“Il Resto è Rumore” è una rubrica che si occuperà di concerti, ma non di recensioni e date, bensì avrà l’ambizioso obiettivo di fare il punto sulla situazione della musica dal vivo in Italia. Lo sguardo, o meglio le orecchie, saranno puntate sulla qualità dell’offerta: gli spazi, i locali, la qualità del suono, la disponibilità delle istituzioni, il costo dei biglietti, gli artisti, e qualsiasi cosa influisca sulla buona riuscita di un evento.
Attraverso interviste agli addetti ai lavori e articoli di analisi, si cercherà di tracciare un quadro che sia il più ampio possibile sullo stato di salute del “Live”. La rubrica ospiterà molte voci diverse, molti punti di vista diversi, per sentire da ogni angolo quali sono i problemi, i rapporti fra le parti, dove si può migliorare, per poter dare suggerimenti e fare proposte.
Ma la parte più importante dei concerti è il pubblico, per questo una grande fetta per la buona riuscita di questa rubrica spetta a voi, voi che andate ai concerti, voi che ascoltate musica, voi che leggete. Le vostre segnalazioni, i vostri commenti sono importantissimi per poter mettere a fuoco i reali problemi che affliggono il popolo dei concerti, ogni tipo di concerto, da quello dei vostri amici nel piccolo locale di provincia, al grande festival.
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Per cominciare decido di contattare Roberto Sburlati, responsabile booking (e bassista dei Madam di Marco Notari) di un’agenzia di concerti , promozione e altri servizi legati alla musica che risponde al nome di Libellula Music.
La Libellula Music ha circa un anno di attività alle spalle, un anno in cui si è data molto da fare ed è diventata una realtà molto solida, riuscendo ad inserire nel proprio roster nomi di tutto rispetto, come Marco Notari, Andrea Chimenti, Mambassa, Colore Perfetto, Il Disordine delle Cose e The Warlus. Nel frattempo si sono impegnati anche nell’organizzazione di eventi live molto interessanti, oltre a un’intensa attività di promozione e ufficio stampa per le band.
Per questa vivacità e per la giovane età dell’agenzia, ho pensato che poteva essere un ottimo punto di partenza. Le aspettative non sono state deluse…
Facciamo capire un po’ a tutti come si svolge il vostro lavoro, forse molti non hanno idea di cosa faccia un’agenzia di booking, oppure hanno idee fantasiose derivate da leggende del rock…
Gestire il booking di una band significa organizzare un tour di date, occuparsi quindi di fissare le serate ed occuparsi in toto di tutte le questioni tecnico-logistico-economiche (cachet, pernottamento, situazione tecnica, catering ecc). Per quanto mi riguarda è un bel lavoro, ma nulla di così romantico e decadente…
Quali sono i passaggi che portano la vostra agenzia a fissare una data?
Ci sono 2 casi:
1 – Il promoter locale o il gestore del club è interessato ad una delle nostre band e ci contatta
2 – Sono io a contattare il club per proporgli un progetto.
Dopo il primo contatto, ed effettuate le dovute valutazioni, si discutono le condizioni della serata, il cachet, la cena ed il pernottamento. Una volta stabilito il tutto viene formalizzato con un contratto.
Più o meno quante ore di lavoro ci vogliono per organizzarne una?
Dipende, mi è capitato di chiudere una data in pochi minuti così come di lavorarci per pomeriggi interi
E per organizzare un tour?
Organizzare un tour è un lavoro lungo, specie perché bisogna anche dare un senso logistico al viaggio, calcolare i chilometri, riempire i famigerati day off… ecc… è un ricamo!!
Se si può dire, quali condizioni chiedete di solito?
Quelle standard sono, oltre naturalmente al cachet della band, una buona cena, un camerino dove la band possa rilassarsi, e un pernottamento confortevole. L’ospitalità, e questo lo dico da musicista, è una componente essenziale, e da promoter dico che ci vuole veramente poco, per far sentire a proprio agio una band che ha fatto chilometri per far ascoltare la propria musica!
Solitamente vengono rispettate?
