“Not in my name” è il titolo del nuovo singolo della formazione romana Karma Station, pubblicato lo scorso 13 settembre per Redgoldgreen. Il duo composto da Fabiana Carosi (voce) e Valerio Rodelli (produzioni), torna a meno di un anno dal precedente omonimo EP con un brano dal forte sapore drum’n’bass. “Not in my name” è un grido di protesta, un urlo che esprime un disagio invisibile e profondo. Un modo di prendere le distanze da un mondo troppo veloce, dove la solitudine può schiacciare le anime più sensibili trascinandole in una vertigine senza fondo.
Come vi siete conosciuti e come avete deciso di unire le vostre peculiarità artistiche nel progetto?
Il nostro primo incontro in realtà è avvenuto diversi anni fa durante un festival, Valerio suonava con una delle sue formazioni e Fabiana con la sua. Nonostante tutti e due fossimo romani di nascita ed avessimo vissuto in periodi di vita diversi gli stessi luoghi e compagnie, Valerio viveva già da anni in Svizzera e quindi ci siamo rincontrati solo due anni fa a Roma. L’unione è arrivata all’inizio come coppia nella vita ma poco dopo, essendo entrambi musicisti, ci siamo ritrovati inevitabilmente e quasi per caso a comporre insieme un brano, che poi sarebbe diventato la traccia main del nostro primo EP “Love&Bass”. Da lì è nato Karma Station e non ci siamo più fermati.
Cosa significa Karma Station?
Karma station nasce dall’unione di due parole che racchiudono molto bene l’essenza della nostra unione artistica e come coppia anche nella vita: Karma perché abbiamo sempre pensato che il nostro sia stato un incontro profondamente karmico e ne abbiamo da subito percepito il sincronismo e la potenzialità creativa. Nulla accade per caso. Station perché la stazione è un luogo simbolo per noi che viviamo a quasi 1000 KM di distanza e da più di due anni viaggiamo senza sosta per ritrovarci e continuare il nostro progetto.
Suoni moderni ma che strizzano l’occhio ai ’90, quali sono stati i vostri ascolti e quali sono i vostri attuali modelli?
Questa è la domanda che speriamo sempre di non ricevere, perché il nostro bagaglio di ascolti e background musicale è talmente ampio e senza limiti di genere che sarebbe impossibile e anche sbagliato affermare di ispirarci ad un artista in particolare o ad un modello. Ad esempio spesso associano il nostro sound a musicisti come Meg o Subsonica, ma aldilà del fatto che naturalmente ci fa piacere perché sono artisti che ascoltiamo ed apprezziamo, questa risonanza non è stata minimamente cercata o voluta. Potremmo riassumere dicendo proprio che la nostra musica si basa su una sola regola: non avere regole. È il frutto di tutto quello che sicuramente abbiamo ascoltato da bambini fino ad oggi, rielaborato attraverso le nostre personali intuizioni e suggestioni, fino ad arrivare ad un suono che, semplicemente, deve piacere a noi. Quando un pezzo ci fa vibrare, quando le parole fluiscono libere quasi si scrivessero da sole, allora quello è il sound Karma Station.
Lato scrittura vi ispirate a qualche filosofia, religione o pensiero specifico?
Nei nostri testi non possiamo fare a meno di ispirarci alle nostre vite, sia perché la musica ci aiuta ad affrontare ed esorcizzare le esperienze più intense e dolorose che affrontiamo e sia perché pensiamo siano vissuti nei quali tutti si possano immedesimare. Nel farlo, sicuramente ci ispiriamo al concetto di vivere il presente, avere fiducia nel disegno che la vita ci offre, affrontare le paure ed esprimere le nostre emozioni trovando il coraggio di mostrarci per come siamo, senza maschere. Denunciando a gran voce tutto ciò che nella vita viviamo come ingiustizia, che ci soffoca, ci trattiene e che non ci permette di evolvere.
Tra italiani e stranieri, quale sarebbe il vostro featuring “sogno nel cassetto”?
Vista la vastità dei nostri gusti musicali, in termine di generi e artisti, è difficile sceglierne uno solo…per il momento possiamo solo dire che abbiamo diverse idee di collaborazioni in cantiere. Seguiteci e lo scoprirete…
Com’è nata l’idea del videoclip con il regista Matteo Montagna?
L’idea del video clip con Matteo è nata dalla voglia di veder trasformata in immagini un’idea che, fino a quel momento, era stata solo musicale. Dal primo momento, pur non conoscendoci, Matteo ha carpito esattamente la nostra estetica e il modo in cui desideravamo rappresentare visivamente questa canzone. Siamo entrati subito in sintonia e senza bisogno di tante parole abbiamo girato per ore, quasi senza pause, arrivando a questo risultato che per noi è una vera bomba in stile Karma Station. Un montaggio serrato accompagna i beat della traccia, con la nostra esibizione fuori dallo spazio e dal tempo si mescola con effetti grafici e sfondi colorati.
Quanto conta per voi l’estetica della band nel processo artistico e comunicativo?
Pensiamo che al giorno d’oggi parlare di musica slegandola dal mondo visual sia impossibile, soprattutto perché nella realtà social spesso arriva prima l’immagine dell’artista che la sua musica. Nonostante questa dimensione non ci appartenga particolarmente, abbiamo cercato di adattarci ai tempi senza snaturare la nostra essenza, proponendo un’immagine della band fedele a noi stessi e alla musica che facciamo: semplice ma d’impatto, esteticamente ricercata secondo la nostra idea di bellezza, senza inseguire i moderni canoni di “trasgressione anticonformista a tutti i costi”.
Talent, social e streaming. Come vi rapportate con queste imprescindibili condizioni della musica contemporanea?
Ne parliamo spesso, soprattutto dei talent, visto che ad oggi per arrivare ad un grande pubblico sembra imprescindibile passare per esperienze televisive come Sanremo o X Factor. Seppur con delle riserve, non abbiamo pregiudizi ne demonizziamo queste realtà in assoluto quindi, se in un futuro decideremo di partecipare, lo faremo sicuramente restando fedeli a noi stessi. Rispetto ai social ci sentiamo un po’ alieni, o forse sarebbe meglio definirci “boomer”, ma cerchiamo di adattarci ai tempi perché sappiamo che ormai è una parte, anche troppo predominante purtroppo, del lavoro del musicista. Il nostro obiettivo è in realtà quello di suonare live, girare per club e festival, luoghi dove noi, come performers, abbiamo la possibilità di connettere in maniera diretta con le persone, condividendo con loro emozioni e vibrazioni.
Cosa c’è nel futuro della band tra live e studio?
In questo periodo siamo in pieno processo creativo, spesso in studio per ultimare il nostro nuovo album. Ci aspetta poi un 2025 di live principalmente in Svizzera, per poi tornare al più presto anche in Italia, a partire da Roma che è la nostra città e dove non vediamo l’ora di suonare di nuovo.