, i Calibro 35, Carl Brave e Calcutta. Cosa ti ha lasciato lavorare con loro e avere la possibilità di seguirli in tour?
Una delle parti più belle di un tour sono le sensazioni che ti lascia alla fine. Hai un qualcosa in più che prima non avevi. Ho la fortuna di lavorare con un sacco di tecnici e addetti ai lavori che ogni volta mi insegnano qualcosa di nuovo che mi aiuta a migliorarmi, lo stesso vale per i musicisti e gli artisti.

Tra l’altro proprio Edoardo (Calcutta) ti ha giocato un brutto tiro ad Acireale, ultima data dell’Evergreen Tour, lanciandoti in prima linea come ospite del concerto e facendoti cantare Bar Franca, primo singolo del tuo progetto solista. Cosa ricordi di quei momenti?
È stata talmente una cosa assurda che ogni volta che ci penso mi sembra che non sia successa (ride, ndr). Al palco si ci sono abituato, ma così un po’ meno. Per tre minuti passi da essere il backliner che sta nel lato più scuro del palco ad essere invece nella zona con più luce. Poi però scendi e ritorni a fare il backliner, perchè il concerto non è finito, e il lavoro è il lavoro. A Edo sarò davvero sempre grato per l’opportunità di esibirsi davanti a così tante persone.

Rimanendo su Ziliani, lo scorso 29 maggio è uscito il tuo nuovo singolo 
Piazza Vittoria che colpisce fin dalle prime note per il suo sound inaspettatamente funky. A chi ti ispiri quando componi e quando scrivi?
Piazza Vittoria ha avuto un percorso creativo particolare rispetto a Bar Franca e Foro Boario che invece sono state più immediati. La primissima versione era completamente diversa, ma non aveva tiro e non ci faceva gasare quando l’ascoltavamo in saletta. In quel periodo, come adesso, ascoltavo moltissimo il funk, specialmente quello dei giorni nostri. Parcels, Metronomy, Daft Punk, Jungle e Vulfpeck su tutti. Con Thias ci siamo detti di provare ad abbracciare, per questo brano, un po’ quel mondo e quelle sonorità.

Così una sera, forse avevamo un po’ bevuto, non ricordo (ride, ndr), abbiamo canticchiato un ipotetico giro di basso più funkeggiante rispetto a quello precedente, e da li è nata la versione che tutti ora conoscono.

Piazza Vittoria è una canzone che già dal titolo incuriosisce molto. In una tua dichiarazione hai detto che “è la connessione di due città, Genova e Bolognano”. Spiegaci cosa volevi dire, di cosa parla questa canzone?
La canzone fa riferimento ad una giornata vissuta con una ragazza in quel di Genova. Passato il tempo con lei, ho capito che non era proprio una storia da una notte e via, ma qualcosa in più. Per lei invece non era così.

Nel tornare a casa, in treno, ho ricevuto un suo messaggio di “rifiuto” in uno dei modi più belli di sempre. Oltre ai soliti messaggi di cortesia mi ha anche inviato la canzone Telefonami tra vent’anni del maestro Lucio Dalla. Da lì l’idea di scrivere il brano che si è concluso una volta tornato a casa. Quando ho capito che la storia ormai era finita, decisi di prendere il pallone, di andare al campetto di Piazza Vittoria vicino casa e di ripensare in modo più leggero a quella storia pazzesca, tirando due calci al pallone.

Piazza Vittoria è anche un luogo di riferimento per Genova, da qui il motivo per cui sento una stretta connessione fra queste due città. Un po’ come un wormhole.

Adesso tocca farti la fatidica domanda sul futuro: cosa dobbiamo aspettarci per i prossimi mesi? Possiamo forse scorgere un album all’orizzonte?
Uscirà un brano nuovo a breve e poi penso tutto il disco. Non manca molto!

Vjesna Doda

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