I locali seri le rispettano sempre…con altri bisogna “farsi sentire” un po’ di più. Ci tengo a precisare che noi, così come le nostre band non pretendiamo mai la luna…ripeto, semplicemente una buona accoglienza, che segua le norme basilari dell’educazione e soprattutto del rispetto! Poi ovviamente, ogni band ha le sue esigenze specifiche.
E quali condizioni vi richiedono i locali?
Professionalità in primis: con una punta d’orgoglio e senza falsa modestia ti dico che è una condizione che con Libellula e grazie alle band del roster non manca mai!
Secondo te, in media, i piccoli e medi locali italiani sono ben attrezzati per ospitare concerti?
Le strutture e l’organizzazione sono adatte?
A malincuore, in media no. Sono anche io un musicista, e devo dire che le condizioni tecniche non sono quasi mai all’altezza.
Però spesso chi gestisce questi locali si sforza tantissimo per la buona riuscita delle serate, e soprattutto si mette in gioco proponendo musica di qualità. Ed è uno sforzo che va sottolineato ed apprezzato!
Io credo che moltissimi locali, più che altro quelli piccoli, abbiano le idee poco chiare sull’offerta che vogliono dare. Puntano al profitto nel più breve tempo possibile, a discapito della qualità, le serate proposte mancano di identità e personalità. Si vedono gruppi che fanno pietà esibirsi solo perché portano “gli amici” facendo scappare tutti i possibili clienti abituali. Oppure gruppi validi a cui non viene fatta uno straccio di promozione (pensando che portino “gli amici”) che si ritrovano a suonare in locali deserti. Tutto ciò contornato di serate karaoke, partite di calcio o peggio. Questi locali solitamente dopo poco tempo si ritrovano costretti a chiudere. Oppure si re-inventano “discoteca” per tentare di risollevarsi; giustificandosi che “la musica live non funziona”.
Tu credi sia davvero così, o pensi che sia più una questione di organizzazione e di “personalità” delle serate proposte?
Penso che chi è costretto a chiudere, se l’è quasi sempre meritato. Per cui la personalità delle serate proposte, e soprattutto la capacità di organizzazione ( e la voglia di lavorare!!) sono fattori determinanti! Ci sono locali dove la musica live funziona eccome, anche in luoghi impensabili.
Detto questo, bisogna tristemente ammettere che in questo momento in Italia la musica live funziona meno di altro… Ma chi ci crede deve insistere, e chi insiste spesso viene premiato.
Guadagnare qualcosa con i concerti è difficile, i gestori fanno il loro interesse e sfruttano la mancanza di spazi e l’abbondanza di band per ridurre al minimo, o togliere i compensi. Le band emergenti si svendono al miglior non-offerente per poter suonare, provocando un circolo vizioso.
Come dicevo prima, il gestore preferisce far esibire una band sconosciuta che suona gratis (e porta gli amici), piuttosto che una band un po’ più conosciuta che si fa pagare e necessita di un minimo di promozione, perché se fai 50 concerti all’anno gli amici dopo un po’ si stufano di seguirti.
Questo oltre a far perdere di qualità la serata, porta la band più conosciuta ad abbassare le sue condizioni, e a sua volta anche la band “affermata” dovrà adeguarsi al mercato.
Che consiglio puoi dare a una band emergente per sfuggire al sistema “panino&birra” (e a volte neanche quello), che non è giusto e alla lunga danneggia il circuito dei concerti, senza rimanere rinchiusi in cantina a vita?
L’unico vero consiglio che posso dare ai gruppi emergenti è “Cercate di suonare bene, concentratevi soprattutto su quello!”
Il circolo vizioso di cui parli esiste ed è soffocante, ma l’unico modo per uscirne è la qualità! Esempio, una band emergente va a suonare per panino&birra, e riempie il locale di amici. Tra questi c’è l’amico dell’amico, che al secondo concerto porta altri 4 amici. Il pubblico aumenta piano piano, sino al punto in cui la band può tranquillamente andare dal gestore e dirgli “se vuoi di nuovo il locale pieno e noi sul palco ci devi pagare!”.
Voi come riuscite a sopravvivere in questa giungla (ti prego non dirmi “c’è la crisi”)?
