Alan McGee, il celebre discografico inglese, fondatore dell’etichetta Creation Records, nonchè creatore del britpop dopo aver scoperto OASIS, PRIMAL SCREAM, THE LIBERTINES e tanti altri, sarà in Italia per presentare il suo DjSet:
Venerdì 19 Novembre @ Parma – Le Male Club ‘London’s Corner’
Sabato 20 Novembre @ Roma – Radio Cafè ‘Touch the Wood’
E’ considerato il passato, presente e futuro della musica indipendente inglese.
Da Glasgow a Londra. Senza soldi, senza un lavoro. Ma con una grande ricchezza: la lezione del punk. Soprattutto quella dei Clash. Le parole d’ordine? “Do It Yourself” e “Complete Control”. E così ha fatto, Alan Mc Gee. E’ partito alla volta del centro dell’impero britannico con l’amico Bobby Gillespie (prima batterista dei Jesus & Mary Chain, poi leader e frontman dei seminali Primal Scream) e quell’impero, poi, ha finito per scalarlo. Musicalmente parlando, si intende.Nei primi anni ’80 McGee a Londra è l’animatore di oscure serate underground all’insegna della
musica tanto amata: punk-rock e psichedelia. Prima un locale, il minuscolo “The Living Room” (un
soggiorno, nel vero senso della parola), poi l’idea di un’etichetta, pensata insieme all’amico Dan
Treacy dei Television Personalities. Nasce la Creation Records, è il 1984.
Tutto è fatto in casa, dai gruppi alle copertine dei dischi in 45 e 33 giri. Il suono grezzo dei primi
vinili di Legend!, Jasmine Minks, Television Personalities, Biff Bang Pow! e Primal Scream è
un lampo elettrico che proviene dai bassifondi, mentre il mondo fuori guarda ai Duran Duran e
all’epoca del pop sintetico.
Pochi soldi, molte idee. La Creation ha rischiato più volte di affondare, nonostante l’esplosione dei Jesus & Mary Chain (che passarono al colosso Warner), ma l’intuito del suo capitano riuscì a tenerla a galla. Arrivano gli anni ’90 e con essi i successi dei Ride e dei Teenage Fanclub, dei My Bloody Valentine e dei Boo Radleys. Arriva anche la crisi, però. Che investe tutta la discografia britannica. Alan McGee e il suo socio Dick Green sono costretti a vendere il 49% della Creation alla Sony. Mossa dolorosa ma necessaria ad assicurare altri anni di vita alla creatura prediletta. Quando molti – se non tutti – pronosticano la fine della Creation, McGee scopre un gruppo di cinque ragazzi di Manchester in un pub di Glasgow: sono gli Oasis. Con loro la combinazione punk-psichedelia approda ai primi posti delle classifiche di tutto il mondo. Il volo però dura poco, l’atterraggio è brusco: un grave esaurimento nervoso rischia di metterlo fuori gioco e gli impone un periodo di riabilitazione. Quando McGee torna in pista la Creation è cambiata: il business ha preso il sopravvento e a dettare legge ora è la divisione marketing dell’etichetta.
Il post-Oasis regala comunque nuove bands interessanti: Super Furry Animals, Arnold e Trashmonkeys su tutti. Solo i primi però riescono a essere premiati dal mercato.
McGee intanto è entrato nel giro che conta. Da buon vecchio socialista appoggia il New Labour di
Tony Blair e partecipa a un ricevimento al numero 10 di Downing Street in compagnia di Noel
Gallagher.
La Creation finisce per vivacchiare tra alti e bassi fino a quando, nel 1999, Alan McGee e il suo
socio Dick Green decidono di porre fino alla corsa: la Creation Records chiude i battenti.
Nel 2000 il ritorno all’etica e all’estetica dei tempi che furono si chiama Poptones (nome preso in
prestito da una celebre canzone dei P.I.L.): una piccola label indipendente con addosso cucito lo
spirito del “do it yourself”. Quanti si aspettavano il secondo capitolo della Creation restano forse
perplessi, ma la delusione dura poco. Arriva un florilegio di nuove bands (alcune delle quali
statunitensi, come gli Outrageous Cherry) e un pugno di ristampa di dischi anni ’60 di assoluto
valore. La grafica optical e il chiaro riferimento all’epopea dei Sixties fanno il resto. In breve la
Poptones diviene un piccolo culto in seno alla quale sbocciano anche Hives e Bellrays. L’attività è intensa ma breve. Nel 2002 McGee congela la Poptones e riannoda i fili del discorso Creation in collaborazione con il manager Stephen King: non un’etichetta, stavolta, ma un’agenzia di management. La Creation Management ha avuto fra i suoi fiori all’occhiello Mogwai, Libertines, Kills,Beta Band e Kathryn Williams.
McGee trova anche il tempo di inaugurare due club nights, “The Queen Is Dead” e “Death
Disco”, che impiegano ben poco a divenire due fra gli appuntamenti più cool del panorama
settimanale londinese. Nel mentre, la Poptones torna in pista più agguerrita che mai: è il 2004
e l’occhio di McGee stavolta cade sulla nuova e ruggente scena londinese; i nomi sono The Others, The Paddingtons, Thee Unstrung, Special Needs. Grazie all’accordo con la Mercury,
tutti i dischi di queste formazioni hanno avuto distribuzione internazionale. Nell’ottobre scorso,
come annunciato dal Dailytelegraph Mc Gee, ha detto ufficialmente basta al music business.
Solo qualche mese prima nel corso di un’intervista radiofonica all’emittente XFM definì le major
discografiche “maledetta spazzatura”, esortando le giovani band a diffidare delle grandi case
discografiche: “Consiglio sempre di organizzarsi in proprio. Le etichette vivono nel passato, sono
completamente scollegate dalla realtà”.
Non vede un futuro nella discografia e in un suo articolo pubblicato sull’Independent spiega di
non credere più nella necessita di avere un’etichetta e ritiene che i gruppi debbano avere i loro
copyright e farsi tutto da soli grazie alla tecnologia, alla comunicazione e ai veri amanti della
musica, il pubblico. Secondo McGee le major non hanno futuro: “Oggi tre milioni di dischi venduti
sono considerati un hit, in confronto ai 20 milioni che Alanis Morissette e gli Oasis vendevano dieci anni fa e si chiede perché mai una band popolare come i Radiohead o gli Oasis dovrebbe dare a un’etichetta il 50 % dei suoi incassi? O anche solo l’1 per cento?”.
Concerti, sponsor e siti come MySpace, ne è convinto, sono i nuovi canali attraverso cui i
gruppi emergenti possono ottenere popolarità, e a bassissimo costo. E così il discografico
inglese si chiama fuori da un business che, secondo lui, non ha più di due o tre anni di vita.
Alan McGee: passato, presente e futuro della musica indipendente inglese. Perché – ne siamo
certi – l’avventura non è certo finita qui.