The Lumberjack, al secolo Francesco Pelusio, è uno dei 10 TOP DJ saliti in consolle durante le puntate dell’omonimo programma televisivo di Sky Uno terminato lo scorso martedì 1 luglio. Più precisamente, è quel ragazzo di vent’anni che partendo da Guardiagrele, un paese di diecimila anime in provincia di Chieti, è salito fino a Milano con un solo intento ben preciso e centrato in pieno: riuscire a conquistare i giudici durante le selezioni per l’ammissione al talent proponendo un genere divenuto ormai di nicchia nel nostro panorama musicale: la Dubstep. Una missione non semplice, eppure, nonostante la sua giovane età, il ragazzo di provincia che aveva fatto il giro del web grazie al Remix Dubstep di “Gabriel” (dei Lamb) è riuscito a stregare non solo i giudici, ma anche il pubblico stesso, grazie alle doti tecniche elevate, alla grande professionalità e a tutta la spontaneità dei suoi vent’anni, riposizionando i riflettori su di un genere che in Italia sembrava ormai destinato a scemare.
Nell’intervista rilasciata qualche giorno dopo la Finale di TOP DJ, The Lumberjack ci parla delle sue origini, del rapporto di amicizia nato con Geo From Hell (vincitore del programma), della sua eliminazione alla quinta puntata e del suo futuro tra Xbox e patatine. Cosa colpisce di lui? La disponibilità, il carattere totalmente “anti superstar che se la mena” e la voglia di continuare a lavorare (tanto) a testa bassa e ben piantata verso la consolle, senza mai sentirsi arrivato.
Prima di iniziare a provarci come Dj e Producer votato principalmente alla Dubstep ti sei fatto le ossa nel mondo musicale in veste di batterista Metal/Hardcore. Com’è avvenuto il passaggio tra i generi e quanto sono risultate utili le competenze tecniche precedenti per il tuo percorso da Dj?
Il passaggio tra i generi è stato graduale, non mi sono mai soffermato su un genere in particolare, amo la musica in generale quindi non mi faccio problemi ad ascoltare qualcosa di diverso da ciò che prediligo. Ricordo che un gruppo che tutt’ora adoro (i Bring Me The Horizon) postarono un remix dubstep di un loro pezzo, da lì fu amore a primo ascolto. Le competenze precedenti sono risultate molto utili, il fatto di avere il senso del ritmo e del tempo aiuta quando ti trovi a fare un dj set o quando stai producendo un pezzo.
Quali sono le band che ti hanno cresciuto musicalmente e quali sono, invece, le influenze musicali che ti ispirano oggi in qualità di Dj?
Dovrei farti una lista infinita, perché per ogni genere ho una band o un artista che ha segnato la mia infanzia. Da piccolino ho iniziato ascoltando rap, italiano e non, e sicuramente mi sento di citare gente come Kaos One e Stokka & MadBuddy. Col tempo mi sono avvicinato anche a sonorità del tutto diverse come il Punk, da quello più underground, tipo Sex Pistols, Ramones, Pennywise, NOFX e Lagwagon, a quello più mainstream come i Blink 182. Poi c’è stato l’avvento del Metal e dell’HC e oggi mi ritrovo a fare elettronica. Sicuramente gli artisti che oggi più mi influenzano sono Skrillex & Must Die.
Cos’hai provato quando sei stato selezionato per entrare a far parte di TOP DJ sapendo che avresti portato in tv un genere così particolare e “di nicchia” come la Dubstep (almeno per il nostro Paese che dopo l’ondata Skrillex sembra averne cancellato il ricordo)?
E’ stata una soddisfazione unica, quando i giudici hanno abbassato il volume, ho alzato la testa e ho visto che erano del tutto entusiasti di quello che avevo proposto durante il set; la cosa mi ha lasciato a dir poco senza parole. Proprio perché il mio è un genere che oggi nessuno propone più ho deciso di mettermi in gioco al fine di creare una scena che in Italia fino a poco fa era quasi del tutto inesistente
Martedì scorso il programma ha proclamato Geo From Hell TOP DJ italiano. Cosa ne pensi della sua vittoria?