Stringiamo i denti e cerchiamo di lavorare meglio degli altri. Siamo ambiziosi e sicuri di poter crescere molto.
In Italia è più un problema la mancanza di spazi per esibirsi oppure la cattiva gestione e manutenzione di quelli che ci sono?
E’ un discorso molto lungo e complesso…comunque esistono entrambi i problemi, e sono entrambi rilevanti.
A proposito di personalità delle serate proposte… cosa ne pensi dell’occupazione massiccia dei palchi da parte di cover e tribute band?
E’ giusto che tutti abbiano il loro spazio, ed è giusto che esistano club dedicati a band di quel tipo…Mi preoccupo quando mi accorgo (e purtroppo succede spesso) che la gente in media preferisce andarsi ad ascoltare la cover band che propone repertorio pop-rock che non la band che propone musica originale. E’ indice di pigrizia e poca curiosità…fattori che vanno più d’accordo con l’ignoranza che con la cultura.
Pensi che a volte le pretese di alcuni gruppi siano eccessive? Avete mai avuto di questi problemi?
Ci sono band che hanno troppe pretese sì. Forse non si rendono bene conto di chi sono veramente e di dove vivono… ma spesso è solamente un fatto di educazione.
Abbiamo avuto qualche piccola scocciatura, ma mai nulla di grave, e soprattutto mai con band del nostro roster!
E’ di qualche giorno fa la risposta di Giulio Favero alle polemiche sulla qualità del suono ai concerti del Teatro degli Orrori.
In base alla tua esperienza, nella maggior parte dei casi in che percentuale si divide la responsabilità della qualità del suono fra band, fonico e locale?
L’acustica del locale è quasi sempre il fattore determinante…In italia molti club anche importanti non hanno una situazione acustica all’altezza della situazione, figuriamoci quelli piccoli e meno organizzati…
Per fare un buon concerto non basta “Uno spazio”, ci vuole uno spazio “di un certo tipo”, ma pare proprio che da noi manchi questo tipo di cultura!
Detto questo, anche il musicista non all’altezza può influire molto (non è ovviamente il caso di Favero e soci!).
Salvo i fonici, loro sanno quasi sempre far bene il loro lavoro.
Cambiando un po’ argomento…
Parigi, un tempo capitale del divertimento, pochi giorni fa in un articolo del Corriere.it è stata chiamata “capitale del sonno”, a causa di progressivi restringimenti di licenze e orari dei locali notturni e di molte chiusure forzate effettuate nel nome della quiete pubblica.
Lo stesso sta avvenendo a Milano (inferriate al parchetto del Mom, Rolling Stone e altri locali chiusi, polemica dei decibel a S. Siro…) e in altre città italiane. Questa tendenza colpisce soprattutto locali che fanno musica dal vivo, centri sociali e concerti all’aperto.
Secondo te a cosa è dovuta la spiacevole moda del “silenzio” che sta dilagando?
Mi sembra che si stiano semplicemente ascoltando molto di più le lamentele rispetto al passato. Forse perché ascoltare le lamentele porta voti…o forse perché costringere tutti i ragazzi che vogliono far tardi ad uscire dal pub in centro e ad andare in discoteca per mancanza di alternative facilita le operazioni di posti di blocco, ritiro patenti e sanzioni varie…Un modo come un altro di aiutare i nostri poveri conti pubblici… A nostro danno naturalmente!.
A mio parere avrebbe più senso spiegare ai cittadini “perbene” che una città “viva”, piena di eventi, di concerti di iniziative, tiene lontano il degrado, tiene lontani i loro figli dalla noia e quindi da modi decisamente illegali di passare il tempo, e forse cosa più importante attira turismo e quindi soldi.
Tu pensi che sarebbe possibile far capire alla gente che si lamenta del rumore, che la cultura, il divertimento, la socialità sono anche una risorsa e un aspetto positivo delle città e non solo qualcosa di negativo e rumoroso da zittire?
