di Stefania Clerici
È da poco uscito TERRANOVA il primo disco di inediti di GULLIVER, il nuovo progetto di Giò Sada, via Kallax Records e distribuito da Artist First. L’album è stato anticipato dai singoli “100 vite”, “L’essere meccanico”, “Se non sono necessario” e da “Figli” e rappresenta un nuovo inizio per il cantautore pugliese che, attraverso questo album vuole riportare la musica all’esperienza dell’ascolto svincolandola dal legame con l’immagine, l’esteriorità, dal rapporto col pubblico attraverso il “personaggio” e non il contenuto. L’obiettivo è ritornare a una dimensione più autentica, come esperienza di condivisione.
La musica è intensa, ad alto impatto emotivo, senza limiti di genere, che parte dalla semplicità di chitarra e voce per spingersi fino alla contaminazione con l’elettronica. I testi parlano di resilienza: la consapevolezza di non voler più rincorrere la realtà, rinunciando alla frenesia che la contemporaneità impone.
Proprio come l’avventuriero Gulliver alla scoperta di mondi inesplorati, il cantautore fa tesoro di questo bagaglio di conoscenza e di esperienze e le trasforma in musica, ritornando a una profonda libertà espressiva. Abbiamo organizzato una chiacchierata telefonica con lui, leggi qui l’intervista:
ROCKON: Parlaci di questo nuovo progetto: perchè Gulliver?
GIO SADA: Gulliver è un lavoro di interiorizzazione degli ultimi quattro anni, per cercare di capire cosa stava succedendo e raccontarlo. Il nome è stato una scelta, perchè stavo attraversando modi musicali diversi: sono passato da una dimensione punk a quella più mainstream con X Factor, per poi approdare qui. Si è creato in me come un naufragio interno, un limbo in cui mi trovavo in difficoltà a comunicare. Ho quindi deciso di fermarmi e riprendere il mio percorso, per sollecitare una parte di me dormiente. La sua forma è nata nel nuovo progetto: mi piace comunicare l’idea di fare un viaggio attraverso il mio disco. Non è un viaggio fisico, ma ho spostato la mia zona di confort ed è nato Gulliver.
Sonorità semplici, piano, chitarra e voce, ma molti effetti elettronici e contaminazioni: penso alle onde del mare in 100 vite o al coro noisy di Figli: quanto ti sei divertito a sperimentare?
Molto, soprattutto perchè in questo progetto non sono da solo: ci sono io con la mia voce e chitarra, e poi c’è Marco Pischetti, produttore del disco, che ha portato la ricerca di suoni, drum machine, synt, creando un’unione bellissima. Insieme partivamo da un’idea comune di suoni liquidi e mondi eterei che possono trasportarti un una dimensione altra, senza per forza il bisogno di un testo. Certi pezzi ricordano anche la musica dei mantra, con un approccio spirituale e olistico.
L’essere meccanico: un pezzo con un’elettronica spinta e un testo che è quasi una contraddizione, per una presa di posizione contro l’automazione. Ce lo spieghi?
Il testo della canzone affronta una dicotomia di fondo dell’essere umano: l’essere doppio. Le strofe infatti dialogano con il ritornello, formando il pezzo. Io sono la stessa persona che si abbandona all’amore con l’umanità che però prova sentimenti di repulsione verso alcune persone. Ad esempio… nel testo dico “grido in auto contro gli altri”, una situazione che vi sarà capitata quando qualcuno vi taglia la strada… ecco, io vorrei imparare ad essere un po’ zen come mio padre e a distaccarmi da reazioni plateali per vivere con più tranquillità una situazione normale. Essere quindi meno meccanico verso me stesso, per essere più altruista verso il mondo, verso l’altro, superando i limiti. Penso anche alla situazione attuale e quello che stiamo vivendo: stare a casa è un atto d’amore per tutelarci a vicenda, riscoprendoci più umani e meno meccanici.
La title track Terranova, è quella che chiude l’album: spiegaci questa canzone così intensa e poetica che presenta e conclude il tuo lavoro.
Terranova è stata la prima canzone del disco, è nata in età precoce, nell’estate del 2016 come un pezzo di sola voce e chitarra. È nata proprio a Terranuova, nel parco nazionale del Pollino solo nella musica. Dopo un anno sono tornato nello stesso posto ed è nato il testo, che è diventato l’appiglio e il pretesto per il disco. La canzone parla di andare al di là delle apparenze e della superficialità, per arrivare a pensare un mondo nuovo, dove gli alberi si riappropriano dello spazio e gli animali vivono sereni. Quando alla fine del brano dico “se manchi tu” mi riferisco ad un tu universale. È necessario che la nostra generazione prenda coscienza e si faccia carico delle responsabilità che abbiamo. Terranova è un grido di forza, perchè possiamo farcela a cambiare il presente, solo se riusciamo ad astrarci, trovando un modo per andare d’accordo gli uni con gli altri, per avere meno “stress”.
Visioni oniriche, ricordi, mondi altri e lontani: un viaggio più mentale che fisico… è forse l’unico possibile di questi tempi?
Più che possibile, è il viaggio necessario da fare. Bisogna fare i conti con se stessi e i propri limiti. Il caos si accumula e nel tempo diventa poco gestibile. Credo che sia un momento particolare, però è un momento opportuno per fare un viaggio all’interno di se stessi, analizzando la propria forma e interrompendo quell’essere meccanico, di cui parlavamo prima, per alimentarci di emozioni. Ci sono alcune energie che dobbiamo imparare a incanalare e diffondere, l’amore è un’energia, la rabbia e l’odio pure… ma bisogna accorgersi delle manifestazione delle emozioni e usarle in maniera positiva. Ci stiamo accorgendo che l’Italia è come un grande “condominio”, andare d’accordo in 60 milioni non è facile, ma bisogna superare certi limiti.
Molti artisti stanno usando i canali social in questo momento particolare mettendo a disposizione la loro musica come tratto di unione e intrattenimento collettivo: hai anche tu in programma delle dirette o stai pensando più al futuro e a possibili live sul palco quando questa situazione sarà finita?
Sì, sto pensando al futuro, ma sto anche scrivendo molto. Non vorrei sembrare radicale, penso sia stato molto bello aver visto nella prima settimana, stando a casa, un momento di entusiasmo di starci vicino seppur lontani, spero che sarà così anche nelle prossime due settimane. Ma penso anche, come dicevamo prima, che sia un momento per stare di più con se stessi. Io sto componendo molto, sto scrivendo per dare la mia descrizione di quello che sto vivendo. Sicuramente sono belle le iniziative dei live social, dare 5-10 minuti di pace è lodevole, infatti sto prevedendo di fare almeno un live a distanza con Marco, l’altro membro del progetto, che però si trova lontano da me. Nello stesso tempo spero che si avrà la possibilità per ognuno di ri-trovarsi, attraverso anche l’autoanalisi e l’introspezione. Riguardo a futuri live, appena la situazione rientrerà alla normalità, spero potremmo organizzare qualche data in concerto… già ci stavamo lavorando, ma poi la situazione è precipitata e non abbiamo annunciato date, ma spero presto recupereremo. Per ora possiamo darci questo appuntamento: vediamoci online!