di Thanks For Choosing
I Kuadra sono una band di Vigevano ben nota a chi bazzica l’underground della scena rock. Tornano dopo qualche tempo di assenza con un nuovo album dal titolo “Cosa ti è successo” che unisce rock, rap ed elettronica in un modo unico grazie anche al contributo di Giulio Ragno Favero de Il Teatro Degli Orrori che ne ha curato la produzione artistica. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con loro riguardo i millennials, Vigevano, politica e padri.
Chi sono i Kuadra? Da dove arrivano? E cosa è cambiato con questo disco dopo questi anni di attività? Lo considerate un cambio di percorso?
I Kuadra sono una band che dal vivo suona forte, una band che ci crede, composta da quattro “millennials” che hanno vissuto il prima e il dopo di una scena musicale ormai in frantumi. Arriviamo dalla provincia di Pavia, dove l’aspettativa di vita è più bassa di due anni rispetto al resto del paese, Vigevano è la nostra città, quella del Maestro di Mastronardi, quella dei bigotti benestanti, delle risaie, dei calzaturifici chiusi e della Lega che prende il 60 per cento.
Abbiamo prodotto quello che per noi è “Il Disco”, quello che sognavamo di fare da tanto e che, ancora prima della pubblicazione ci ha regalato grandi soddisfazioni: lavorare insieme a Giulio Ragno Favero, avere il supporto di Maninalto!, poter suonare con Kole Laca del Teatro. Non è un cambio di percorso(siamo sempre andati dritti come treni), abbiamo semplicemente sommato ai nostri sforzi e alle nostre capacità quelle di professionisti che per noi erano un punto di riferimento.
Come è stato lavorare con Giulio Ragno Favero? Cosa c’è di lui in questo album?
Con Giulio abbiamo subito messo in chiaro una cosa importante, affidargli la produzione artistica per noi significava dargli piena fiducia, gli abbiamo chiesto di non risparmiarsi e non l’ha fatto, anzi, ha messo davvero più di quanto ci aspettassimo, in termini di passione e dedizione. Ha curato il progetto dalle pre-produzioni, era presente anche nella fase di master. Possiamo dire che in questo album ci ha messo tutto se stesso.
Non ho paura dei muri, dei fucili e dei padroni. Prendo questo verso, ma in realtà ce ne sarebbero tantissimi altri di rappresentativi. Quanto è importante essere politicamente espliciti quando si fa musica? Fare musica è necessariamente avere un impegno sociale?
Per dirla con le parole di Ai Wei Wei: L’arte è politica.
Scrivere una canzone e suonarla dal vivo davanti a un pubblico è un gesto politico, mentre lo si fa si esercita la propria libertà di espressione. L’impegno sociale richiede sicuramente uno sforzo maggiore, quindi le due cose non vanno sempre di pari passo. Possiamo dire però che prendere posizione rispetto a temi forti e divisivi, come l’immigrazione, è necessario per noi. Fare musica, per i Kuadra significa questo: cercare, nel tempo di una canzone, di farti mettere nei panni di quell’immigrato per chiederti “e adesso come ti senti?”.
In un periodo in cui l’autotune viene usato in tutt’altra scena e contesto, fa quasi strano sentire quest’effetto in un panorama rock. Di chi è stata l’idea? E se vi chiedessimo di identificarvi in un genere, quale sarebbe? Chi è che nel 2019 fa sia musica e politica?
Giulio ha avuto la brillante idea di usare l’autotune per TRASHLADY. Ci ha spiazzato e proprio per questo abbiamo capito che era un elemento interessante. Far dialogare il rock con la trap è indubbiamente una scelta originale. Quando eravamo del tutto convinti abbiamo deciso di usarlo anche per altri due pezzi, L’INCENDIO e NAOMI.
Quello che stiamo cercando di fare è percorrere una strada che non è stata ancora battuta, è molto più faticoso ma a volte è una scelta che premia. Non sapremmo davvero come definirci, facciamo quello che sentiamo, che ci piace.
Mi ha colpito molto il brano Mio Padre. Una sorta di dialogo mai avvenuto.
Di cosa parla questo brano? Come è nato? E’ un brano autobiografico?
Il testo di Mio Padre è una lettera rimasta per qualche anno in una cartella del mio PC. È stata scritta quando ancora il destinatario avrebbe potuto leggerla. L’ho ritrovata e completata poco dopo la sua morte.
Parla di cosa significhi fare i conti col passato, per un figlio che si guarda allo specchio e scopre che in fondo, non è poi così diverso da suo padre.