Tanto per cominciare penso che ognuno di noi abbia avuto la sua vittoria personale, chi per un motivo chi per un altro, poi ovviamente il programma si chiama TOP DJ e non cento vetrine..dunque Geo ha dimostrato una netta superiorità tecnica rispetto a noi e ha meritato al 100% di vincere questa prima edizione!
Su tutti i canali social, e durante le cinque puntate che ti hanno visto tra i protagonisti, tu e Geo siete apparsi molto legati tra voi, anzi, a dire il vero, sei stato uno dei partecipanti che più ha dialogato con tutti. Ci racconti un episodio positivo e uno negativo che hai vissuto con i tuoi compagni di percorso?
Assolutamente, con lui c’è stata intesa dal primo giorno perché chiacchierando del più e del meno abbiamo scoperto di pensarla allo stesso modo su molte cose. Di episodi positivi ce ne sono stati tanti, da quando sono entrato a quando sono uscito, il solo fatto di essermi messo in gioco con persone di altissimo livello può bastare. Di episodi negativi anche ma non sto qui a specificare. L’importante è che alla fine siamo sempre riusciti a risolvere tutto tra di noi.
Onestamente, pensi di aver meritato di lasciare il programma alla quinta puntata? Ti ha penalizzato la tua giovane età o non ne hai sentito “il peso”?
In parte, diciamo che sono soddisfatto così visto che in 5 puntate ho avuto modo di costruirmi un’identità (che era quello a cui tenevo fondamentalmente) al fine di essere identificato da chi verrà alle mie serate in futuro; d’altra parte, però, nella quinta puntata in sé sono stato troppo penalizzato per una piccolezza a mio avviso, tutto qui.
Quali qualità deve avere, secondo quella che è la tua visione personale, un TOP DJ?
Sicuramente tecnica, gusto e presenza scenica.
Se dovessi scegliere una collaborazione con uno dei concorrenti di TOP DJ e una collaborazione con un esterno, quali sarebbero i primi nomi a venirti in mente?
Sicuramente Alvino, a mio avviso uno dei più bravi produttori in Italia. Esternamente non saprei, sicuramente mi piacerebbe produrre musica per artisti rap. Salmo è uno di quelli per esempio.
Ti sei mai scontrato con la classica frase “Il Dj non suona, il Dj mette i dischi”? Se sì come hai risposto (o come risponderesti)?
Ovviamente si! Spesso e volentieri mi limito a non rispondere, anche perché una tale affermazione è solo frutto di una profonda ignoranza generale e non solo musicale.
A bruciapelo: Club o Festival?
Entrambi si può dire? Dai, festival.
Il nome The Lumberjack è un tributo alla tua terra. Com’è stato partire dall’Abruzzo ed essere catapultati a Milano e quanto è importante mantenere il filo diretto con le tue origini?
Ci sono i soliti pro e contro. Milano è assolutamente la città per eccellenza, soprattutto per chi ambisce a fare della musica il proprio mestiere, detto questo non sopporterei di staccarmi per sempre dalla mia terra, la pace e la tranquillità che c’è nel mio paese non la trovo da nessuna parte; è un problema strettamente legato al mio carattere, faccio fatica ad abituarmi a qualcosa di nuovo, per quanto questa cosa possa essere positiva per me.
Dove vedi The Lumberjack fra 10 anni?
Premetto che non amo fare pronostici per il futuro, io spero di continuare a fare musica sempre e comunque, che sia elettronica, metal o liscio!
E fra 20 anni?
Tra 20 anni invece sarò un nerd a tutti gli effetti, ingrasserò e mi nutrirò di patatine dalla mattina alla sera mentre gioco alla Xbox.