Non so. E’ una questione molto delicata. Io capisco che una persona che deve alzarsi alle 7 del mattino ha bisogno di riposo, al contempo mi sembra che in questo momento ci sia un certo gusto per la lamentela a priori…
Nel mio quartiere a Torino, San Salvario, le famiglie devono scegliere: chiudere i locali significa riportare gli spacciatori sotto il portone delle loro abitazioni, tenerli aperti significa non dormire…E’ una questione davvero delicata, forse la soluzione unica sarebbe venirsi incontro… ma pare che in questi anni sia una cosa che in Italia non va più di moda.
Avete mai incontrato problemi di “vicinato” nei concerti organizzati da voi?
Al diavolo rosso c’è lo stop della musica obbligatorio a mezzanotte…rispettando questo limite ce la siamo più o meno sempre cavata.
Quest’estate però sono stato richiamato dai vigili durante la prima serata di un festival che sarebbe durato 2 sere in tutto… A loro dire erano stati tempestati di telefonate… Quando parlo di venirsi incontro mi riferisco soprattutto a questo: per due sere l’anno potresti anche lasciarci fare il nostro lavoro in pace e fare lo sforzo di ascoltare I MARIPOSA!!!
Veniamo all’aspetto “istituzione” della cosa.
In questo anno di attività avete anche operato come “direttori artistici” di alcune serate fra cui le Indi(e)avolato Nights, avrete avuto certamente rapporti con le istituzioni, comune e assessorato addetto, che accoglienza avete trovato?
Per ora una buona accoglienza e nessun problema di sorta… anche per quel che riguarda l’episodio sopra citato, le autorità comunali sono state abbastanza comprensive!
Pensi che si possa fare di più nel piccolo, all’interno delle amministrazioni comunali, per promuovere la musica dal vivo? O credi che il grosso dello sforzo debba essere fatto dall’alto, ovvero da regioni e province?
Dovrebbero essere fatti sforzi maggiori in ogni senso. A livello nazionale evitare i tagli, e suddividere meglio le risorse destinate alla cultura, a livello locale impegnarsi a promuovere certe iniziative con maggiore convinzione.
Nella tua esperienza di musicista hai avuto modo di girare quasi tutta l’Italia, quali sono secondo te le amministrazioni più impegnate in questo senso?
Girando tanto mi accorgo che la mia città di origine, Asti, è un buon esempio. Astimusica propone tutti gli anni un cartellone incredibile, e per gli emergenti ci sono concorsi interessanti, e d’estate anche i bar più piccini si organizzano per proporre musica dal vivo. Molto carino! Peccato tutte queste lamentele!
Sinceramente potrei parlarti di club e festival che conosco fuori dalla mia realtà, ma di amministrazioni…davvero non so.
Quelle invece dove ci sarebbe ancora molto da fare?
Anche qui non voglio avventurarmi in territori che non conosco…voglio però togliermi un piccolo sassolino. La Liguria manca quasi totalmente di spazi live adatti a produzioni diciamo medie…
Quali sono secondo te i locali migliori, sotto tutti i punti di vista, per la musica dal vivo?
Un po’ per amicizia, un po’ per campanilismo, ma soprattutto per la professionalità e il tipo di programmazione credo che Spazio 211 a Torino sia uno dei migliori club d’Italia.
E naturalmente il Circolo degli Artisti a Roma. Un club davvero stupendo!
I peggiori?
Non sai quanto mi piacerebbe poterti rispondere!!!
L’intervista è giunta al termine, solo un’ultima domanda, hai qualche idea da suggerire per far crescere la cultura musicale nel nostro Paese?
Un suggerimento a noi come popolo, più che alle istituzioni: dobbiamo essere curiosi! Negli anni in cui con internet possiamo arrivare ovunque, dobbiamo solamente avere voglia e curiosità!
Andiamo oltre alle solite proposte, al talent show o al video mainstream (non dico di non guardarli, ma di andare anche oltre)!
La nostra cultura andiamocela a cercare!
Dario
04/12/2009 at 14:08
grande sburla!
” E’ indice di pigrizia e poca curiosità…fattori che vanno più d’accordo con l’ignoranza che con la cultura.” perla di saggezza
Dina De Paris aka Dinetta
04/12/2009 at 14:18
Complimenti x l’intervista! L’ho trovata molto interessante!